VARIE 3/1/2013, 3 gennaio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - SARA’ LA TV A FAR VINCERE LE ELEZIONI?
REPUBBLICA.IT
ROMA - E’ bufera sulla presenza del premier Mario Monti in Rai. Secondo il presidente della commissione di vigilanza Rai Sergio Zavoli (Pd), i direttori di rete e di testata della Rai sono troppo autonomi dalle regole della par condicio. Zavoli ha replicato così alle proteste di Paolo Bonaiuti del Pdl, storico portavoce di Silvio Berlusconi, per la nuova incursione di Monti a Unomattina. Dobbiamo chiarire con l’azienda - ha affermato Zavoli - se i direttori di reti o di testate decidano da soli chi invitare". Sulle norme della par condicio - ha aggiunto, senza citare esplicitamente il premier: "lo sgarro c’è, è palese ed è grave".
Ieri a Radio Anch’io su Radio Uno, oggi a Uno Mattina su Rai Uno, domani a Otto e mezzo su La7. In questi giorni Monti ha invaso i mezzi di comunicazione. E se il leader di Sel, Nichi Vendola, per il secondo giorno consecutivo accusa il premier dimissionario di occupazione dei media ("e’ un virtuoso discepolo berlusconiano", ha detto oggi), è proprio il Pdl a far notare l’eccessivo presenzialismo televisivo del Professore. Che sembra volersi accaparrare quante più apparizioni televisive possibili prima che entri in vigore il regime della par condicio.
Il primo a partire all’attacco è stato Paolo Bonaiuti, membro della
Commissione di vigilanza Rai. L’ex portavoce di Berlusconi rimarca che "Monti è apparso stamani ad ’Uno mattina’ per la seconda volta in tre settimane dall’undici dicembre scorso. Quando Berlusconi osò presentarsi allo stesso programma per la prima volta il 27 dicembre, il direttore generale della Rai chiamò in causa dirigenti e direttori che avevano osato aprire le porte all’intruso e, tutto trafelato, promise rigore e severità alla commissione di vigilanza. Evidentemente il direttore Gubitosi non è ancora tornato dalle sue vacanze e nessuno lo ha avvertito, altrimenti si sarebbe fatto sentire lui".
Poi è Silvio Berlusconi in persona ad affondare i colpi. Il Cavaliere, parlando a Radio Radio, dice che "Monti ha parlato quattro volte al giorno per tredici mesi mettendosi in mostra. Io ero in silenzio. Adesso fa le stesse cose che faccio io, ma se lo fa lui non è scandalo. Se lo faccio io sì...".
Altre critiche all’uso dei mass media a fini propagandistici piovono anche dal Pd: "Il presidente Monti ha dismesso la sua proverbiale sobrietà nel rapporto con i mezzi di comunicazione - ammette Marina Sereni, vicepresidente dell’Assemblea Pd - e sta utilizzando ogni spazio radio-televisivo per spiegare agli italiani la sua scelta di entrare in politica".
Pier Luigi Bersani non si scompone davanti al presenzialismo televisivo di Monti: "Non sto lì a bilanciare i minuti...", assicura il segretario Pd, che aggiunge: "Io dico una cosa e ci credo: se volete togliermi dei minuti, dateli alla Siria. Ci sono 60mila morti e non se ne sta occupando nessuno". "Cerchiamo di guardare un pò fuori, di allargare lo sguardo", chiede Bersani, "l’Italia è un grande Paese, non può finire a colpi di minutaggio tv. Comunque non mi impressiona un minuto in più o in meno".
