Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 2/1/2013, 2 gennaio 2013
AEROPORTO DI FIRENZE, UNA TELENOVELA
Enrico Rossi come Kim Il Sung, la Toscana come la Corea del Nord: l’accostamento, piuttosto ardito, del governatore piddino col dittatore comunista arriva dal deputato fiorentino del Pdl, Gabriele Toccafondi, nella sue veste dei coordinatore cittadino del partito di B. A indignare il solitamente pacato parlamentare è il nuovo capitolo di una storia infinita, quella dell’aeroporto di Firenze e della singolare vocazione dirigista che, in materia, Rossi mostra da anni.
Da tempo il necessario ampliamento dello scalo, pena la sua retrocessione nelle classifiche dell’Ente nazionale aviazione civile-Enac, vedeva opposti i comuni dell’hinterland fiorentino insieme Prato, sui cui territori la struttura insiste, e Firenze: una guerra tutta piddina come i sindaci interessati, incluso Matteo Renzi, primo cittadino del capoluogo, incentrata sul tipo di pista da costruire.
Un conflitto che aveva visto Rossi sostenere i primi, salvo poi abbandonare il campo quando lo stesso Enac aveva dato ragione al progetto fiorentino. Un dietrofront che aveva innescato un ulteriore conflitto infrapiddino: con i sindaci della Piana, la zona fra Firenze e Prato dove sorge lo scalo, stavolta arrabbiattissimi col governatore.
E che c’entra la Corea? Il parallello è scattato quando, nel suo incontro di fine anno con la stampa locale, Rossi ha annunciato che il provvedimento urbanistico per la nuova pista, il Piano d’indirizzo territoriale-Pit, che la Regione deve varare per dare il la ai lavori di ampliamento, non sarà licenziato fintanto le società aeroportuali di Pisa e Firenze non avranno dato a vita a una società comune.
«Senza la holding», ha chiarito Rossi, «metterei Pisa a rischio economico, e Firenze a rischio ambientale, e non è giusto che sia così».
Il governatore ha infatti spiegato che il pisano Galileo Galilei e il fiorentino Amerigo Vespucci «non si devono far concorrenza anche loro, devono integrarsi perché possono avere funzioni diverse, a Pisa i volumi e a Firenze i margini».
«Inaudito», ha chiosato appunto Toccafondi, «Rossi e la Regione hanno il dovere di dire se l’ipotesi di nuova pista di Firenze mette in sicurezza lo scalo fiorentino, crea posti di lavoro e soprattutto se si può fare, non può mettere veti».
La vicenda è effettivamente singolare. C’è un pubblico amministratore, la Regione, che subordina gli atti del suo governo a favore di terzi privati titolari di concessioni pubbliche, cioè le due società aeroportuali quotate in Borsa, ai propri legittimi desiderata politici, ovvero l’alleanza fra i due scali. Non solo, il pubblico amministratore in questione è anche azionista di entrambe le società: nella pisana Sat è nel patto di sindacato, avendone la maggioranza relativa del capitale azionario col 16,90%; nella fiorentina Adf detiene il 4,98%, riacquistato l’anno scorso dal Monte dei Paschi per circa 5milioni di euro, dopo che un’analoga partecipazione era stata dismessa anni prima da un altro governatore democrat (allora Ds) Claudio Martini.
A ben vedere, anzi, l’amministratore pubblico Rossi, che blocca la pista, è in conflitto di interessi con l’azionista Rossi che vuole la fusione delle società.
Il fatto che entrambi i Rossi perseguano una finalità pubblica potrebbe non essere giustificazione sufficiente di fronte agli interessi di terzi eventualmente danneggiati, siano essi la società aeroportuale fiorentina e i suoi azionisti grandi o piccoli.
Fra i primi c’è Vito Gamberale che, avendo acquisito la società aeroportuale torinese Sagat dal Comune di Torino col fondo F2i, s’è trovato a controllare anche Firenze. Gamberale, per il momento, se ne sta tranquillo.
Ma essendo entrambe le società quotate, potrebbe bastare anche un piccolo azionista di questa o quella a sollevare la vicenda agli organismi di controllo della Borsa, per fare di questo pasticcio politico, un vero e proprio caso.