Raimondo Bultrini, la Repubblica 3/1/2013, 3 gennaio 2013
La sequenza dell’orrore - lo stupro e il martirio della giovane studentessa da parte di sei uomini in dicembre a New Delhi - sarà ricostruita da oggi nel processo per direttissima celebrato nella capitale
La sequenza dell’orrore - lo stupro e il martirio della giovane studentessa da parte di sei uomini in dicembre a New Delhi - sarà ricostruita da oggi nel processo per direttissima celebrato nella capitale. La violenza avvenuta in pieno centro cittadino, a bordo di uno scuolabus in finto servizio regolare e con le tendine abbassate: un reato per le regole di sicurezza antiterrorismo dell’India. La tensione alla vigilia è altissima, specialmente dopo la morte della vittima, la "ragazza coraggio" di 23 anni che ha scatenato un’ondata emotiva in tutto il Paese, soprattutto a New Delhi, statisticamente la "capitale degli stupri" con 661 casi nel 2012. È di poche ore la notizia dell’ennesima violenza, stavolta contro una studentessa di 17 anni la notte di Capodanno, sopravvissuta per denunciare i due aggressori, entrambi ventenni, benestanti, impiegati in società informatiche. Ma per i cinque imputati adulti e un minorenne coinvolti nell’orrore di dicembre, residenti in uno dei ghetti della metropoli, l’accusa è ora di omicidio, oltre al sequestro di persona e la violenza sessuale. È significativo il rifiuto opposto da tutti gli avvocati della capitale a prendere le loro difese nel dibattimento. La testimonianza chiave che potrebbe farli condannare a morte è proprio quella della vittima, la studentessa di fisioterapia ancora senza nome (forse la famiglia lo rivelerà se passerà una proposta di legge anti- violenza dedicata proprio a lei). Il suo racconto - fatto ripetere due volte nonostante le sue condizioni gravissime - è confermato dal fidanzato, che ha vissuto con lei l’incubo. Appena saliti a bordo del bus - spiega il rapporto della polizia - l’imputato più giovane, appena 15 anni, ha provocato lo studente chiedendogli perché portasse in giro una ragazza a quell’ora di sera (erano le 9). Alle reazioni del fidanzato, i finti passeggeri, in realtà addetti alle pulizie della compagnia di trasporti privati, prendono a colpirlo con sbarre di ferro. Mentre tentano di tirarlo fuori dal riparo che ha cercato dietro ai sedili, la ragazza interviene, picchiando gli aggressori (le ferite provocate dalle sue unghie sono una delle prove decisive contro i sei uomini, oltre alle tracce di Dna). Da questo momento l’autobus inizia la corsa di tre ore nella notte con i sei ubriachi che infieriscono sulla studentessa, dopo averla picchiata con le sbarre e immobilizzata. Alla fine, l’autista cerca di investire la coppia, scaraventata fuori del veicolo. Solo la prontezza di riflessi del ragazzo li salva, anche se la fidanzata morirà in un ospedale di Singapore dopo giorni di agonia (le è stato asportato gran parte dello stomaco), scatenando proteste senza precedenti in nome della sicurezza e del rispetto verso le donne nel Paese. Il primo giudice dell’India, Altamas Kabir, ha inaugurato ieri la sessione della Corte che esaminerà il caso ricordando che non si tratta di un fatto isolato: «Nello stesso giorno una bambina Dalit (fuoricasta, ndr) di 10 anni è stata uccisa e data alle fiamme», ha detto. «Certi crimini», ha concluso, «non sono contro il corpo della donna, ma contro la sua anima».