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 2013  gennaio 02 Mercoledì calendario

RECESSIONE EVITATA MA IL PIL FRENER


NEW YORK
Il precipizio fiscale di inizio anno è stato scongiurato da un accordo in extremis, sempre che il Congresso americano finisca il suo lavoro. Una mini-intesa che dovrebbe allontanare le paure di recessione, anche se imporrà comunque agli Stati Uniti un prezzo da pagare: la crescita frenerà, forse all’1% nel primo trimestre, restando sotto il 2% per l’intero anno. E la disoccupazione, al 7,7%, difficilmente potrà rientrare.
L’economia, comunque, appare in grado di reggere l’urto se non ci saranno ulteriori shock, se non cadrà nuovamente ostaggio di impasse sulle incognite che restano da risolvere a Washington nelle prossime settimane. Ed è un pesante “se”: dal tetto del debito federale a riforme di spesa e tasse. Gli stessi mercati finanziari, ammesso che l’attuale accordo non salti facendo piombare gli investitori nel panico, potrebbero reagire con un sospiro di sollievo ma i nervi a fior di pelle e gli occhi - e i portafogli - puntati sulle sfide da superare. L’emergere dell’intesa, a borse chiuse, è stato accolto con un cauto rialzo dello 0,3% nei futures sull’indice S&P 500.
È un simile giudizio sobrio che ha preso forma tra gli analisti. «L’economia dovrà lottare contro venti contrari - ha detto Michael Feroli, di JP Morgan - Mi aspetto che paghi un prezzo nella prima metà dell’anno per poi riprendersi in seguito». Feroli è tra coloro che si aspettano non più dell’1% di crescita nel primo scorcio del 2013. Ethan Harris, di Bank of America, aggiunge che progressi sul mercato del lavoro saranno scarsi, con il tasso che scenderà al 7,5% solo verso fine anno.
«Rimarremo fuori dalla recessione» ha tuttavia sottolineato Menzie Chinn della University of Wisconsin-Madison. E Harris vede l’economia capace di salvarsi grazie ai passi avanti ormai compiuti: i settori finanziario e immobiliare sono a suo avviso sufficientemente risanati dai postumi della crisi del 2008. Un’opinione condivisa da Ryan Sweet di Moody’s Analytics: «Sotto le polemiche fiscali c’è un’economia che migliora, con maggior chiarezza possiamo attenderci rafforzamenti».
L’impatto del compromesso quantificabile con maggior precisione, perché previsto, è il mancato rinnovo di uno “sconto” nel prelievo sui salari che finanzia il sistema pensionistico pubblico, la Social Security. Barack Obama aveva ottenuto questo stimolo, una riduzione al 4,2% dal 6,2% sui primi 110.000 dollari di reddito, nel 2010 e la sua scomparsa vale 125 miliardi l’anno. Miliardi - mille dollari per una famiglia tipo con redditi di 50mila dollari - che usciranno dai consumi, pari a due terzi del Pil. E che limeranno mezzo punto percentuale dall’economia, arrestandola all’1,9 per cento. Altri aspetti contribuiranno a imbrigliare la crescita: gli aumenti del carico fiscale sui redditi più alti, sopra i 400mila dollari per gli individui e i 450mila per le famiglie, eroderanno a loro volta i consumi. Un futuro scatto di tagli della spesa federale da 110 miliardi, adesso rimandato di due mesi, è stato a sua volta quantificato da Mark Zandi di Moody’s in mezzo punto percentuale sottratto al Pil. E Deutsche Bank calcola che un terzo dei tagli diventerà alla fine effettivo.
Questi fattori saranno però attutiti da altri elementi contenuti nell’intesa capaci di sostenere per l’economia: aliquote sulle tasse chiare e permamenti per quasi il 99% degli americani e molte piccole aziende, che dovrebbero offrire un’iniezione di fiducia. Le aziende vedranno confermati incentivi alla ricerca e crediti per investimenti in impianti e macchinari. Scatteranno inoltre un’estensione di sussidi di disoccupazione per un intero anno a tre milioni di americani e, per cinque anni, di crediti d’imposta per i lavoratori con i compensi più bassi. E viene confermata la legge sui sussidi agricoli, che impedirà nel 2013 impennate d’un bene essenziale quale il latte.
Ma l’incertezza su futuri compromessi di più ampio respiro - necessari entro febbraio o marzo per evitare spettri di default a causa dello sfondamento del tetto sul debito - alimentano il nervosismo, viste le difficoltà di accordi minimi. «Le grandi manovre sul bilancio non sono finite», ha ammonito Andrew Lapierre di ISi Group. Nel quadro di tensione, lo stato di salute dell’economia sarà seguito con particolare attenzione. La disoccupazione di dicembre sarà comunicata venerdì, tra attese di 150mila nuovi posti di lavoro. Se i dati non deluderanno potrebbero diventare la miglior speranza dell’economia contro i melodrammi di Washington.