Stefano Citati, il Fatto Quotidiano 30/12/2012, 30 dicembre 2012
LE PERSONE QUALUNQUE CHE DANNO LA VITA PER GLI ALTRI
[Esempi di altruismo, generosità e capacità di superare i limiti] –
MALCOLM HARRIS [L’ispiratore del “99%”contro l’élite dei milionari] –
L’individuo qualunque diviene protagonista. Avviene nel momento nel quale la sua esistenza ordinaria diventa esempio straordinario che attira l’interesse del mondo. Eletto a personaggio del momento nell’attimo supremo dell’esistenza, o nella risonanza globale della sua azione, sorge dall’anonimato come modello non costruito mediaticamente, ma grazie all’essenza genuina del suo gesto. Che può costare la vita, e salvarne altre. Il sacrificio, il coraggio fisico o l’intelligenza sensibile dell’individuo, che mostra - come le quattro donne-maestre-eroine di Newtown - l’umanità al suo stadio spontaneo. E il riflesso quasi ferino di difendere la vita - o i diritti elementari, o le ingiustizie - degli altri, e l’istante di passaggio dall’esistenza privata a quella pubblica in un momento staordinario, che decide un’intera vita. Il gesto del singolo è esempio per tutti, fa da modello positivo e non imposto, e dimostra che un’altra vita è sempre possibile, rivelandone appieno il valore.
ISPIRATO DA DAVID GRAEBER, l’antropologo statunitense cacciato dall’università di Yale dopo aver fondato il movimento di protesta Occupy Wall Street, il ventitreenne attivista newyorkese Malcolm Harris è diventato a sua volta uno dei simboli della lotta per il diritto di partecipazione attiva grazie ai suoi tweet. Questo mese la piattaforma di microblogging è stata sconfitta dalla Corte di Appello e obbligata a consegnare i tweet inviati da Harris durante una marcia di Occupy sul ponte di Brooklyn, altrimenti avrebbe dovuto pagare una multa per aver disobbedito alla magistratura e bloccato le indagini sul conto di Harris. Nell’ottobre del 2011 l’esponente del movimento di protesta fu identificato dalla polizia assieme ad altri 700 manifestanti. Dopo essersi rifiutato di consegnare i testi dei tweet, fu arrestato e in seguito rilasciato. Harris aveva tentato di contestare la richiesta, ma gli era stato risposto che non aveva diritti di proprietà sui propri tweet. L’American Civil Liberties, ha scritto che “gli inquirenti diventano sempre più aggressivi nei loro tentativi di ottenere informazioni su quel che la gente fa su Internet. Se gli utenti di internet non possono proteggere i propri diritti costituzionali, sanciti dal quarto emendamento della Costituzione, la loro unica speranza è che lo facciano le aziende che operano sul web. Ma, alla fine, di fronte all’ipotesi di pagare una multa, twitter ha deciso di consegnarli”. Subito dopo la decisione della società di San Francisco di consegnare i tweet, Harris ha commentato così: “Sono grato per tutto quello che twitter ha fatto finora, ma deluso dalla sua decisione. Rimango però fiducioso che si riesca a impedire la consegna dei miei tweet”. È probabile che Occupy Wall Street decida di utilizzare la vicenda per ingaggiare una nuova serie di battaglie, sempre al grido di : “Siamo il 99 per cento”, lo slogan inventato da Graeber.
