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 2013  gennaio 03 Giovedì calendario

“LA TV NON SI È ACCORTA DELLA TERZA REPUBBLICA”


Inviti alla consapevolezza: “Vergognati”. Insulti: “Sei un coglione”. Auguri stagionali: “Spero facciano a tua moglie quel che tu fai agli altri”. Valutazioni anatomiche: “Vedi Aldo Grasso, non hai mai avuto le palle e non le avrai mai”. Delle poesie africane cinguettate da Lucio Presta sulla spiaggia di Malindi, figlie del dissidio triangolare tra il critico del Corriere, l’agente di Cosenza e la moglie Paola Perego, a Carlo Freccero interessa il lato più nascosto. Non il valore del dimenticabile ‘Superbrain’, intemerata televisiva di San Silvestro della Perego (mal-trattata da Grasso che sospetta favori obbligati, ma premiata dagli ascolti), né l’abusato vaffanculo da tastiera. Ma la verità che la nuvola fumettistica cela agli occhi: “Il conflitto d’interessi. Da cui la tv generalista, sempre pronta a scagliare fulmini contro gli altri mondi corrotti pur essendone plastica rappresentazione, si pretende immune”.
Non lo è?
Il caso Presta-Grasso è un classico dialogo tra sordi. Tra due interlocutori che parlano lingue diverse. Presta si appella alle regole correnti. Urla che il programma ha ottenuto una buona audience e non ammette discussioni perché i numeri sono dalla sua parte.
Dall’altra parte sosta Grasso.
Che è un critico. La sua dimensione di giudizio non può riguardare l’audience. Non è chiamato a valutare la quantità, ma deve analizzare la qualità del prodotto. E in un’epoca in cui la quantità è stata l’unico obiettivo possibile, la presenza di un’alternativa, di una parvenza di lato critico, si è dimostrata quanto mai necessaria.
Rischia di essere un discorso elitario?
Se negli anni ’80 l’audience rappresentava un elemento di progressismo, la riscossa del pubblico contro il verticismo o l’accesso alle stanze dei bottoni del consumatore, il modello odierno mostra la corda. La tv sta perdendo centralità. Il suo pubblico è ancora maggioritario, ma non è più in grado di produrre né consumo né opinione. Il concetto di quantità è in crisi e nella generalizzata depressione attuale, la tv generalista che fu vetrina del consumismo sventola logiche vuote e irritanti.
Caverzan sul Giornale scrive: “Per una presentatrice avere un marito manager non può essere una colpa”.
È vero. Ma l’osservazione non risponde allo spirito dei tempi, forse eccessivamente giacobino, per cui tutti i rapporti di potere vengono passati al setaccio e segnalati come scandalo. Non si capisce come mai Report possa generare riprovazione con il caso di un primario che fa lavorare moglie e figli e nella querelle con Grasso-Presta, gli interventi di chi lavora in tv siano tutti a suo favore.
Conflitto d’interessi?
Certo. Il clima è aggressivo e paranoico, ma dal tema del pudore, la tv non si fa neanche sfiorare. Il prodotto del conflitto d’interesse è un paese allo sfa-celo, ma nei palazzi del potere tv si continua a far finta di nulla. Ammesso che stia sorgendo la Terza Repubblica, la tv genera-lista non l’ha ancora registrata.
Presta dice che il giornale è ottimo per “incartare il pesce”.
E allora perché si arrabbia tanto? Il sistema va verso l’integrazione dei linguaggi, ma esistono ancora delle gerarchie. Può essere che il quotidiano si occupi di puttanate come questa, ma è ancora il mezzo per scatenare dibattito su Twitter o in tv. Non il contrario.
Per quanto ancora?
Speriamo a lungo. Non si deve parlare di Presta incazzato o di Grasso e della sua rubrica, ma del loro reale potere. Più interessante di una piattaforma in cui, molto romano centricamente, l’informazione sceglie una zona franca e riscopre furori adolescenziali nell’insulto da saloon.
Poteri reali?
Diversi. Grasso lo detiene, ma ha avuto il merito e il coraggio di svelare quel che nell’ambiente televisivo si dice da anni.
Cosa si dice?
Che l’agente Beppe Caschetto si divide tra le consulenze a La7 e quelle a Mediaset orientando i palinsesti di entrambe e che l’omologo Presta lo imita tra Rai1 e Canale 5. Sono gli eredi laici di Bibi Ballandi e Lele Mora.
Duro.
Hanno il loro posto e un ‘clan’ da mantenere. Succede con Fazio, Lerner, Santoro, De Filippi. Curano decine di contratti. Hanno assoluta carta bianca sui palinsesti. Ti vendono diamanti e, nel sacco, mettono anche pietre meno preziose. Normalmente la mercanzia è distribuita e differenziata tra fasce pomeridiane, mattutine e notturne. Se ti chiami Presta sai che ciò che proponi andrà comunque in prima serata.
Un bel vantaggio.
Lei che dice?