’Testacoda’ Pdl in Commissione vigilanza Rai. Dal 21 gennaio in poi non sarebbero più previsti spazi ad hoc per il presidente del Consiglio. Ma secondo Davide Caparini, responsabile della comunicazione della Lega Nord, e il senatore Alessio Butti, capogruppo di Fratelli d’Italia - Centrodestra nazionale, il Pdl avrebbe compiuto uno strano testacoda in Commissione vigilanza Rai, finendo con l’avvantaggiare proprio il Professore. "Pur registrando una momentanea maggioranza in commissione vigilanza - spiega Caparini - il Pdl fa un inaspettato regalo a Monti non sopprimendo la norma ad personam che gli consentirà, pur essendo candidato, di apparire con la sua squadra di governo dimissionaria. Peraltro il tutto in spregio della legge sulla par condicio". Gli fa eco Butti: "Uno strano testacoda del Pdl in Commissione di vigilanza Rai consentirà a Monti di utilizzare a proprio vantaggio quanto previsto dal ’regolamento Zavoli’ per i titolari di cariche istituzionali durante tutta la campagna elettorale. Penso che il premier sia felice, penso che il Pdl abbia fatto una sciocchezza. Monti sta già straripando in Rai... Figuriamoci se non gli verranno messi i freni opportuni".
REPUBBLICA.IT
ROMA - "Tagliare le ali è una brutta espressione, ma tagliare gli estremismi è una buona cosa". Lo dice Mario Monti ospite di Uno Mattina a proposito di possibili alleanze con il Partito democratico. L’apertura a Bersani sarebbe dunque possibile, a patto però che il segretario abbia il coraggio di "silenziare" le "frange estreme" - da Stefano Fassina a Nichi Vendola, a Cgil e Fiom - ferme su posizioni conservatrici e che impediscono di spingere a fondo con le riforme. Pronta la risposta del segretario: "Chiedo il rispetto per tutto il Pd - dice Bersani - Noi siamo un partito liberale che non chiude la bocca a nessuno e troverà sempre la sintesi".
Il premier loda invece la "considerevole parte riformista del Pd", rappresentata ad esempio da esponenti come Pietro Ichino, "che addirittura ha lasciato il Pd per venire nel nostro movimento, ma anche Morando, Tonini, Vassallo che hanno scritto una lettera a un quotidiano rivendicando che il Pd stia con Monti". "Spero che Bersani convinca, ma non vinca", dice infine. Il "messaggio" al Pd, per quanto non nuovo, è forse la parte più rilveante del discorso del premier nell’intervista a "Unomattina". Poi c’è stata la replica al Pdl.
La statura accademica di Brunetta. Monti critica il Pdl dove, a suo avviso, ci sono delle "lobby che hanno impedito di andare avanti con la liberalizzazione di alcune professioni". In testa a tutti, il premier
mette Renato Brunetta. Il Professore sottolinea che "ci sono molte posizioni nel Pdl che hanno impedito riforme per iniettare più concorrenza nei mercati delle libere professioni. Per esempio, dal punto di vista economico generale, penso all’onorevole Brunetta che "sta portando, con l’autorevolezza di un professore di una certa statura accademica - sottolinea il premier con impercettibile ironia - il Pdl su posizioni piuttosto estreme e, se posso permettermi di dire, settarie". "Nel Pdl - aggiunge Monti - c’è molta vicinanza agli ordini professionali, ad esempio di farmarcie e altre professioni, e questo ha impedito di andare un po’ più avanti nelle liberalizzazioni".
Il nome della lista. "Il mio nome non sarà quello di una persona che prende l’iniziativa per diventare presidente del Consiglio - continua Mario Monti - . Non ci sarà una lista ’Monti presidente’, ma rappresenterà un movimento di cittadini, di organizzazioni della società civile e del volontariato per coinvolgere me, e ci sono riusciti, e per fare insieme qualcosa per Italia". Il Professore spiega che "sarà, quindi qualcosa tipo ’con Monti per l’Italia’".
