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 2013  gennaio 04 Venerdì calendario

LA CRISI CANCELLA I SOGNI, CROLLANO I GIOCHI

Gli italiani tirano la cinghia più che possono. Assieme alle altre parsimonie, ora giocano di meno. Potrebbe essere che molti giocatori incalliti, soprattutto quelli di recente generazione, si saranno impensieriti alla notizia che la ludopatia sia entrata a far parte delle prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale. Già siamo un popolo d’ipocondriaci, meglio rinunciare a una nuova malattia, soprattutto se così cara da mantenersi. Forse in parte sarà stata provvidenziale la campagna stampa che ha, negli ultimi tempi, puntato il dito in maniera decisa contro la nuova passione compulsiva per l’azzardo, improvvisamente esplosa, in un crescendo trasversale e transgenerazionale.
Per tutti ci sono meno soldi, anche i passatempo che promettevano brividi e attese spasmodiche di vincite da favola, hanno cominciato a rivelare il loro aspetto illusorio, quindi declassati a spese futili nei tagli ai sempre più risicati budget familiari.
Il pessimismo collettivo verso una possibile svolta futura è talmente diffuso a tutte le età che nemmeno riesce più a convincere quella che, all’inizio, sembrava la grande idea al tempo della crisi: il «Win for life», il gioco che prometteva in sintesi uno stipendio a vita. Le troppe indigeste notizie sui vitalizi illustri degli uomini della casta hanno fatto perdere la speranza che nei forzieri dello Stato possa essercene abbastanza, anche per far vincere qualcosa di simile ai poveri diavoli qualsiasi.
Il crollo della grande speranza di una «svolta» radicale della vita era iniziata già quando, in sempre più case italiane, si era andata perdendo la tradizione della lotteria di Capodanno. Per pochissimi continuava a valere ancora la pena di aspettare l’ estrazione televisiva della grande estrazione nazionalpopolare, con il biglietto in mano e tutta la famiglia stretta attorno alla possibile favola di una vincita dai molteplici zeri.
Anche alcune liturgie antichissime legate a modeste, ma persistenti, abitudini da piccoli giocatori da ricevitoria sono andate scemando. Tutto iniziò nel giugno 2009, quando Il bambino bendato che estraeva i numeri del Lotto fu, per decreto, mandato definitivamente in pensione. L’abolizione dell’innocente manina, sostituita da macchinari elettronici, ci fece capire, già da allora, che si sarebbe entrati una fase «cyberludica» che avrebbe macinato ogni passione in un turbine di scelte rutilanti, ma caduche, destinate a corrodere alla base la nostra nazionale predisposizione per il gioco, fatta soprattutto di riti legati a dimensioni umane.
A questa specie di laicizzazione ludica ha contribuito anche il cambio «fisico» degli ambienti di gioco. Dopo aver rimodernato, ristrutturato, riarredato, tutti i bar di quartiere si sono inghiottiti i classici angolini del giocatore del Lotto, delle schedine del Totocalcio e di quei romantici residui di un piccolo mondo in via d’estinzione.
Tutto il passato è stato sovrascritto dalle luci aggressive e le iconografie rutilanti dei divorasoldi elettronici, oggi piazzati ovunque ci sia transumanza umana. Doppia crisi anche per professioni sempre più a rischio, Fabio Felici, direttore dell’Agimeg, è il decano dell’ informazione sull’ universo del gioco e già lancia un nuovo allarme, dicendo che presto si comincerà a sentire il peso sociale di quei 120.000 lavoratori impegnati a vario titolo nel variegato universo del gioco, ancor più sarà potente la crisi per i 70.000 «negozi» in cui veniva soddisfatta la brama di piccoli e grandi giocatori.
Nemmeno le sale Bingo hanno avuto una vita lunga; passata la prima euforia per quei casinò da pensionati, le nostre nonne con il carrellino pieno di cavolfiore e zucchine si sono sentite fuori posto a passare le mezze mattine in quei saloni ammiccanti cornucopie, ma alla fine troppo simili alle mense aziendali, e non sono stati sufficienti ad allettarle a togliere tempo ai balli di sala del centro anziani. Soprattutto dopo che, per necessità di tagli, è stato abolito il cappuccino e cornetto, che veniva loro offerto gratis ai tavoli da gioco, è tramontata l’ euforia iniziale per quella specie di tombola esotica.
Tutti abbiamo il sentore che «I giochi sono finiti!». E questa è un’idea che sta passando sempre più decisa e inconfutabile, anche per chi, in vita sua, non abbia grattato nemmeno una volta sopra una schedina.