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 2013  gennaio 02 Mercoledì calendario

«Italiani ottimi arbitri» Rizzoli: «Sì a tecnologie più assistenti di porta» – [Intervista a Nicola Rizzoli] «Se faccio l’arbitro è "colpa" di un arbitro

«Italiani ottimi arbitri» Rizzoli: «Sì a tecnologie più assistenti di porta» – [Intervista a Nicola Rizzoli] «Se faccio l’arbitro è "colpa" di un arbitro. La mia vita cambia in una partita Allievi a Bologna: supero l’ultimo difensore e mi butta giù in modo plateale. Ci danno solo punizione dal limite: inizio a protestare. Vado giù duro: "Ma non dai nemmeno giallo: è un’ingiustizia". Mi fa: "Non conosci il regolamento...". Scatta qualcosa dentro e decido di frequentare un corso per arbitri. L’idea era sapere le cose in modo da discutere alla pari con chi dirigeva. Non sono più tornato indietro». Nicola Rizzoli è il migliore fischietto italiano, ma non si concede vacanze neppure durante la sosta. Con orgoglio mostra lo smartphone con i dati dell’ultimo allenamento: la salita del San Luca (2 km, pendenza media 10%) affrontata prima di Capodanno. «Ci ho messo 12’ e 50"», dice. La preparazione fisica è uno dei must per essere il numero uno. Rizzoli, quando fa il giudice di porta si «mangia» i colleghi? «Quando mai, sarebbe deleterio per un esperimento molto importante. Credo molto negli arbitri addizionali. Ho avuto la fortuna di partecipare al primissimo test in Slovenia. Da allora sono stati fatti passi enormi fino a raggiungere un livello elevatissimo nell’ultimo Europeo. Ci vogliono anni e pazienza». Ma decide lei per gli altri arbitri? «Sgombriamo il campo dagli equivoci: la decisione finale spetta all’arbitro centrale. Guai se accade il contrario. L’addizionale fa da supporto e serve ad avere una copertura quasi totale delle azioni. Vuole un esempio?». Faccia pure. «Italia-Croazia in Polonia. Chiellini subisce fallo dall’attaccante, poi si sbilancia e frana sull’avversario. L’arbitro avrebbe visto solo la parte finale e fischiato rigore, il giudice di porta gli ha completato la sequenza ed evitato un errore. Se poi l’idea è di non avere nessuna svista, siamo fuori strada». In questo avvio di stagione lei è stato protagonista di situazioni particolari. Partiamo dal rigore contro il Napoli in Supercoppa... «Decisione condivisa. Mazzoleni aveva visto il fallo: io ho dato una ulteriore conferma. Le immagini sono chiare anche se c’è chi sostiene che non era rigore. La premiazione disertata? Credo non sia stato uno spot felice per l’Italia». Come le scommesse. Che ne pensa? «Sono molto orgoglioso che non ci siano arbitri coinvolti. È una vicenda triste». Torniamo ai casi strani. Udinese-Juve e Udinese-Cagliari: rigore più rosso a Brkic; penalty dato e poi ritirato da Tommasi. «Nel caso del portiere è stato un gioco di squadra, per capire se il fallo era dentro o fuori, mentre sull’espulsione ha deciso Valeri. Il secondo episodio è stato un equivoco: la parola "difensore", detta per chiarire chi aveva toccato la palla in ottica valutazione fuorigioco, è diventata "rigore". Tornare indietro ha evitato un errore». Non c’è il rischio confusione con la sovrapposizione delle voci? «E’ normale. Il lavoro di Collina dura da tre anni. Poi conta l’affiatamento: a Euro 2012 io con Rocchi, Tagliavento, Faverani e Stefani vedevano le gare insieme e sugli episodi ci dicevamo come ci saremmo comportati. Mi sbilancio: gli arbitri italiani sono di ottimo livello». Episodio che ha fatto discutere: il rigore in Milan-Juve... «Le rispondo in generale. A volte persino la tv fa fatica a dare certezze. Credo che allora valga più l’impressione avuta dall’arbitro. Ci sono dettagli che le immagini non riproducono, penso ai rumori e alla prospettiva di chi è sul campo. Poi c’è l’esperienza. Se un difensore allarga in modo innaturale le braccia, lo fa perché vuole impedire un cross o un tiro. Magari il tocco non sarà volontario, ma quella intenzione si punisce col rigore. Ma su Milan-Juve vorrei far notare altro». Ci dica? «La grande compostezza dei giocatori. Pirlo e gli altri mi hanno chiesto spiegazioni in modo civile e sono andati via». Sono molte le proteste scomposte? Specie nell’intervallo? «In campo spesso non c’è rispetto, ma c’è un miglioramento rispetto al passato. Fatico a trovare atteggiamenti sbagliati degli attuali capitani. In passato c’erano Maldini, Baggio, Zanetti e pochi altri esempi positivi». E l’abitudine di dire «guarda che sappiamo che hai sbagliato»? «Nulla di nuovo. Se un arbitro crede a questi frasi, allora è meglio che si ritiri. Piuttosto per regolamento in panchina nessuno potrebbe avere strumenti di comunicazione». A proposito: meglio la tecnologia sul gol-non-gol oppure gli addizionali? «L’ideale sarebbe avere entrambi. Nello specifico, l’occhio di falco serve soltanto a evitare un errore grave, mentre il giudice di porta ha una portata più ampia». Ha sfiorato le finali di Champions ed Europeo. Deluso? «No, perché ero arrivato a meritarle. Certo, speravo che l’Italia battesse la Spagna per due ragioni diverse... Il futuro? Per ora la Champions. Il Mondiale è lontano, sono in lizza con Rocchi. Ma potremmo anche andare entrambi». Sarebbe una novità? «Busacca, designatore Fifa, crede nella meritocrazia. L’idea è avere arbitri in forma senza badare alle esigenze politiche: bella svolta». C’è una domanda che si farebbe? «Sulla conoscenza del regolamento da parte degli addetti ai lavori, giornalisti in testa. Si parla di "ultimo uomo" quando da anni non è più questa la condizione per decidere l’espulsione. Sui falli di mano, poi, regna la confusione». Lezione di Rizzoli, allora. «Se s’interrompe un passaggio a un avversario è sempre giallo; se si blocca un dribbling ancora giallo; se c’è un tiro in porta cartellino automatico ed è rosso se evita un gol; se c’è un cross, dipende: con la difesa schierata e senza certezza di chi colpirà la palla, basta la punizione». Ma non sarebbe tutto più facile se gli arbitri parlassero? «Il presidente Nicchi sta lavorando in questa direzione. Sarebbe utile e lo faremo, ma serve un cambio culturale. Oggi l’arbitro spesso è un nemico. E invece siamo al servizio del calcio». RIPRODUZIONE RISERVATA