Gino Ruozzi, Domenicale, ilSole24Ore 30/12/2012, 30 dicembre 2012
AFORISMI AL CAPOLINEA
Al principio del 1956 Elias Canetti annota nei propri Quaderni di appunti: «Ogni anno dovrebbe essere più lungo del precedente di un giorno: un nuovo giorno in cui non è mai accaduto nulla, un giorno in cui nessuno è morto» (Adelphi 1978, nella traduzione di Furio Jesi). In oscillazione tra impotenza e titanismo, questo auspicio di uno dei massimi scrittori di aforismi del Novecento è un invito a combattere e vincere lo scandalo insopportabile della morte.
Il periodo di capodanno è momento di bilanci. Di varia natura. Nella nostra letteratura spicca la memorabile riflessione del Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere di Leopardi, modello di sintesi esistenziale e stilistica. Anche gli scrittori di aforismi ne hanno fatto per tradizione un loro appuntamento.
Tra i classici penso a Lichtenberg e a Joubert; e tra gli italiani più recenti a Gesualdo Bufalino e a Dino Basili. Bufalino, proprio sull’esempio dei lunari leopardiani, ha spesso siglato l’anno sul «Giornale» diretto da Indro Montanelli con collane di aforismi, poi confluiti nei volumi Il malpensante (Bompiani 1987) e Bluff di parole (Bompiani 1994). Nei Pensieri a perdere pubblicati il 30 dicembre 1988 risalta questa illuminante massima autobiografica: «Sulla bilancia i ricordi pesano meno dei sogni». Viene alla mente un’altra "disarmata" riflessione del Diario degli errori di Ennio Flaiano, datata 1965: «Un altro anno ci lascia. Abbiamo vissuto commettendo errori, l’unico modo di vivere senza cadere. Vivere è una serie ininterrotta di errori, ognuno dei quali sostiene il precedente e si appoggia sul seguente. Finiti gli errori, finito tutto».
Alle regolari sillogi aforistiche di fine anno pubblicate sui giornali, dal 1986 al 1997 Dino Basili ha aggiunto la stampa "in tiratura di affezione" di "quadernetti augurali" intitolati Diario per i giorni di festa («Non esiste una pagina tanto pesante da non poter essere voltata»); composti di un taccuino per appunti e di una "appendice" di aforismi, essi sono impreziositi dalle copertine di Renato Guttuso, Aligi Sassu, Tullio Pericoli.
Capodanno è anche l’occasione per citare alcune raccolte di aforismi, epigrammi e prose brevi pubblicate in questi mesi. A cominciare dal secondo volume della casa editrice FUOCOfuochino curato da Afro Somenzari e illustrato da Guido Scarabottolo, con testi brevi di «oulipiani ruspanti, patafisici casual, metafisici portatili, amletici leggeri, surrealisti non griffati, giocolieri e frombolieri verbali, artigiani del nonsense, del limerick e del wit, aforisti ben temprati» (parole di Ernesto Ferrero) quali Vittorio Orsenigo e Ugo Nespolo, Cristiana Minelli e Lorenza Amadasi, Roberto Barbolini e Pupi Avati. Uomo che scrive nella notte è il volume di aforismi dello psicanalista padovano Umberto Silva, che da alcuni anni pubblica nelle edizioni "il notes magico" testi di sapienza sarcastica (Homo homini lapsus; Non si uccide mai la persona giusta).
Altra novità è la raccolta il Pappo e ’l Dindi; e Il Fottere di Carlo Sorrentino (il titolo è per due terzi di derivazione dantesca, dall’undicesimo canto del Purgatorio, verso 105). È un libro epigrammatico, acuto e irriverente, sulla linea di Marziale e degli umanisti quattrocenteschi. Gli aforismi, disposti nella successione del dizionario, insistono e giocano sia sulle minime varianti linguistiche sia (come le Scorciatoie di Umberto Saba) sulle sottolineature e sulle differenze di significato offerte dalle distinzioni grafiche e dall’arte del commento (corsivi, grassetti, parentesi, note in calce: «Volgarità: fare abuso di mediocrità»; «A Volontà, a piacimento: ad ’libidinum»).