MALALA YOUSAFZAI [La piccola blogger pachistana
che ha spaventato i Taliban] –
È ANCORA in un letto dell’ospedale di Birmingham, in Gran Bretagna, Malala Yousafzai la giovane blogger pakistana che tre mesi fa venne aggredita a colpi di fucile da un esponente dei Taliban nella remota valle dello Swat. Dopo essere stata trasferita, Malala ha iniziato a fare progressi e anche le ferite psicologiche non sembrano aver inciso sulla sua voglia di combattere per i diritti delle donne e dei minori del suo Paese. Fino a tre mesi fa era un’adolescente pakistana di quindici anni che lottava contro i Taliban attraverso i post di denuncia del suo blog, oggi è un’icona del coraggio. Aveva accusato più volte “gli studenti di Dio” per la violenza esercitata soprattutto nei confronti delle donne. Malala aveva iniziato a scrivere il suo blog quando aveva 12 anni e subito i suoi post vennero notati dai responsabili del sito della Bbc, che li inclusero nella loro sezione dedicata ai social network. Da quel momento la sua vita fu in pericolo e nemmeno dopo le minacce ricevute, le autorità pakistane considerarono necessario metterla sotto protezione. L’aggressione avvenne mentre Malala si trovava sullo scuolabus. Un uomo armato, dopo averlo fermato, salì e chiese chi delle ragazze fosse Malala. Una sua compagna la indicò, lei scese senza esitare dal mezzo e l’uomo mirò alla sua tempia. Una vera e propria esecuzione che per miracolo non finì con la morte della ragazza. Il taliban dopo averla lasciata agonizzante a terra, sparò anche all’altra ragazza che però non riportò gravi ferite. Per giorni i medici pakistani che operarono Malala al cervello non sciolsero la riserva e in seguito dissero che sarebbe potuta rimanere invalida per sempre. Ancora una volta però il miracolo: la ragazzina sta guarendo e non ha riportato traumi permanenti. Ad assisterla ci sono i genitori che hanno sempre appoggiato le sue battaglie. Quando tornerà a casa avrà finalmente una scorta e molti sperano verrà insignita del premio Nobel per la pace. Il premio a cui Malala aspira invece è continuare ad andare a scuola.
ADOIOU ABDERRAHIM [La famiglia salvata dal suo tuffo nel fiume] –
NON È UN PROVETTO nuotatore Adoiou Abderrahim ed è anche un immigrato clandestino ma non ci ha pensato due volte a tuffarsi in acqua quando ha visto la macchina di fronte a sé finire in un canale nella notte tra il 13 e il 14 ottobre nella piana del Fucino. Grazie a questo marocchino di 48 anni solo e provato dalla vita, un’intera famiglia italiana, padre, madre e un bimbo di cinque anni, si sono salvati da una morte orribile. Arrivato in Italia nel 1993, era finito nel giro della droga dopo aver perso il suo impiego regolare di saldatore a Lecco. Pur avendo scontato interamente la condanna a quattro anni di prigione, non aveva però rispettato il decreto di espulsione perché aveva trovato lavoro in campagna come bracciante. Per questo la sua residenza in Italia era a rischio quotidiano. Eppure quest’uomo non ha pensato alle conseguenze del suo gesto, preferendo rischiare la vita, oltre che l’espulsione dall’Italia pur di salvare chi era in difficoltà. Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, accogliendo la richiesta del suo avvocato, gli ha pertanto concesso un permesso di soggiorno di sei mesi “per motivi umanitari”. La speranza è che Abderrahim trovi entro questo periodo un lavoro regolare, altrimenti dovrà andarsene davvero perché oggi il suo caso è conosciuto, nel bene e nel male, dalle Questure italiane. La sua storia di eroe qualunque non è isolata, molti altri immigrati clandestini negli anni scorsi hanno compiuto spassionatamente atti di eroismo e alcuni ci rimisero anche la vita, ottenendo in cambio una medaglia d’oro al valore civile. In questo caso l’uomo si è salvato ma avrebbe meritato almeno una cittadinanza onoraria.
