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 2013  gennaio 02 Mercoledì calendario

I PIIGS

[La cura da 530 miliardi salva l’euro dopo i sacrifici ecco i primi risultati]

[SEGUE: SCHEDA 5 PAESI]

LA CURA è stata da cavallo: un’iniezione massiccia di aiuti (siamo a quota 530 miliardi) più manovre lacrime e sangue da 350 miliardi. Qualche timido risultato però si inizia a intravedere. E la cartella medica dei degenti più famosi d’Europa — i poveri Piigs — doppia il 2012 con risultati a due facce: due pazienti (Irlanda e Portogallo) sono usciti dalla terapia intensiva. E uno in particolare, Dublino, pare sulla strada della convalescenza. Il malato più grave del continente, la Grecia, è stato salvato in zona Cesarini da morte certa (leggi il ritorno alla dracma) anche se le sue condizioni restano serie. L’Italia, il caso che preoccupava di più a fine 2011, pare stabilizzata. Restano invece tre crucci: lo stato di salute della Spagna, che tra l’altro rifiuta le cure, l’arrivo al Pronto soccorso della Troika di un nuovo cliente in codice rosso, Cipro, e le baruffe dei medici al capezzale dei pazienti. Con Ue e Fmi ai ferri corti sulle medicine necessarie per proseguire le terapie nel 2013.
La degenza, intendiamoci, non è stata indolore: le dolorosissime cure imposte da Ue-Fmi e Bce hanno debilitato i Piigs molto più del previsto. L’austerity ha generato recessioni più gravi delle attese previsto («ci siamo sbagliati, il Pil di questi paesi è calato del doppio rispetto alle nostre stime», ha candidamente ammesso il Fondo Monetario). E per uscire dal circolo vizioso Washington e Bruxelles hanno adesso due ricette differenti: per l’Fmi è ora che Bce ed Europa rimettano sangue nelle vene dei malati accettando un taglio ai loro crediti. Eurotower e la Ue (Germania in testa) dicono — per ora — di no. La crescita, sostengono, arriverà solo se si tiene dritta la barra dell’austerità. Prima si completano i risanamenti (e si fanno le elezioni tedesche) poi si riparlerà di condono dei debiti. Chi vincerà questo braccio di ferro lo si capirà nei prossimi mesi. Intanto ecco, caso Italia a parte, la cartella medica degli altri paesi Piigs alla vigilia di un 2013 decisivo per loro e per l’Europa.


GRECIA–
[RESTA IL NODO DEL DEBITO MERKEL CONTRO LO “SCONTO”]
COME sta la Grecia? Il bicchiere, parlando di Atene, può essere sia mezzo pieno che mezzo vuoto. Gli ottimisti ricordano che il paese si è dato un governo stabile (o quasi) e grazie all’ennesima finanziaria che ha ridotto gli stipendi e avviato i licenziamenti nella pubblica amministrazione la Troika ha sbloccato gli aiuti evitando il default. «Saranno gli ultimi sacrifici», ha promesso il premier Samaras. Nessuno sotto il Partenone l’ha preso troppo sul serio. Otto manovre pari al 35% del Pil – dicono i pessimisti – hanno distrutto il tessuto sociale. L’economia si è contratta del 29% in quattro anni, la disoccupazione è al 26% (al 58% tra i giovani). L’Europa però sembra aver deciso di salvare a tutti i costi un’economia che rappresenta solo il 2,2% del Pil continentale. Dopo aver garantito 230 miliardi di aiuti ha dato l’ok il mese scorso a un pacchetto che ne vale altri 40 abbassando i tassi e rinviando i rimborsi dei prestiti. L’Fmi vorrebbe tagliar la testa al toro abbuonando ad Atene un po’ dei suoi debiti (il 75% è in mano a Washington, Bce e fondo salva- stati). Merkel però non vuole.

IRLANDA–
[L’AUSTERITY HA FUNZIONATO LA CRISI È ORMAI SUPERATA]
E’ L’ALUNNO modello della Troika. L’esempio virtuoso di come l’austerity non porti solo guai. Dublino è stata puntellata da 85 miliardi di aiuti internazionali, andati in buona parte (64 miliardi) a tappare i buchi aperti alla finanza e dal mattone allegro nei conti delle banche. Dal 2008 ad oggi sono state varate manovre per 28 miliardi con tagli al welfare e ai servizi pubblici e interventi su tabacco e alcool. Ma la decisione di non intervenire sulla tassazione aziendale molto ridotta – rimasta invariata - ha salvato l’economia. Il Pil crescerà nel 2012 dello 0,5%, la disoccupazione viaggia al 14,6% ma ha iniziato a calare e il bisturi del governo ha ridotto la spesa pubblica all’8% del Pil. Dublino a luglio scorso è riuscita a tornare addirittura sul mercato mandando in porto senza problemi un collocamento di bond a tre mesi da 500 milioni. Ma l’Irlanda ora frena su un possibile ritorno in grande stile alle aste di titoli di Stato per cercare di strappare uno sconticino o nuovi aiuti alla Ue. L’Fmi la sostiene e vorrebbe che il fondo salvastati investitsse ancora un po’ di soldi nelle banche irlandesi. Ma Bruxelles dice di no.