Scintille di CreAttività aforistica sono quelle di Donato Di Poce, che egli affianca ai propri Poesismi, che si collocano nella scia piuttosto fertile (Viviani, Casiraghy, Merini, Zeichen) dell’aforisma poetico («Il segreto della felicità eterna / è di vivere sogni a breve termine»). Ilma Derini è invece lo pseudonimo femminile emiliano a cui sono attribuiti, sul modello di Olindo Guerrini/Argia Sbolenfi, i caustici aforismi di Ciliegie sotto spirito e di Spirito postumo («DESTINO Si nasce soli, si muore soli, e spesso si passa il resto della vita in cattiva compagnia»). Un’importante raccolta complessiva è quella degli Aforismi di Carlo Gragnani curata da Fabrizio Caramagna e Carlo Sini per l’editore Genesi di Torino. La scoperta dell’aforista toscano, dirigente bancario di rilievo internazionale morto alla soglia dei cento anni nel 2010 a Lugano (dove abitava nella stessa via di Giuseppe Prezzolini), si deve una ventina d’anni fa a Gesualdo Bufalino, che ne apprezzò subito lo spirito elegante e sottile («Appartengo al numero limitato dei miei lettori, un gruppo che stimo molto»; «Sono nato. Pazienza!»).
Poeta che negli ultimi anni ha percorso le vie della prosa breve è Tiziano Rossi, da Cronaca perduta (Mondadori 2006) e Faccende laterali (Garzanti 2009) a Spigoli di sonno (Mursia 2012). Il primo volume è uscito nella collana di poesia Lo Specchio; è interessante notare come la definizione dei testi dei tre volumi, prose di una-due pagine vicine al genere dell’apologo, evolva nei vari risvolti di copertina, da quella di Poesie in prosa del volume Mondadori a quella di Prose che confinano con la poesia del libro Garzanti ai Brevissimi racconti, al limite tra poesia e prosa della stampa Mursia. Sullo sfondo naturalmente il grande modello dello Spleen di Parigi di Baudelaire e la Poesia in prosa della tradizione novecentesca italiana, da Sbarbaro a Giampiero Neri (come pure di quella narrativa: Poesie in prosa sono definiti da Parise i "racconti" dei propri Sillabari). L’esito meditativo di queste prose è ragguardevole ed è la conferma, nella sperimentale contaminazione dei generi, di "un altro dei nostri maestri di secondo Novecento" (Alberto Bertoni, La poesia contemporanea, 2012).
Sul versante critico offre un contributo significativo alla conoscenza e al metodo di lavoro di Karl Kraus il saggio Karl Kraus e Shakespeare di Irene Fantappiè (Quodlibet). Con precisione e sagacia Fantappiè illustra la natura e la qualità dell’opera di Kraus partendo dalla forma-tema della citazione, soffermandosi in particolare sulle versioni di Shakespeare. Traduzione e citazione si intrecciano in una straordinaria tensione aforistica e conoscitiva, che rinvia a Bouvard e Pécuchet di Flaubert. Il risultato è che il "genio mimico" di Kraus, come lo definiva Walter Benjamin, «vede Shakespeare – tutto Shakespeare – come se lo avesse pensato Kraus» (Fantappiè).
Nello spirito di Kraus chiudo la rassegna di capodanno con questa dolorosa e pungente, laconica constatazione di Leo Longanesi (dal taccuino La sua signora), datata 31 dicembre 1955: «Buon Anno!. Anche a te, e a te, a te, a lei, a lei…». Ecco, un nuovo anno arriva. Lo sento qui, che mi preme nel fegato, come la punta di un compasso».