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 2013  gennaio 02 Mercoledì calendario

IL NUOVO WELFARE DEL LAVORO. I SINDACATI: MA ORA SERVE DI PIU’ —

Forse non sarà battuto il record del 2010, quando furono autorizzate 1,2 miliardi di ore di cassa integrazione, ma ci si andrà molto vicini. Nel 2012 le ore di cig hanno già superato il miliardo nei primi undici mesi e con il dato di dicembre, che l’Inps renderà noto in questi giorni, ci si avvicinerà appunto al picco di due anni fa. La Cgil calcola che un monte ore così elevato equivalga a 470 mila persone in cassa integrazione a zero ore ogni mese, con una perdita di salario netto di 7.300 euro per chi fosse rimasto in cig tutto l’anno. In realtà la situazione è articolata perché la cassa colpisce i lavoratori con modalità diverse: ci sono quelli che stanno a casa solo per qualche settimana e quelli che finiscono nella cig straordinaria appunto per uno o due anni, l’anticamera del licenziamento. Inoltre, l’Inps ha più volte sottolineato che un conto sono le ore di cassa autorizzate in seguito alle richieste delle aziende e un altro quelle effettivamente utilizzate, circa la metà.
Tutto ciò ovviamente non sminuisce la gravità della situazione, testimoniata anche dagli oltre 130 tavoli di crisi aziendale aperti al ministero dello Sviluppo. In questo contesto debutta la riforma degli ammortizzatori sociali varata dal governo Monti. Al posto dell’indennità di disoccupazione arriva l’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego, che gradualmente, entro il 2017, assorbirà anche l’attuale indennità di mobilità, cosa questa che allarma i sindacati. I quali già fanno pressing sul prossimo governo perché intervenga sulla riforma ripristinando anche per il futuro la piena tutela di tutti i lavoratori finora protetti dal sussidio di mobilità che, in alcuni casi (lavoratori ultracinquantenni al Sud) può arrivare fino a quattro anni e che invece con l’Aspi, dal 2017, si ridurrebbe a 18 mesi per tutti.
L’indennità di mobilità salvaguarda il reddito (inizialmente l’80% della retribuzione con un tetto di 1.053 euro) di coloro che nelle aziende in crisi con più di 15 dipendenti vengono licenziati. Nel 2013 e nel 2014 la durata della mobilità, che varia da 12 a 48 mesi secondo le età dei lavoratori e il territorio, non subirà cambiamenti, ma poi convergerà sull’Aspi. Del resto, obiettivo della riforma Fornero è uscire dalla logica dell’assistenzialismo prolungato per mettere in moto un sistema più dinamico dove sia più semplice trovare lavoro per chi è stato licenziato. Solo che, sottolineano i sindacati, mancano gli interventi per il ricollocamento (politiche attive del lavoro) che erano state promesse. E quindi è necessario non abbassare le tutele perché da un lato le aziende continueranno a licenziare e dall’altro si è allontanato il traguardo della pensione, anche qui per effetto delle riforme Monti-Fornero. «Il nuovo regime — dice Guglielmo Loy (Uil) — rischia di lasciare in mezzo a una strada milioni di lavoratori». Dal Pd, in vista di un possibile successo alle prossime elezioni politiche, sono già giunti segnali di attenzione alle richieste dei sindacati, sia sul fronte degli ammortizzatori sia su quello delle pensioni (dal problema esodati a quello dell’indicizzazione al costo della vita).
Enrico Marro