Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 01 Martedì calendario

I PERSONAGGI DELLA BEFFA NOTA COME "LE TESTE DI MODIGLIANI"


Vera Durbé. Ex partigiana, dirigeva dal 1972 il Museo Progressivo d’Arte Moderna di Villa Maria a Livorno e fu l’autentico propellente sia della mostra che delle ricerche. Definita un “caratteraccio”, avrebbe pagato con la beffa delle false teste alcuni dissidi nati sul posto di lavoro o con gli Archivi Legali Modigliani, che però hanno sempre negato. A seguito della vicenda venne trasferita ad altro incarico. Nel 1991 un tribunale ha riconosciuto a lei e al fratello Dario di essere stati tratti in inganno in buona fede. Ma Vera Durbé, contro tutto e contro tutti, è sempre rimasta convinta dell’autenticità di quelle “pietre ritrovate”.

Dario Durbé. Fratello di Vera, nel 1984 era direttore della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Critico di fama e grande studioso di Fattori e dei Macchiaioli, firmò la pubblicazione (oggi un “cult”) sulle due teste ripescate nel Fosso Reale. Fu rimosso dalla carica nell’ottobre di quell’anno, ufficialmente senza alcuna relazione con l’affaire Modigliani. Fece ricorso e sia il TAR sia il Consiglio di Stato ordinarono il suo reintegro.

Ghelarducci, Luridiana, Ferrucci, Genovesi, autori della testa “Modì 2”.
All’epoca dei fatti, erano tutti e tre studenti universitari sulla ventina. Tramite una conoscenza, arrivarono al direttore di Panorama che si assicurò l’esclusiva dello scoop, a patto che i tre si prendessero ogni responsabilità sulle conseguenze. Michele Ghelarducci, oggi si diletta ancora nella scultura: l’anno scorso ha scolpito in pietra leccese una testa chiamata Modì 2.0 e si è messo in combutta con un altro degli autori della beffa del 1984, Piefrancesco Ferrucci, oggi oncologo. Il ricavato è infatti andato a una fondazione che si occupa di ricerca contro il cancro. Il terzo, Pietro Luridiana, ha una ditta di informatica. C’era in realtà anche un quarto artefice, Michele Genovesi, che però rimase piuttosto defilato dalla vicenda.

Angelo Froglia, autore di “Modì 1” e “Modì 3”. Ultimo a uscire allo scoperto, è il personaggio su cui si proietta l’ombra di Modì. Bello e ribelle, affascina le donne ma si fa conquistare dall’eroina. Studia belle arti ma si immischia nella lotta armata e si becca tre anni di galera. Il suo famoso video sulla realizzazione delle false teste verrà proiettato anche al Torino Film Festival dell’84. Se la sua provocazione in qualche modo riuscì, il suo messaggio estetico sociale rimase più ostico; in tv vengono assai meglio i tre amici schietti e scanzonati di Modì 2. È morto nel 1997, a poco più di 40 anni, lasciando opere interessanti e il rimpianto per un grande talento smarritosi in un vita tormentata.

Jeanne Modigliani. Figlia di Amedeo Modigliani e di Jeanne Hébuterne, nacque nel 1918 a Nizza. Non ha praticamente conosciuto i genitori, morti nel gennaio del 1920. Cresciuta dagli zii a Livorno, fuggì dall’Italia delle leggi razziali e a Parigi entrò nella Resistenza. Solo dopo aver studiato storia dell’arte, si dedicò anima e corpo alla figura di colui che esitava a definire “mio padre”, ma piuttosto “Amedeo”. Con Christian Parisot ha fondato gli Archivi Legali Modigliani. È morta per una caduta dalle scale nel bel mezzo dell’affaire Modigliani, poco prima di recarsi a Livorno.

Piero Carboni e Giuseppe Saracino. Carrozziere il primo, stilista il secondo, nel 1991 si imbarcano nell’avventura di far riconoscere tre teste di pietra serena che il Carboni ha conservato fin dal dopoguerra. Più di un indizio farebbe propendere per la loro autenticità, ma ormai il terreno è minato dai fatti dell’84. Il labirinto di perizie e dispute legali si trascina fino ai loro eredi. Senza certezze definitive.

Carlo Pepi. Per i detrattori il “commercialista di Crespina”, per i fan il “Di Pietro del mondo dell’arte”, ha negli anni smascherato diverse patacche esposte e certificate. Assieme a Federico Zeri (”se autentiche, Modigliani fece bene a disfarsene”), fu l’unica altra voce fuori dal coro esultante di quell’estate 1984. A “La storia siamo noi” si è detto convinto che la morte di Jeanne Modigliani non sia stata un incidente. A suo parere le sculture ritrovate da Carboni e Saracino del 1991 sono senza dubbio opera di Modigliani.

Carlo e Margherita. Sono solo due nomi ma sono in calce alle lettere che, nel luglio 1984, preannunciano a Jeanne Modigliani il ritrovamento di teste “taroccate” nei fossi di Livorno. Nonostante le indagini e i sospetti su alcuni dipendenti comunali, il mistero è destinato a rimanere tale.