Un caso di coscienza. "Non avevo nessuna intenzione di continuare un’esperienza politica dopo quella atipica di questo governo - spiega poi Monti sollecitato a rispondere alla accusa di Berlusconi che ieri gli aveva contestato la promessa mancata di non candidarsi - e sarebbe stata nella mia natura stare nella mia posizione di senatore a vita ed eventualmente essere disponibile a certi incarichi se si fossero profilati, ma mi sono posto un caso di coscienza, perché sollecitato da tanta gente che ci ha detto ’andate avanti’". "Mi sono chiesto - ha aggiunto - se nel mio piccolo posso contribuire a trasformare l’Italia in un paese moderno per cercare di portare nella politica quelle energie che ci sono ma che hanno guardato la politica con distanza. Allora ho cercato di scendere dalla mie altezze e salire in politica per fare questo".
Berlusconi? Giudizi volatili. Un’altra replica con ironia a Berlusconi che lo ha definito "poco credibile": "Un giudizio autorevole", dice Monti, anche se viene da una "persona che ha mostrato una certa volatilità di giudizio sulle vicende umane e politiche negli ultimi tempi".
Fassina? Si aggiorni. "E’ simpatica la definizione di ’lista rotary’ che ha offerto l’onorevole Fassina - si difende poi Monti - . Ha immaginazione, io non la conosco ancora la lista Monti". E sottolinea di essere ricordato in Europa per le sue battaglie contro le grandi lobby e i poteri forti, come quando da commissario alla Concorrenza multò la Microsoft con una sanzione record.
Non sono un tassatore cattivo. "Vorrei che ci fosse qualcosa di simile a un governo ’Monti due’ - spiega poi il presidente del Consiglio - per far vedere che nel mio volto non c’è la cattiveria del tassatore, ma che ho fatto delle cose per il bene degli italiani". Sulle questioni fiscali aggiunge che "i redditi sono già abbastanza tassati" e che, pur non guardando alla patrimoniale come fosse il diavolo, non è quello il discorso che intende affrontare.
"Tutta la nostra agenda - dice - mira a smitizzare luoghi comuni, non si possono fare slogan. Già oggi esistono elementi di tassazione patrimoniale come l’Imu, introdotta dal governo Berlusconi (con il d. lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 che ne stabiliva la vigenza a partire dal 2014, limitatamente alle seconde case, ndr), che abbiamo avuto noi l’onore di battezzare. Ho la forte convinzione - dice - che sui redditi il sistema fiscale debba avere la sua azione di redistribuzione, e quindi ha ragione Obama. E’ molto meglio - spiega - che una certa attività redistribuitiva, che ogni Stato si propone di fare, avvenga con lo strumento proprio del fisco, che non interferendo con il funzionamento del mercato".
Le reazioni. "Chi ha deciso di candidarsi alle elezioni dovrebbe discutere dei suoi programmi", commenta il leader della Cgil, Susanna Camusso. "Trovo che Monti abbia poche proposte e molte critiche". Il Pd reagisce con ironia alle parole di Mario Monti che chiede a Bersani di ’silenziare’ Stefano Fassina (foto). Sul sito dei democratici, i fermi immagine presi da varie trasmissioni alle quali ha partecipato Monti. E cinque righe di corsivo sull’invito a "silenziare" rivolto a un partito che si chiama "democratico". E Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato, si dice "sorpresa dalle sue parole, sa bene che il Pd è riformista".
Nichi Vendola parla di "respingere l’arroganza" del premier: "Monti è sceso pesantemente in campo - dice il leader di Sel - con la presunzione di chi vuole partecipare ma vuole anche sentirsi arbitro della partita e decidere chi ha vinto questa partita: l’ha vinta lui. C’è un elemento di arroganza che va respinto". E ancora: "Monti si sente di un’etnia speciale, per lui la democrazia è un fardello. Sta facendo la danza della morte attorno a Bersani. Ma sarà un piacere batterlo alle elezioni".
