D. Mart., Corriere della Sera 03/01/2013, 3 gennaio 2013
«LA PAROLA PRESIDENTE NEL SIMBOLO? UNA FORZATURA» —
Il capo dello Stato, nel suo messaggio di fine anno, ha voluto ribadire che il nostro sistema costituzionale non prevede l’elezione diretta del capo del governo e che il senatore Monti, come del resto aveva fatto Lamberto Dini nel ’96, ha potuto patrocinare, come era suo diritto, una nuova entità politico-elettorale dopo aver presieduto un governo tecnico. Ora, il combinato disposto delle due affermazioni del presidente della Repubblica ha riaperto il dibattito tra i costituzionalisti che comunque leggono le parole di Napolitano come una legittimazione per la scelta di Monti, pur nella prospettiva in cui il capo del governo è sempre e comunque indicato dall’inquilino del Quirinale.
Per Carlo Alberto Capotosti, presidente emerito della Corte Costituzionale, un dato è chiaro: «Il capo dello Stato ha ribadito che l’indicazione di un nome sul simbolo elettorale di per sé non garantisce automaticamente la nomina a presidente del Consiglio». C’è poi un’altra questione, che riguarda l’impegno politico di Monti: «La legge (il Porcellum, ndr) è molto chiara e prevede che sul simbolo sia scritto il "nome e cognome della persona indicata come capo della coalizione". Bene, questo vuol dire che nessun candidato dovrebbe poter scrivere sul simbolo "Tizio o Caio presidente" perché si tratterebbe certamente di una forzatura...». Ma Silvio Berlusconi e altri candidati hanno già utilizzato la parola «presidente» sul simbolo del partito: «Mi sembra che Monti, nella sua ultima conferenza stampa, abbia detto che lui verrà indicato come capo della coalizione e questa mi pare l’interpretazione corretta dell’attuale legge elettorale».
Anche il professore Stefano Passigli è convinto che il capo dello Stato abbia voluto lanciare un doppio messaggio a Monti. Il «primo ha il sapore di una legittimazione»: infatti «chi in Italia vuole concorrere per la premiership, non essendoci l’elezione diretta del presidente del Consiglio, non può fare altro che farsi riconoscere come capo di una delle coalizioni in campo. E questo lo può fare anche chi, come il capo del governo uscente, "non poteva candidarsi in Parlamento, facendone già parte come senatore a vita"....».
Il secondo messaggio, osserva Passigli, è un richiamo alle prerogative del capo dello Stato: «Le liste collegate a quel determinato programma possono anche scrivere "Monti presidente" sul simbolo, ma in questo modo effettuano una scelta politica e non tecnica. Alla fine, Napolitano lascia intendere che sarà comunque il capo dello Stato a dare l’incarico a chi ha più chance di formare un governo». Passigli fa un esempio: «Non è detto, in presenza di tre poli, che l’incarico venga dato al leader del primo partito se poi l’alleanza del secondo e del terzo partito determina una maggioranza stabile».
D. Mart.