Claudio Borghi Aquilini, il Giornale 3/1/2013, 3 gennaio 2013
Ecco come la nostra crisi arricchisce la Germania - Quello che per alcuni è una crisi per altri è un boom
Ecco come la nostra crisi arricchisce la Germania - Quello che per alcuni è una crisi per altri è un boom. Basta accostare i dati economici provenienti dalla Germania con quelli, per esempio, della Spagna per scoprire due paesi che potrebbero essere tranquillamente su altri pianeti. L’ufficio federale di statistica tedesco ha rilasciato oggi i dati sull’occupazione e si tratta di numeri in proporzione quasi cinesi: gli occupati sono 41,5 milioni, in aumento per il sesto anno consecutivo e con un incremento di oltre 400mila unità solo nell’ultimo anno. Dall’inizio della «serie » positiva i lavoratori sono cresciuti di 2,7 milioni e, simmetricamente, i disoccupati sono scesi al 5,3% della popolazione attiva. Anche senza considerare la Grecia, l’altra faccia della medaglia europea è rappresentata dalla Spagna, dove ormai 5 milioni di persone non riescono a trovare un lavoro con un pauroso tasso di disoccupazione del 25%, in continua crescita. In questa forbice che si sta aprendo sempre più è evidente a tutti che l’Italia sta percorrendo la strada spagnola. Ma qual è il «segreto» tedesco? La Germania ha inteso prima e meglio di tutti che il mercato unico Europeo, venduto all’europeriferia come un’opportunità per contrastare la Cina e le economie emergenti, sarebbe stato in realtà un ring, un’arena con una feroce competizione fra gli stati dell’eurozona senza difese, bilanciamenti e barriere. Le riforme del mercato del lavoro tedesche sono quindi state mirate alla compressione salariale in senso competitivo. In Germania non esiste salario minimo. Molti occupati tedeschi sono in realtà «minijob » a 400 euro al mese e anche i salari dei lavori normali sono stati contenuti con inflessibile rigore e anche con (orrore!) aumenti di spesa pubblica, totalmente fuori dalle regole di Maastricht, per finanziare sussidi di mobilità. Sotto ogni punto di vista i tedeschi hanno «barato», ma il risultato è sotto i nostri occhi: dato che in media l’area economica europea ha saldo commerciale in pareggio significa che se uno vince gli altri perdono. Dall’inizio dell’ area Euro il surplus della bilancia dei pagamenti tedesca è stato di circa 1500 miliardi, una cifra spaventosa, pagata dai deficit dei perdenti «partner » europei che adesso vengono sfidati a seguirne l’esempio. Nessuno degli europeisti senza se e senza ma in campagna elettorale sembra però intenzionato a dire ai propri sostenitori la «bazzecola» del feroce taglio salariale che dovrà essere forzatamente imposto in un vano tentativo di rincorsa competitiva alla lepre germanica. Se ne accorgeranno. E lo spread? Anche in questo caso si dimentica spesso che non è necessariamente un costo in più che dobbiamo pagare sul nostro debito ma che si tratta di una differenza fra i tassi decennali tedeschi e i nostri. Anche quando il nostro tasso rimane fermo ma cala quello tedesco si ha lo spread. Ebbene, ieri la Germania ha collocato sul mercato titoli di Stato a tasso zero. Anche in questo caso i capitali che fuggono dalla «periferia» per affluire verso Berlino provocano questa stortura. La sfortuna degli uni fa la fortuna degli altri che possono finanziare un debito maggiore di quello italiano a tasso zero o addirittura negativo. Un’aberrazione sotto ogni punto di vista che darà un vantaggio ai conti tedeschi per molti anni a venire. Il World Economy Institute di Kiel ha stimato che la Germania ha guadagnato dall’inizio della crisi 70 miliardi di minori interessi da qui al 2022. Insomma, l’Europa come una lotteria: tutti pagano il biglietto ma vince solo uno (e non siamo noi).