Anche il Pdl critica la scelta del verbo "silenziare" riferita anche a Brunetta e l’"alterigia" del Professore. Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, accusa Monti di sembrare "non più un tecnico un demagogo alla caccia dei voti". Mentre per Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, "la presunzione di Monti sta diventando intollerabile". Brunetta definisce il premier su Fabebook "un tecnocrate autoritario e pasticcione" e polemizza contro il termine "silenziare" rivolto da Monti a lui e Fassina: "Tutto mi divide sul piano dei contenuti da stefano Fassina- aggiunge-, ma farò ogni sforzo perchè nessuno possa ridurre lui o altri al silenzio. Abbiamo toccato il fondo, prof. Monti. Intimare il silenzio a qualcuno mentre si ricopre il ruolo del capo del governo non ha cittadinanza in democrazia, ma ci riporta a tempi bui e dolorosi".
Anche Massimo Donadi, cofondatore di Centro democratico, giudica infelice la scelta del verbo "silenziare": "Silenziare qualcuno è un linguaggio inaccettabile soprattutto per un leader politico. Monti dimostra di essersi lasciato prendere la mano da un estremismo tecnocratico che pretende di essere verità assoluta".
Per il leader dell’Idv Antonio Di Pietro "Monti inventa storielle come Berlusconi", mentre per Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra, il premier "sta tradendo un mandato. Non ci sono precedenti del genere come senatori a vita".
(03 gennaio 2013)
ALDO GRASSO
La notizia è questa. Da quando esiste l’Auditel, il sistema di rilevamento degli ascolti del pubblico televisivo, il 2012 è stato l’anno con i più alti valori complessivi di ascolto di sempre. La media della platea televisiva nelle 24 ore è stata di 10.369.000 ascoltatori, mentre nella fascia di prima serata, dalle 20.30 alle 22.30, si è superata per la prima volta la soglia dei 26 milioni di ascolto medio, per la precisione 26.008.000. A Raiuno i grandi numeri, a Canale 5 il primato nel target commerciale (15-64 anni).
Più volte, nel corso della stagione, abbiamo avuto modo di segnalare questo fenomeno di crescita dell’ascolto televisivo. Un iperconsumo che riguarda trasversalmente tutte le fasce demografiche, che pure mantengono le consuete differenze fra spettatori giovani (tre ore e 13 minuti medi di tv fra i 15 e i 24 anni) e spettatori anziani (oltre sette ore per gli spettatori con più di 65 anni). A guadagnarci è soprattutto la tv generalista, che torna a intercettare circa il 75% del consumo «prime time», col 25% che finisce invece alle «altre tv» (canali nativi digitali, locali, satellite, pay). Persino durante l’estate c’è stata una crescita del consumo medio: 3 minuti in più rispetto all’anno passato, concentrati soprattutto nel daytime.
In verità, già negli anni scorsi si era registrato un sensibile incremento, in grado di capovolgere un luogo comune: invece di parlare di crisi della tv generalista sarebbe più opportuno parlare di «tv della crisi». Mentre infatti i dati sui consumi culturali mostrano un decremento del cinema (i dati delle feste di Natale sono stati poco confortanti) e delle vendite in libreria, rinasce una voglia di tv. Il piccolo schermo funziona tipicamente in modo anti-ciclico, il suo consumo cresce nei momenti più difficili, quando non si hanno troppi soldi da spendere in altri intrattenimenti. Sarà la crisi, che tocca i consumi fuori casa ben più di quelli in casa, sarà la presenza di un’offerta digitale (terrestre e satellitare) sempre più abbondante, ma già negli anni successivi al 2008 si sale nella media degli ascolti.
Come si spiegano questi dati? Le risposte sono molte, e complesse. Ma giocano un ruolo importante anche due fenomeni tutti interni al sistema televisivo, per lungo tempo visti (anche dalle parti in causa, broadcaster in primis) come contrastanti, ma che oggi appaiono più che altro complementari.
