Federico Capitoni, la Repubblica 3/1/2013, 3 gennaio 2013
MUSICA, LA “REGINA” SOFIJA “COSÌ BEFFAVO I SOVIETICI”
LUCERNA
Sofija Gubajdulina, nata nell’ex Unione Sovietica, a Chistopol’, 81 anni fa, è oggi considerata la maggiore compositrice vivente. La musicista russa, che ora vive in Germania, ha un catalogo sterminato che comprende composizioni sinfoniche e da camera. Solo il teatro musicale manca nella sua produzione, e non a caso: «Ho sempre evitato l’opera volontariamente, non la trovo a me congeniale», afferma sorridendo. La compositrice si fa vedere poco ma sarà in Italia il 6 aprile, quando il festival Contemporanea a Roma le dedicherà una serata intera (verrà eseguito, tra le altre cose, il Cantico del Sole ripubblicato da Ecm). Il suo percorso è stato segnato dalla musica da subito, prima ancora di conoscere la musica, già pensava di scriverla: «Ho pensato di diventare compositore — dice — ben prima di iniziare a studiare il pianoforte. L’incontro col pianoforte a coda fu un’esperienza incredibile: quando mia sorella bambina suonava io toccavo le corde per improvvisare e creare un suono diverso. Avevo cinque anni e capii subito che le possibilità dei bambini per il pianoforte erano davvero poche».
Il talento innato di Sofija Gubajdulina risalta ancor di più se si considera la sua provenienza: «Non sono cresciuta in una famiglia di musicisti, non avevamo dischi a casa, la musica non si ascoltava. Realizzai che c’erano compositori che creavano musica, ma non sapevo chi fossero e dove fossero. Poi scoprii i nomi dei compositori ma ormai avevo l’idea di dire la mia». Pur vivendo in un periodo in cui il regime comunista condizionava tutte le scelte, l’artista ricorda di non aver «mai avuto nessun problema a resistere alle pressioni politiche, non cedo neanche ora. Ho avuto un grande esempio da mio padre che era un buon ingegnere, ma povero: gli chiesero di entrare nel partito comunista fino alla fine dei suoi giorni,
ma ha sempre rifiutato preferendo l’onore ai benefici economici ». Certo, Stalin muore quando Sofija è ancora giovane e per lei la censura è molto meno pericolosa, ma esisteva una lista nera di compositori “scomodi”: «La generazione precedente, se scriveva cose che non piacevano al regime, poteva finire in prigione; è stata una generazione molto infelice quella di Shostakovich. Io, insieme ad altri sei, ero nella black list, ma la cosa non mi preoccupava, componevo liberamente, senza commissioni. Non si era eseguiti, ma non era pericoloso; per esprimersi bastava ricorrere al cinema, come ho fatto io. Oppure si poteva andare in America. La censura era su di noi, non sui pezzi: i servizi segreti non sapevano leggere le partiture, quindi non potevano valutare come facevano coi libri. La mia visione della società ideale è una monarchia in cui i musicisti vengono supportati e l’educazione è libera e gratuita». Dalla politica è sempre stata alla larga: «Quando ho letto davvero Lenin ho capito che erano solo bugie. C’erano tante contraddizioni in “Stato e rivoluzione” e del resto bastava guardare cosa accadeva fuori per capire che ciò che veniva teorizzato nei libri era un’utopia irrealizzabile».
Allo stesso modo guarda con senso critico all’avanguardia musicale. Sebbene anche lei provenga dalla generazione del rifiuto della tradizione tonale, sa quanto il progresso sia “costato”: «Nella musica tonale c’è un principio cosmico, quello della gravità. Fu negato nella nuova musica dodecafonica; era però un’idea politica. Oggi si comincia a capire che in nome del “progresso” si è smarrito di vista il senso della musica. Il progresso non va dritto, ma cambia direzioni e per ogni pezzo di progresso che fai devi pagare, perdendo qualcosa». Con tenacia e indipendenza la compositrice ha quindi realizzato una poetica personalissima che si caratterizza per due aspetti principali: lo sguardo alla natura e la dimensione religiosa. «L’esperienza religiosa aiuta le persone a vivere in un’altra dimensione, più alta, rispetto a questa. La società contemporanea sta cercando di vivere senza spiritualità, ma così rinuncia a una dimensione. E l’arte soprattutto soffre di questo. La musica serve per esprimere materialisticamente spiritualità della natura».