DAWN, VICTORIA, MARY E LAUREN [Maestre coraggio, scudi umani contro le pallottole] –
LE MAESTRE della Sandy Hook hanno perso la vita pur di salvare quanti più alunni possibile dalla furia omicida del ventenne Adam Lanza. Victoria Soto era la più giovane, aveva solo 27 anni. I bambini hanno raccontato della sua prontezza di riflessi e sangue freddo. Appena sentiti i primi spari, non si è lasciata prendere dal panico, li ha radunati in silenzio e quindi li ha fatti nascondere dentro un armadio. Quando il killer è entrato nell’aula, Victoria gli ha detto che erano andati tutti in palestra per l’ora di ginnastica. Il killer ci ha creduto ma prima di andarsene l’ha uccisa. Victoria è riuscita così a salvare tutti gli scolari della sua classe. Lauren Rousseau, 30 anni. Anche lei ha cercato di salvare i suoi bimbi, provando a fermare Lanza, mentre si aggirava per la scuola sparando su tutto ciò che si muoveva. I suoi sforzi hanno contribuito a distrarre l’omicida e a dare il tempo ad alcuni bambini di fuggire. Dawn Hochsprung, la preside aveva 47 anni e cinque figli, tra i quali 3 adottati. Ai primi spari ha azionato l’altoparlante, avvisando tutti del pericolo in corso. Recentemente aveva inviato una circolare ai genitori degli alunni con cui li informava sulle nuove norme di sicurezza: le porte sarebbero state bloccate dalle 9.30 in poi e a ogni genitore, dopo questo orario, sarebbe stato chiesto un documento di identità prima di poter portare via i figli dalla scuola. Era appassionata di tecnologia e su Facebook aveva pubblicato una foto del concerto di Natale di una quarta elementare con un commento: “un gruppo talentuoso”. Quando ha sentito le prime raffiche di mitragliatore, era nel suo ufficio in riunione con la psicologa della scuola. Entrambe sono corse nei corridoi, hanno provato a parlare con il killer per farlo ragionare ma non ce l’hanno fatta e sono state freddate con una sventagliata. Mary Sherlach la psicologa, 57 anni, era la più adulta. Aveva aiutato con la sua esperienza molti bambini a inserirsi in questa scuola elementare dove era in servizio da vent’anni . Ha cercato di trovare un modo per fare breccia sulla psiche malata del killer, cercando di parlargli ma i suoi tentativi non hanno sortito alcun effetto. Il prossimo anno sarebbe andata in pensione. Eroiche anche Maryrose Kristopik, l’insegnante di musica e Kaitlin Roig, che si sono salvate: “Lui continuava a battere contro la porta per farsi aprire. Io cercavo di calmare i bimbi recitando loro alcune preghiere, dicendo che li amavo. Dicendo solo che c’era una persona cattiva nella scuola, senza altri dettagli”, ha spiegato la Kristopik. Come lei Kaitlin Roig, che aveva barricato i suoi bimbi di “prima” nel bagno della classe e chiuso la porta a chiave: “Mi chiedevano di uscire per vedere. Ma dicevano anche che non volevano morire, che volevano fare il Natale. Io cercavo di essere positiva: avrete Natale, avrete Hannukah . Tranquilli”.
KOSTAS VAXEVANIS [La sfida della verità nella Grecia allo stremo] –
DIRETTORE DELLA RIVISTA indipendente Hot Doc, fu arrestato nel novembre scorso per aver pubblicato la cosiddetta lista “Lagarde”: più di 2 mila nomi di cittadini “eccellenti” greci con conti correnti in Svizzera, sospettati di evadere il fisco da anni. L’elenco era stato consegnato quasi tre anni fa dall’attuale direttore del Fondo Monetario Internazionale (allora ministro francese delle finanze, Christine Lagarde), al governo greco, che però lo tenne chiuso in un cassetto. Nei giorni in cui la Grecia lottava per ottenere l’ultima tranche del prestito internazionale, attraverso ulteriori tagli ai salari e pensioni, Vaxevanis, ottenuta la lista, decise di pubblicarla. L’accusa fu violazione della privacy ma il giornalista fu subito assolto per non aver commesso il reato. Nel suo racconto per Press Europ , Vaxevanis spiegò così i motivi della sua decisione, citando lo storico romano Tacito: “Più uno stato è corrotto e più fa leggi. In Grecia ci sono molte leggi, così tante che la corruzione può dormire sonni tranquilli. Un club esclusivo di individui potenti compie azioni illecite e poi fa pressione per approvare una norma in grado di legalizzarle, garantendosi un’amnistia. E intanto i mezzi d’informazione stanno in silenzio. La pubblicazione da parte nostra di una lista di presunti correntisti di banche svizzere e il mio conseguente arresto hanno scatenato un putiferio. Ma non sui mezzi d’informazione greci. Qualche mese fa la Reuters e la stampa britannica hanno scoperto alcuni scandali che coinvolgevano le banche greche, ma nemmeno allora i media del nostro paese si sono occupati della vicenda. Lo spazio che avrebbe dovuto essere dedicato agli scandali è stato invece assegnato ad annunci a pagamento voluti da quelle stesse persone che hanno provocato il crollo delle banche greche”. Secondo la maggior parte dei greci, Vaxevanis, pubblicando la lista, ha fatto il suo dovere e merita di essere elogiato, non fermato, come avrebbero voluto le lobby corrotte.