Da un lato, la resistenza della tv generalista, che conserva tutt’ora uno spazio privilegiato nei consumi degli italiani (e non solo). Primo, nella giornata la tv generalista rimane un appuntamento forte, a cui affezionarsi e restare fedeli giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno: dai telegiornali della sera ai quiz del preserale, dai contenitori mattutini ad «Affari tuoi» e «Striscia la notizia».
Secondo, in prima serata le reti ammiraglie mantengono l’attenzione del pubblico trasformando sempre più la loro funzione nel creare eventi: ai primi posti della classifica dei programmi più visti troviamo, infatti, il calcio (era l’anno degli Europei e delle Olimpiadi), il Festival di Sanremo, la performance di Roberto Benigni sulla Costituzione italiana, la finale di coppa Italia fra Napoli e Juve, l’incontro di Champions League Milan-Barcellona e «Rock Economy», il concerto evento di Adriano Celentano.
Terzo, la tv «per tutti» rimane un formidabile catalizzatore di attenzione e di discorsi, portando a una continua chiacchiera su ciò che succede nel piccolo schermo (dal privato della macchinetta del caffè al pubblico dei social network) e alla definizione di «momenti di grande tv» da vedere e rivedere.
Dall’altro, l’emergere di un’offerta sempre più ampia e abbondante, sia gratuita (con la grande qualità di molte offerte sul digitale terrestre) sia a pagamento (con Sky e Mediaset Premium), porta a conteggiare nel bacino del pubblico televisivo molta più gente, che ha trovato una valida alternativa alla tv spenta in canali tematici o mini-generalisti come Rai4, Real Time, Giallo o Iris, così come nelle offerte di cinema, di serie tv e di calcio degli operatori a pagamento. Una tv sempre più frammentata, multicanale e multipiattaforma, che si specializza, che si costruisce su pubblici specifici, che presenta un’offerta chiara e ben definita, che promette (e mantiene) molto con un marchio forte e un palinsesto ricco, erode sì il pubblico delle generaliste ma espande anche la platea tv nel suo complesso. Quando la tv diventa «home theatre» fornendo ogni ora decine di film e di partite da vedere, c’è ancora bisogno di uscire di casa? Risultato: maggiore frammentazione, ma il totale aumenta.
La televisione non è fatta di sole tecnologie né di soli contenuti. Ma anche, o soprattutto, di ritualità condivise. Per questo, tendiamo a non rinunciare a ritrovarci — assieme a buona parte di quella «comunità immaginata» che si chiama Nazione — davanti al tg delle venti, al brindisi di Capodanno, a una partita di calcio, agli appuntamenti consolidati con i reality e i talk show.
Specie quando il portafoglio piange. Anche se esiste il canone Rai o gli abbonamenti alla pay tv, l’offerta televisiva viene ancora percepita come gratuita.
FILIPPO CECCARELLI
IL PROFESSORE poteva infatti evitare di farsi riprendere come un novello Dj nello studio di “Radio anch’io”, mentre come tutti gli artisti pop, per sopravvivere a se stesso il Cavaliere è costretto a somministrare al suo pubblico sempre qualche inattesa novità anche in termini di abbigliamento e accessori; e per la delizia delle gallerie fotografiche in questi anni si sono visti giubbotti paramilitari e tute di pregiato cachemire, colbacchi di pelo e copricapi tipo Panama, foulard e bretelle.
Monti per ora resta in giacca e cravatta, quando durante una riunione internazionale i potenti del mondo in vena d’informalità l’hanno in pratica obbligato a togliersele rimanendo in camicia o indossando un golfino, per giunta azzurro, faceva l’effetto di un gracile uccellino. Che vorrebbe essere un modo, anche poetico, per dire che senza giacca e cravatta perdeva autorità, la sua vera risorsa.
Eppure da un po’ ha preso anche lui non solo a battere gli studi televisivi, ma siccome deve aver capito che la tv è un mezzo eminentemente drammaturgico e comunque spettacolare, per cui non basta parlare da un piedistallo come un libro stampato, e insomma l’altro giorno a “Uno-Mattino” si è visto il tecnocrate e nemico del buonismo indossare con slancio una certa sciarpa magico-solidaristica di Telethon, la quale ha il potere di assegnare a chi la indossa, specie se dinanzi alle telecamere, una cospicua e sicura riserva di bontà.
