Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 03 Giovedì calendario

PARMA, SEI MESI DI GOVERNO GRILLINO: CONTI IN ROSSO E DELUSIONE

Davanti al Comune la parola d’ordine è pedalare. Solo così, in questi ultimi giorni di festa, si illumina l’albero di Natale eco-sostenibile in polistirolo regalato dall’amministrazione. Ma è proprio tra l’etica e l’estetica che si snodano questi primi sei mesi di governo grillino di Parma. Le mirabolanti promesse della campagna elettorale sono un ricordo nella città che fu di Maria Luigia.
Il termovalorizzatore tra gennaio e marzo fumerà come un piatto di anolini in brodo, le aliquote di Imu e Irpef sono rimaste tra le più alte d’Italia, in compenso le rette degli asili hanno avuto un’impennata e nuovi centri commerciali apriranno. Nell’utopia di far quadrare i conti che non tornano, l’armata capitanata da Federico Pizzarotti, lo sconosciuto tecnico informatico diventato sindaco e quindi simbolo, non ci va leggera con i balzelli. A metà dicembre, sgradito dono di Natale, è stata sfornata la tassa di soggiorno (al via da luglio), la settimana precedente una mini-imposta di 10 euro per la Ztl e intanto il bilancio preventivo deve essere ancora approvato, con conseguente esercizio provvisorio dell’ente.
RITORNO AL VECCHIO

E allora ai parmigiani - dopo il voto di sfregio e a suo modo conformista contro la vecchia politica - non rimane, appunto, che pedalare. E zitti. Perché la crisi morde, e tanto, anche quassù. E se una volta si faceva la coda per un posto nei loggioni del teatro Regio, ora ci si trova in fila nei centri di aiuto alle famiglie (1.500 le nuove richieste).
LA «SCOMUNICA»

Pizzarotti, dopo un inizio slow per formare la giunta, lavora 18 ore al giorno. Corre, parla e presenzia (anche se dicono che sia poco incline alle critiche: «L’è un po’ presuntuos»). Senza disdegnare piccoli segnali di fumo: insieme a una psicologa tre volte a settimana si fa il giro dei quartieri, ha ristretto la chiusura del centro alle auto Euro3 ed Euro 4, ha introdotto il registro delle unioni civili (e si è beccato la "scomunica" del vescovo Enrico Solmi). E poi ci sarebbe anche l’idea di introdurre la moneta alternativa Scec. Spot? Sembra di sì, perché la tanto decantata rivoluzione dal basso è rimasta al piano terra. O meglio: qui, nel predellino della Terza Repubblica, non è arrivata. Lo scrittore Paolo Nori guarda la sua città e pensa: «E’ l’eterno ritorno della vecchia politica, la demagogia di Pizzarotti sta per finire e, prima o poi, il sindaco dovrà venire ai patti con la realtà». Che è fatta di numeri a nove zeri col meno davanti. La passata amministrazione civica di centrodestra ha lasciato come ricordo scandali, arresti a grappoli e, ciliegina, un debito da far tremare i polsi anche a un greco.
I DEBITI DELLE PARTECIPATE

In Comune, il rosso, lo stimano intorno agli 874 milioni di euro. Dentro ci sono i buffi delle decine di società partecipate usate in passato per clientelismi e opere urbanistiche inutili, mastodontiche e rimaste a metà. Le imprese edili legate alla potentissima Confindustria locale vantano crediti per 70 milioni di euro, e stanno lì lì per collassare. Le banche? Stanno a guardare e si godono gli interessi passivi. «Stimati - dice il battagliero consigliere comunale del Pd Massimo Iotti - intorno al 5% all’anno. Gli istituti di credito con la calcolatrice tra i denti sono tantissimi: dall’Unicredit alla Cariparma». E allora per fare cassa - sapendo che per tre anni tutti i lavori pubblici saranno pressoché bloccati - non rimane che alienare immobili e cedere quote di partecipazioni nelle spa pubbliche come quelle dell’acqua (ma i grillini non erano contro le privatizzazioni?). Vendere, vendere.
IL CAVIALE È FINITO

D’altronde, «finito il tempo del caviale, ora son rimaste le bruschette», è proprio lo slogan del "Pizza". In questi giorni impegnato a inventarsi qualcosa per fermare l’osteggiato inceneritore, costruito proprio in mezzo alla Food Valley. Le speranze erano tutte rivolte nella magistratura che alla fine - tra Gip, Tar e pm - non ha sequestrato il camino, nonostante un’indagine in piedi per abuso d’ufficio e corruzione. Sicché il «mai» della campagna elettorale è diventato «il vigileremo quando sarà acceso». L’assessore all’Ambiente Gabriele Folli apre le braccia: «Siamo in guerra con la multiutility Iren e con la Provincia che vogliono l’impianto a tutti costi. E non è solo dannoso, ma anche anti- economico: già adesso Parma paga per lo smaltimento 168 euro a tonnellata». E la tariffa non cambierebbe nemmeno con il «tumorificio dentro casa», per dirla con Grillo. Proprio l’ex comico è diventato un mezzo tabù: un padre scomodo.
GRILLO DESAPARECIDO

Dopo le folle della campagna elettorale è ritornato a settembre davanti a meno di 1.000 fedelissimi. Poi non si è più visto, così come i super consulenti tecnici che dovevano lavorare (gratis) per questo laboratorio politico (Loretta Napoleoni, Maurizio Pallante e Pierluigi Paoletti). Gene Gnocchi, in campagna elettorale al fianco dello sconfitto democrat Vincenzo Bernazzoli, la pensa così: «Non stanno rispettando una promessa, la luna di miele sta per finire. Anzi, ora che arriva la neve sono preoccupato per i grillini: per mettere le ruote termiche alle auto devono chiamare Casaleggio, ma se lui ha il telefono occupato come faranno?». Intanto, le attenuanti generiche sgonfiano le promesse e Parma si risveglia dal sogno.