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 2012  dicembre 31 Lunedì calendario

LA TESTARDA CHE RIVOLUZIONÒ LA MEDICINA

Premio Nobel e senatrice a vita, Rita Levi Montalcini si è spenta ieri a 103 anni nella sua casa romana. Dobbiamo a lei la scoperta della proteina che promuove lo sviluppo delle cellule nervose, e quindi del cervello. I biologi la indicano con la sigla NGF, Nerve Grow th Factor. La individuò nel 1951. Cervello in fuga, lavorava negli Stati Uniti alla Washington University.
Solo 35 anni dopo arrivò il Nobel per la Medicina. A Stoccolma, a dividere con lei il premio, c’era un suo prezioso collaboratore, il biochimico Stanley Cohen, che dell’NGF ricostruì la formula, scoprendo poi una proteina analoga, il fattore di crescita epiteliale. Oggi sappiamo che l’NGF ha un ruolo biologico ancora più generale di quanto si pensasse allora. Studi clinici lo sperimentano nella cura dell’Alzheimer, della sclerosi multipla, dell’anoressia nervosa.

Nata a Torino il 22 aprile 1909 in una famiglia ebraica di cultura tradizionalista, Rita Levi Montalcini era stata ostacolata nella scelta degli studi di medicina. Il padre, ingegnere, avrebbe voluto che si dedicasse alla vita familiare, o a un’attività artistica, come fu per la sorella gemella, Paola, che alla scuola di Casorati divenne una pittrice affermata. Preparato privatamente l’esame di maturità, Rita riuscì a imporre la sua volontà e si laureò in medicina nel 1936 con un maestro eccezionale, l’istologo Giuseppe Levi. In quei corsi universitari ebbe compagni altrettanto straordinari: Renato Dulbecco e Salvador Luria, entrambi poi premiati con il Nobel.

Quando le leggi razziali le impedirono la ricerca nell’Università torinese, dopo un breve periodo trascorso in Belgio si rifugiò in una cascina vicino ad Asti e qui, nella stanzetta dove dormiva, organizzò il suo laboratorio: un microscopio, qualche vetrino e qualche provetta. Già allora lavorava sugli embrioni di pollo, studiandone le prime fasi di sviluppo.

Arrivata la Repubblica di Salò, si trasferì a Firenze, allora piena di sfollati, dove sotto uno pseudonimo collaborò con i partigiani facendo la staffetta e fabbricando carte d’identità false per gli ebrei perseguitati. Quando gli alleati raggiunsero Firenze si presentò al comando angloamericano e divenne medico volontario nella Croce Rossa.

Terminata la guerra, accettò un invito del biologo tedesco Viktor Hamburger alla Washington University di St. Louis. Doveva stare in America sette mesi, invece ci rimarrà trent’anni. Hamburger, anche lui emigrato per sfuggire a Hitler, le affidò una ricerca sull’effetto dell’innesto in embrioni di pollo del sarcoma 180 (un tumore tipico dei topi). Rita Levi Montalcini si accorse che, sotto l’effetto di qualche sostanza contenuta nel tessuto canceroso, i neuroni proliferavano in modo travolgente. Fu però soltanto un anno dopo, durante un breve trasferimento all’Università di Rio de Janeiro, che riuscì a identificare la proteina responsabile di quella straordinaria crescita di neuroni.

Da allora la storia dell’NGF si è arricchita di molte altre scoperte: si è rivelato il capostipite di una intera famiglia di proteine che controllano la crescita dei vari tipi di cellule. Un autentico pilastro di numerosi meccanismi biologici fondamentali.

Tornata in Italia all’inizio degli anni ’70, la Levi Montalcini si impegnò nel Laboratorio di biologia cellulare del Cnr, creando una scuola neurobiologica italiana (Luigi Aloe, Pietro Calissano, Pietro Angeletti). Il Nobel, ottenuto nel 1986, rilanciò la ricerca nel suo istituto romano. Benché si dichiarasse non credente, donò parte del denaro del premio alla sinagoga di Roma e la parte restante la destinò a borse di studio per giovani promettenti.

Non era finita però la sua lotta con la povertà dei finanziamenti e l’ottusità della burocrazia. Rischia la chiusura l’Ebri-Santa Lucia, istituto di ricerca sul cervello da lei promosso a Roma. Così come non sempre fu serena la sua presidenza dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Treccani: la crisi più grave fu quella della primavera ’97, quando l’Istituto, accumulato un passivo di parecchi miliardi, dovette tagliare alcuni dei suoi progetti più ambiziosi. Tra le ultime battaglie, nel gennaio 2003, quella contro i decreti di riforma, ristrutturazione e controllo politico del Cnr e di altri enti di ricerca voluti dal ministro Moratti. E poi, nominata senatrice a vita dal presidente Ciampi, la partecipazione a tutti i voti decisivi per la sopravvivenza del governo Prodi. All’impegno scientifico la Levi Montalcini ha affiancato quello politico e sociale, prima nelle file del femminismo e in quelle del movimento pacifista, poi tramite una fondazione da lei costituita per aiutare negli studi i giovani più capaci. Del 1987 è l’autobiografia intitolata «Elogio dell’imperfezione», pubblicata dall’editore Garzanti: una ricostruzione dell’itinerario umano e scientifico che ha portato alla scoperta del Fattore di crescita nervosa, ma anche una testimonianza di costume e un’affermazione di quei valori etici che, come la Levi Montalcini non si stancava di ripetere, dovrebbero sempre guidare ogni azione umana, a cominciare proprio dalla ricerca scientifica. Tra i libri successivi, «Senz’olio contro vento» (1996), «La galassia mente» (1999), «Tempo di mutamenti» (2002), editi da Baldini e Castoldi, fino all’ultimo, «L’altra parte del mondo» (Rizzoli, 2009), scritto in collaborazione con Giuseppina Tripodi. «Volevo cestinare quelle pagine – raccontava – mi sembravano irrilevanti. È stata Giuseppina a farle pubblicare».