Ora, è giusto anche ricordare che in quella tele-cerimonia il presidente del governo dei Sapienti ha fatto anche un po’ il piacione con la graziosa Elisa Isoardi che gli recava il celeste e benefico indumento. Nulla di paragonabile agli innumerevoli siparietti con cui nel corso di un ventennio Berlusconi ha sfoggiato la sua irrefrenabile galanteria nei confronti di telegiornaliste, annunciatrici, dottoresse, campionesse, missitalie e tutte le altre rimarchevoli presenze femminili che i vari tenutari dei salotti allestivano per umanizzare la gloria televisiva di Sua Maestà in Italia e all’estero, giacché il Cavaliere risulta aver chiesto in diretta il numero di telefono pure a una annunciatrice inaugurando la neonata tv tunisina del suo amico Taraq Ben Ammar.
Ma insomma: anche Monti sembra aver gradito, televisivamente parlando gli brillavano
gli occhietti dietro le accademiche lenti, oggi sarà di nuovo a “UnoMattina”; e perché non si pensi che sono malignità o pettegolezzi o comunque un approccio frivolo rispetto ai “veri-problemidel-
paese”, come li chiamano i conduttori, a loro volta provetti somministratori di telegnocche, e insomma: per prevenire seriose obiezioni ci si potrà sempre schermare dietro la più vasta bibliografia a
proposito dell’attuale primato delle emozioni sui ragionamenti e della seduzione sulla persuasione in campagna elettorale.
Il raid televisivo di Monti, o se si vuole l’inseguimento, è dunque nella forza delle necessità. Queste forse imporranno al personaggio di farsi “un po’ più pop” attenuando la tendenza di porgersi ai teleutenti ex cathedra. Per undici mesi il premier si è proposto come scienziato, educatore e terrorizzatore della crisi, quindi unico teorico dello stato di eccezione necessario, anzi indispensabile per venirne fuori: «Quando parla – ha sostenuto Carlo Freccero – avverto lo Spirito Santo che gli trasmette la Bce». Meglio se in scena da solo sotto un fascio di
luce, fino a ieri il Monti presidente necessitava di fondali oscuri e inquadrature appena ravvicinate; incarnando il principio di ragionevolezza dei numeri e perciò dell’economia non ammetteva né interruzioni, né dubbi, né vocìo
circostante. Rari sorrisi e quel tanto di ironia o di understatement che «una volta conquistata l’attenzione degli studenti – è sempre Freccero – gli accademici si concedono con
narcisistiche parentesi per alleggerire il loro discorso».
Ma adesso il Monti candidato deve cambiare registro, e non solo perché come al solito senza chiedere permesso Berlusconi ha cominciato a fare il diavolo a quattro in tutte le emittenti dell’Italia profonda puntando i cannoni su di lui, “il leaderino”, «si capisce che deve salire dato che stava più in basso», la «congiura internazionale» e via attaccando. Ancora non è dato sapere se il professore avrà consulenti, guru, spin o altre diavolerie comunicative. Il fatto che per il logo tricolore e il nome della sua lista abbia scelto l’agenzia preferita di Nichi Vendola, la Proforma di Bari, e cioè la più originale, innovativa e scanzonata che ci sia non sembra in questo senso un elemento scontato e perciò trascurabile.
Vero è che la comunicazione, specie televisiva, ha regole proprie che con la democrazia c’entrano fino a un certo punto - e con lo spettacolo invece moltissimo. Di norma la qualità si prende beffe sulla quantità. Il fatto che Bersani, a
parte un tragico video di auguri natalizi, sia fuori dalla giostra dice molto, ma può dire anche bene e magari dirgli anche meglio.