WILLY HUBERT [Resistere a Mogadiscio, tra bombe e bambini] –
RESPONSABILE DI SOS Villaggi dei Bambini in Africa Orientale da più di trent’anni, Willy Hubert coordina questa storica organizzazione non governativa italiana che ha aperto scuole e case famiglia per gli orfani nelle zone più conflittuali del pianeta. L’unica ad aver mantenuto sempre operativi la scuola, l’orfanatrofio e un piccolo ospedale aperti nella capitale somala, Mogadiscio, all’inizio della guerra civile quasi trent’anni fa. E, di fatto, non ancora conclusa. “Quest’anno, grazie al miglioramento delle condizioni di sicurezza e al cambiamento politico in atto siamo riusciti a ritornare nella zona di Mogadiscio dove avevamo costruito le prime strutture, tra cui l’orfanatrofio, che è articolato in case famiglia dove i bambini rimasti senza genitori sono assistiti anche da donne somale vedove e senza figli perché uccisi durante i combattimenti”, spiega. Anche l’ospedale è stato riportato nella zona originale. Fu spostato quando iniziarono a piovere razzi nel cortile. “Sapevamo che non erano attacchi intenzionali ma dovevamo fare di tutto per evitare che, prima o poi, uccidessero i pazienti”. I razzi non erano diretti all’ospedale perché anche gli integralisti islamici, Al shabab, che combattevano contro l’esercito e i soldati della Missione africana, cercavano di risparmiarlo visto che le loro mogli avevano spesso partorito lì. Ma queste armi, spesso, non sono precise. Hutter iniziò a lavorare per il terzo settore nel 1973, quando gli fu chiesto di lavorare nel Villaggio SOS di Caldonazzo dove i bambini provenienti da tutti i Villaggi SOS d’Europa passano le loro vacanze. Quello stesso anno Hermann Gmeiner, fondatore dei Villaggi SOS, aveva deciso di mettere a punto una squadra di emergenza, una specie di ‘corpo dei vigili del fuoco’ nel mondo. Lo scopo era guidare e preparare dei giovani capaci di lavorare nel mondo in situazioni difficili e impegnative, costituendo nuovi Villaggi SOS e promuovendone la mission.
ALEX ZANARDI [Il destino del campione, più vittorioso di prima] –
ELETTO ATLETA SIMBOLO delle Paraolimpiadi, Alex Zanardi ha mostrato di essere più che un campione. Vincendo due ori e un argento alle paraolimpiadi di Londra, l’ex pilota di Formula1 che, a causa di un incidente di gara nel 2001 perse entrambe le gambe, è diventato un vero e proprio eroe del thinking positive del pensare positivo, della passione, della dedizione. Grazie alla sua partecipazione e al suo esempio anche chi non ha un handicap, ha capito che gli atleti che partecipano alle discipline sportive praticate nelle paraolimpiadi hanno lo stesso valore e preparazione di coloro che gareggiano nelle Olimpiadi. Anzi, sono loro i veri atleti, perché sono in grado di superare barriere fisiche e psicologiche spesso insormontabili per i cosiddetti “abili”. Zanardi, bolognese, 47 anni, come e meglio di un monaco zen, ha usato il suo handicap per sperimentare nuove strade, nuovi lavori, nuovi ambienti e anziché chiudersi al mondo, guardando alla sfortuna, ha trovato il modo di approfittarne per migliorarsi e fare nuove esperienze. L’empatia, di cui è già dotato per carattere, è quindi aumentata fino a farlo diventare un simbolo della forza vitale E, infatti, quando conduce i suoi programmi tv – di cui è anche autore – che non riguardano mai lo sport in senso tecnico “buca lo schermo”. Anche grazie alle sue parole autentiche, quasi sempre accompagnate da un sorriso aperto e genuino che suona da incitamento e consolazione. Nell’handbike ha conquistato 2 medaglie d’oro, una a cronometro e una su strada e un argento nella prova a squadre. La dimostrazione di quanto sia amato dal pubblico, non solo sportivo, è stato il risultato del sondaggio online promosso dal Comitato paraolimpico internazionale. A suo favore quasi 30 mila voti: un distacco irraggiungibile rispetto agli altri candidati che ha spinto i promotori a chiudere in anticipo la votazione. Alex ha ringraziato il pubblico con un tweet: “Mi avete messo in testa con un giro di vantaggio. Grazie.”