Alberto Mattioli, La Stampa 2/1/2013, 2 gennaio 2013
PARIGI VAL BENE LA TESTA DI ENRICO IV
Le notizie sono, nell’ordine, che una testa mummificata in circolazione da un paio di secoli è effettivamente quella di Enrico IV, re di Francia e di Navarra, che il suo Dna coincide con quello di Luigi XVI, sovrano un secolo e mezzo dopo, e che il Re Sole, Luigi XIV, era effettivamente figlio di suo padre Luigi XIII e non di qualche cortigiano di rimpiazzo o del cardinal Mazzarino, come si è sempre sospettato. L’onore di Anna d’Austria è salvo.
Il merito è di un curioso personaggio, molto amato dai media francesi cui dà regolarmente in pasto storie sensazionali, in un Paese che la Storia, almeno la sua, la adora. Si chiama Philippe Charlier, ma per i giornali è «l’Indiana Jones dei cimiteri». Questo anatomopatologo si è specializzato nell’applicare ai «gialli» del passato gli strumenti scientifici del presente. È lui che ha dimostrato che Agnes Sorel, celebre favorita di Carlo VII, fu avvelenata con il mercurio; lui che ha svelato che una reliquia di Giovanna d’Arco piamente conservata a Chinon è in realtà un osso di gatto; lui che minaccia nuove rivelazioni dopo aver esaminato alcuni frammenti del cuore di Riccardo I d’Inghilterra, detto appunto Cuor di leone.
La storia della testa di Enrico IV è un romanzo. Primo Borbone sul trono, Henri resta tuttora il re francese più popolare: valoroso soldato e fine politico, d’accordo; ma, soprattutto, guascone doc, pieno di spirito, gran mangiatore, gran bevitore e gran donnaiolo, aveva tutto per piacere ai sudditi. È celebre per la frase che non disse mai, «Parigi val bene una messa», ma è vero che, ugonotto, per regnare dovette convertirsi al cattolicesimo. Concesse la libertà di coscienza ai suoi ex correligionari, sanò le piaghe delle guerre di religione, sposò prima la celebre Margot di Valois e poi Maria de’ Medici, le riempì entrambe di corna, governò con saggezza, diede il suo nome alla ricetta della «poule au pot» e, come molti di quelli che fanno bene, finì male. Il 14 maggio 1610 fu assassinato da un fanatico cattolico.
Come tutti i sovrani, fu imbalsamato e sepolto nella necropoli di SaintDenis. Nel 1793, i giacobini profanarono le tombe, vendettero il liquido ricavato dalle mummie (considerato all’epoca una formidabile medicina) e poi le buttarono in una fossa comune. Prima però qualcuno decapitò Enrico IV e si portò via la testa. La reliquia appartenne a metà XIX secolo a un conte tedesco, poi sparì e riapparve nel 1919 a un’asta. La comprò, per tre franchi, un antiquario di Dinard, che non riuscì mai a venderla. Di passaggio in passaggio, nel 2008 la testa finì a un discendente del suo proprietario originale, Luigi di Borbone.
Due anni fa, fu identificata come quella di Enrico, anche se gli argomenti di Charlier non convinsero tutti. Ma adesso arriva, dalla Spagna, la prova decisiva. Un’équipe italo-spagnola dell’Istituto di Biologia evolutiva di Barcellona ha esaminato una chiazza di sangue in una specie di fiaschetta dove una nobile famiglia italiana conserva un fazzoletto che, il 21 gennaio 1793, qualcuno bagnò nel sangue di Luigi XVI appena ghigliottinato nell’attuale place de la Concorde. Bene: secondo il dottor Charlier e lo studio che ha pubblicato on line sulla rivista Forensic Science International , il Dna «paterno», quello del cromosoma Y, corrisponde. Dunque Enrico IV è effettivamente l’antenato di Luigi XVI, da cui lo separano tre re e sette generazioni di Borbone. E i due in comune non hanno solo la circostanza di essere morti ammazzati, ma anche i geni.
Un’ulteriore conseguenza della scoperta riguarda il Re Sole. Il futuro Luigi XIV nacque dopo quasi ventitré anni di matrimonio sterile fra Luigi XIII, figlio di Enrico, e Anna d’Austria (siamo, per intenderci, in zona Tre moschettieri ): lui non era molto interessato alle donne e lei aveva delle gravidanze difficili. Però nel 1637 il re impetrò l’intercessione della Vergine facendo del 15 agosto, giorno dell’Assunzione, una festa nazionale che da allora è rimasta tale. E l’anno seguente, quando ormai nessuno ci sperava più, la Regina mise al mondo un piccolo Louis, battezzato anche «Dieudonné» in omaggio al divino favore. Molti, compreso il padre, gridarono al miracolo; i più maliziosi all’intervento di un papà di riserva, magari il giovane e brillante Giulio Mazzarino, allora e anche in seguito inseparabile da Anna d’Austria. Adesso la scoperta di Charlier smentisce il pettegolezzo storico. Il Re Sole era un Borbone doc. Inutile dire che siamo tutti più sollevati.