Andrea Colombo, Libero 2/1/2013, 2 gennaio 2013
LA CINA IMPONE LA PACE TRA LE DUE COREE
[Il giovane dittatore Kim Jong-un apre a Seul: «Basta scontri». E su ordine di Pechino lancia (finalmente) la lotta alla fame] –
Per la prima volta da quando la Corea del Nord è diventata una dinastia comunista chiusa al mondo esterno, Pyongyang ha celebrato un capodanno in grande stile, con tanto di fuochi artificiali e cannonate. I nordcoreani avevano le loro buone ragioni per scendere in piazza e festeggiare. Il nuovo leader, il giovane Kim Jong-un, non solo ha promesso un’era di disgelo con il Sud, ma ha anche annunciato una serie di riforme che permetteranno di aumentare il livello di vita dei suoi compatrioti, attualmente fra i peggiori al mondo.
Era da 19 anni che un leader nordcoreano non compariva in televisione per parlare alla nazione a fine anno, ennesima dimostrazione del tentativo di Kim Jong-un di voler cambiare il volto del regime. In una scenografia austera e tradizionalista, dietro un palco con i simboli marxisti ben presenti, il taglio di capelli anni Trenta e l’uniforme di ordinanza, il rampollo di casa Kim ha stupito tutti: sia i sudditi abituati alla vuota retorica militarista dei predecessori, sia la comunità internazionale alle prese con le continue provocazioni missilistiche di Pyongyang. Ha aperto le porte al dialogo con i fratelli ricchi di Seul: «Per ottenere la riunificazione del Paese è importante porre fine al confronto fra Nord e Sud». «Il passato delle relazioni tra le due Coree insegna che il confronto non conduce ad altro che alla guerra», ha detto Kim Jong-un. Parole importanti, che possono assumere una valenza storica e porre fine a una guerra fredda strisciante nell’area che dura da oltre 50 anni. Non bisogna dimenticare che Pyonyang e Seul ufficialmente sono ancora in guerra, non avendo mai firmato un trattato di pace da quando le ostilità sono cessate negli anni Cinquanta.
COSTRUIRE UN GIGANTE
Non meno sorprendente l’accenno che il giovane dittatore ha fatto alla «lotta senza quartiere» per risollevare l’economia del Paese allo stremo. Pur rivendicando il suo ruolo nella corsa tecnologica-missilistica, ha lanciato la parola d’ordine per il 2013: «Nella costruzione di un gigante economico dobbiamo mettere la stessa energia e lo stesso coraggio investiti nella conquista dello spazio», ha detto senza però specificare quali misure vuole introdurre. Evidente invece il richiamo al lancio avvenuto nel dicembre scorso di un missile di lungo raggio, condannato all’unanimità dalla comunità internazionale. Il dittatore non ha poi tralasciato di parlare della «rivoluzione» scientifica-tecnologica richiesta per la messa a punto di nuovi, più avanzati, armamenti. Un omaggio alla linea politica del passato. Ma mentre il padre e il nonno avevano investito tutte le risorse del Paese nella folla rincorsa agli armamenti capaci di sfidare Corea del Sud, Giappone e persino Stati Uniti, Kim Jong-un ha evidenziato che ora si pone l’obiettivo di una lotta forse meno ortodossa dal punta di vista politico ma certamente più popolare: quella per il benessere. Difficile capire però come potrà avvenire tale svolta, senza fare concessioni alla proprietà privata e all’iniziativa individuale, in un Paese diventato un enorme gulag di 24 milioni di schiavi ridotti alla fame.
Per capire il perché di queste aperture bisogna analizzare sia la figura di Kim Jong-un, sia il ruolo di Pechino nell’influenzare le scelte del regime.
Il dittatore che è succeduto a Kim Jong-il è il più giovane capo di Stato al mondo. Nato nel 1983, ha studiato alla Scuola Inglese Internazionale di Berna (Svizzera), fino al 1998, ed ha quindi potuto assaporare un’atmosfera cosmopolita, raffinata e libera, ben lontana dagli ambienti chiusi e militareschi dalle madrepatria. Parla correttamente inglese, francese e tedesco, non nasconde il suo amore per la pallacanestro, sport yankee per eccellenza. Sposato con una cantante e ballerina ventisettenne, come il padre ama il lusso. A parte le aperture folkloristiche e di facciata (come l’apparizione di ristoranti in stile occidentale nella capitale), il giovane leader appena salito al potere, un anno fa, riuscì a negoziare un accordo di aiuti alimentari con gli Stati Uniti. Accordo successivamente saltato per la caparbietà nel perseguire un programma missilistico e nucleare che, secondo Washington, è di natura strettamente militare. Nel luglio scorso Kim Jong-un ha sostituito il capo di stato maggiore dell’esercito, Ri Yong-ho, uno degli uomini fino allora più potenti del regime, per ottenere il controllo totale sulla potente macchina militare della Corea del Nord.Un passo decisivo, visto che sono proprio i militari la colonna fondamentale della dittatura.
Vanno inoltre sottolineate le pressioni della Cina sulle recenti mosse nordcoreane. I cinesi reggono saldamente le redini degli equilibri nord coreani. La dittatura comunista cinese, che da molto tempo ha affiancato al rigido predominio del partito unico una totale libertà economica, può essere vista come un modello da seguire nel futuro della Corea del Nord. I gerarchi al potere a Pechino sono tecnocrati, con competenze economiche o ingegneristiche: i militari, che rimangono una lobby potentissima, obbediscono agli ordini dei nuovi mandarini. La Cina è stufa delle provocazioni missilistiche nordcoreane e sicuramente incoraggia le aperture (in campo economico, non politico) del fedele alleato che si affaccia sul mar del Giappone.
SCENARI INTERNAZIONALI
Poi c’è la situazione in Sud Corea. La vincitrice delle scorse elezioni di dicembre hanno consegnato la presidenza a Park Geun-hye, una donna che pur appartenendo al partito conservatore Saenuri, ha più volte mostrato un volto conciliante verso la Corea del Nord.
Difficile prevedere se il discorso di capodanno di Kim Jong-un potrà portare a uno stop nella corsa agli armamenti e dare il via alla corsa verso il benessere secondo il modello cinese. È presto per dirlo, ma di certo la svolta del giovane dittatore nordcoreano non è solo una piazzata propagandistica.