PORTOGALLO–
[IL PAESE È FUORI DAL TUNNEL MA ORA LA SFIDA È LA CRESCITA]
IL PORTOGALLO è l’altro fiore all’occhiello della Troika. La crescita economica, a dire la verità, non è quella dell’Irlanda (il Pil di Lisbona scivolerà del 3% quest’anno) ma il nuovo governo lusitano è riuscito a tenere la barra dritta, approvando aumenti fiscali e tagli agli stipendi pubblici che hanno ridotto quest’anno il rapporto deficit/Pil al 5%. Ue, Fmi e Bce quindi, dopo aver garantito al paese 78 miliardi di aiuti, hanno deciso di dargli un altro po’ d’ossigeno, spostando di un anno al 2014 la data entro cui dovranno essere rispettati gli impegni con la comunità internazionale. Obiettivo che pare a portata di mano del Portogallo tanto che i titoli a dieci anni di Lisbona sono quelli che nel 2012 hanno dato più soddisfazioni agli investitori guadagnando il 56%. La strada naturalmente è ancora in salita, la disoccupazione è al 16% e il paese dovrà sfatare il mito che lo vuole condannato a una crescita anemica. Ma la rivoluzione del mercato del lavoro nazionale, dicono gli esperti, darà una mano a far ripartire l’economia.

SPAGNA–
[RAJOY RIFIUTA IL SALVA-STATI E L’ALLARME RIMANE ACCESO]
LA SPAGNA in questo momento è in cima alle preoccupazioni della Ue. E non a caso lo spread di Madrid è l’unico rimasto ancora a livelli piuttosto alti. La Troika ha garantito fino a 100 miliardi per salvare le banche iberiche travolte dallo scoppio della bolla immobiliare. Ma potrebbero non bastare anche perché le sofferenze reali sui mutui paiono vicini al 25%. Il governo di Rajoy — autore di quattro finanziarie per 93 miliardi fatte di tagli del 10% ai budget dei ministeri, nuove tasse e congelamento di turnover e stipendi pubblici — pare deciso (con grande rammarico di Bruxelles) a non attivare il fondo salva-Stati. La Spagna il prossimo anno è attesa da un complesso calendario di aste per rifinanziare il suo debito (124 miliardi di titoli contro i 99 del 2012). E con una disoccupazione al 25%, il deficit/Pil al 63%, più delle stime e un Pil in calo dell’1,5%, veder rosa è difficile. Anche nella penisola iberica tra l’altro il tessuto sociale inizia a sfaldarsi. Un giovane su due non trova lavoro e i pignoramenti delle case sono cresciuti del 18%.

CIPRO–
[L’AIUTO DI MOSCA NON BASTA SERVONO ALMENO 17 MILIARDI]
E’ LA new entry nella crisi dei debiti sovrani. E oltre a sconvolgere l’acronimo dei Piigs ha portato con sé – malgrado le dimensioni ridotte della sua economia – un ventaglio di nuovi problemi diplomatici e geopolitici. Il guaio di Nicosia è la sua esposizione all’economia e alla finanza greca. Il paese, dicono a Bruxelles dove il caso sarà esaminato a gennaio, ha bisogno di 17 miliardi di aiuti (più del suo Pil) di cui 10 per le banche. Il governo ha approvato in fretta e furia la sua prima finanziaria ma è a corto di soldi e ha già messo mano ai fondi pensioni pubblici per pagare gli stipendi ai dipendenti a dicembre. La Russia ha già girato un miliardo a Cipro ma Putin ha fatto sapere che Mosca non salverà la nazione dove molti dei suoi oligarchi hanno depositato i loro soldi. La patata, più che calda, è bollente. Cipro è divisa in due tra Grecia e Turchia ed è da sempre motivo di scontro tra le due parti. Nelle acque a sud dell’isola sono stati trovati importanti giacimenti di gas su cui ha messo gli occhi anche Israele. Una polveriera che rischia di essere la prima vittima 2013 della crisi dei debiti sovrani.