4 gennaio 2013
KRYSTEN, UNA BISEX PER LA PRIMA VOLTA AL SENATO AMERICANO
Mormone di nascita, cresciuta in una famiglia lacerata, homeless per due anni ma con la grinta necessaria per diventare avvocato e quindi il primo senatore bisex a Capitol Hill: è Krysten Sinema la maggiore novità del 113° Congresso degli Stati Uniti che si è insediato ieri a Washington.
Sinema fa parte tanto delle 20 donne che siedono al Senato - un numero record composto da 16 democratiche e 4 repubblicane - che dei 6 membri del Congresso apertamente gay, ma è l’unica a definirsi bisex, un’identità della quale si dice orgogliosa anche se le è quasi costata l’elezione. Nell’Arizona ultraconservatrice aveva infatti per avversario Vernon Parker, l’ex sindaco di Paradise Valley sostenuto dal Tea Party, che l’ha attaccata con una raffica di spot tv nei quali veniva descritta come una «hippie anti-americana», colpevole di «praticare riti pagani» con riferimenti evidenti alla sua sessualità. Eletta nel Parlamento dell’Arizona dal 2005, Sinema, che ha 36 anni, si è difesa dagli assalti assumendo posizioni moderate su economia e sicurezza nazionale, ma senza mai negare di essere bisex e ce l’ha fatta: alla fine ha prevalso nelle urne, sebbene per appena 10 mila voti e tra le polemiche per la necessità di una riconta dei voti, visto che durante il primo spoglio ne erano stati dimenticati ben il 25 per cento.
Il braccio di ferro che le ha schiuso le porte di Capitol Hill è solo l’ultimo di una vita tutta in salita. Nata nel 1976 a Tucson, ha vissuto da piccola il divorzio dei genitori e quando il secondo marito della madre perse il lavoro per la recessione degli Anni 80, dovettero lasciare la casa pignorata, andando a vivere per due anni dentro una stazione di benzina abbandonata dove, come lei stessa racconta, «non c’erano acqua corrente, né servizi igienici né elettricità».
I suoi erano mormoni, ma lei non ha mai praticato alcuna fede, crescendo nella duplice convinzione che «contano la capacità di lavorare duro e l’etica dell’impegno individuale, senza lasciare che altri facciano le cose importanti per noi». È riuscita a terminare il college, lavorare per un breve periodo come assistente sociale, laurearsi in Legge ed entrare in politica, eletta nel Parlamento dell’Arizona - prima deputato e poi senatore - nelle file del partito democratico.
In comune con il presidente Barack Obama ha la convinzione che l’etica individuale nulla toglie all’importanza dell’aiuto da parte della collettività: «Durante tutta la mia vita ho beneficiato dei sostegni ricevuti dalla famiglia, dalla Chiesa e dal governo». È questa identità a metà fra l’individualismo del West e l’importanza del ruolo del governo nella vita dei cittadini che ne ha fatto, nel Parlamento dell’Arizona, «una liberal capace di intendersi con i conservatori», dice David Lujan, senatore dello Stato dell’Arizona. Gli avversari repubblicani pensano invece il contrario, e la accusano di essere una «trasformista pronta a essere tutto e il contrario di tutto pur di perseguire i propri interessi».
Determinata sostenitrice del matrimonio gay, della pianificazione famigliare e della riforma dell’immigrazione, Sinema incarna in realtà molti dei valori che prevalgono nell’America che ha rieletto Obama: dalla convinzione che i diritti dei gay siano la nuova frontiera delle battaglia per i diritti civili all’impegno per la legalizzazione dei clandestini. Ecco perché non è un caso che nella nuova Camera dei Rappresentanti i deputati democratici i bianchi siano per la prima volta in minoranza rispetto a ispanici e afroamericani.