VARIE 30/12/2012, 30 dicembre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - LA MORTE DI RITA LEVI MONTALCINI
ROMA - È morta la senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Il premio Nobel per la medicina si è spenta nella sua abitazione a Roma in via di Villa Massimo, a due passi da Villa Torlonia. Aveva 103 anni ed era nata a Torino. La scienziata era con alcune persone care che, di fronte al peggioramento delle sue condizioni di salute, hanno subito chiamato un’ambulanza per portarla alla vicina casa di cura Villa Margherita. Ma il quadro clinico è andato rapidamente peggiorando. Quando il personale del 118 è arrivato sul posto, non ha potuto fare altro che costatarne il decesso. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha appreso della scomparsa di Rita Levi Montalcini direttamente dalla nipote Piera alla quale ha espresso commossa partecipazione e il cordoglio del Paese. ’’Si è spenta, con Rita Levi Montalcini, una luminosa figura della storia della scienza. Il riconoscimento internazionale che ha premiato un’intera vita dedicata alla ricerca, ha costituito alto titolo di orgoglio per l’Italia, che garantirà l’ulteriore sviluppo della Fondazione scientifica da lei creata e fino all’ultimo curata con passione’’, sono state le parole del presidente della Repubblica affidate a una nota diffusa dall’ufficio stampa del Quirinale. ’’La sua ascesa a ruoli elevatissimi - ha aggiunto - ne ha fatto un simbolo e punto di riferimento per la causa dell’avanzamento sociale e civile delle donne, che l’ha vista personalmente impegnata anche fuori d’Italia. La fermezza e dignità con cui di fronte alle persecuzioni razziali del fascismo scelse la difficile strada dell’esilio ha rappresentato un esempio straordinario nel movimento per la libertà e la rinascita della democrazia in Italia. La serietà e dedizione con cui infine ha assolto alla funzione di senatore a vita l’ha resa ancor più vicina, nel rispetto e nell’affetto, alle istituzioni e agli italiani. Mi associo con commozione e gratitudine al cordoglio dei famigliari e del Paese’’.
Rita Levi Montalcini nel 1986 vinse il Premio Nobel per la medicina grazie alla scoperta e all’identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa (foto). È stata, inoltre, la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze. Nel 2001 fu nominata senatrice a vita, dall’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che la scelse per i suoi meriti sociali e scientifici.
Rita Levi Montalcini ha continuato a studiare, fino alla fine. Secondo fonti vicine alla famiglia, la senatrice a vita ha lavorato ai suoi studi fino alle 21 di sabato sera. Il premio Nobel per la medicina ha continuato dunque le sue ricerche fino all’ultimo giorno.
La scienziata sarà sepolta nel cimitero monumentale di Torino accanto alla sorella gemella Paola, nota pittrice scomparsa nel 2000.
I messaggi di cordoglio. "Tutta Roma è addolorata per questa tristissima notizia", commenta il sindaco della capitale Gianni Alemanno: "La scomparsa di Rita Levi Montalcini è un gravissimo lutto - continua- per l’Italia e per tutta l’umanità".
Anche Walter Veltroni manifesta il suo compianto: "Con Rita Levi Montalcini se ne va una personalità straordinaria - dice l’esponente Pd - una donna che nella sua lunghissima splendida vita ha mostrato impegno, forza, ingegno straordinari. Ci mancherà".
Parole di cordoglio arrivano dal presidente del Senato, Renato Schifani: "Con lei l’Italia perde un grande scienziato e una grande donna, ma la sua figura e il suo insegnamento rimarranno sempre vivi nel nostro ricordo e continueranno a costituire motivo d’orgoglio per il nostro Paese". Mentre il presidente della Camera Gianfranco Fini la ricorda così: "Con Rita Levi Montalcini scompare una grande italiana animata da un profondo amore per il suo Paese e per le sue istituzioni democratiche".
"È stata una donna che ha testimoniato la sua passione per la scienza ed è stata educatrice delle giovani generazioni, credendo fermamente nella trasmissione del sapere", dice il presidente dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro, mentre per Piera Levi-Montalcini, nipote della scienziata e consigliere comunale a Torino nel gruppo dei Moderati: "E’ un faro di vita che si è spento. La sua più grande lezione? La tenacia. Ha insegnato ai giovani a non mollare mai, impegnando se stessi nella ricerca come nella vita".
Roberto Cota, governatore del Piemonte, esprime il cordoglio della regione: "Per noi è un vero onore che sia nata a Torino e che da qui abbia poi fatto tanta strada, dedicando la sua vita alla scienza, raggiungendo altissimi meriti in campo scientifico". Mentre il sindaco del capoluogo piemontese, Piero Fassino, così ricorda la senatrice a vita, alla quale nel 1987 Torino conferì la cittadinanza onoraria: "Ci sono personalità destinate a interpretare simboli e a incarnare ideali. Così è stato per il premio Nobel Rita Levi Montalcini, mente straordinaria con la forza morale delle anime più nobili".
Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi esprime il suo pensiero su Facebook: "Una donna che allo stesso tempo ci ha reso orgogliosi di essere italiani e cittadini del mondo". Per Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale Pd, la Montalcini "lascia un segno inconfondibile in tutto il mondo del genio femminile non solo nel campo della medicina, dove aveva conquistato il premio Nobel e prestigiosi riconoscimenti internazionali. La ricorderemo non solo per i suoi successi, il suo infaticabile lavoro, ma anche per la sua autentica passione civile, l’amore per la democrazia e le tante battaglie per la promozione della dignità della donna, i diritti umani, la giustizia, la pace". E su Twitter Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, scrive: "Ci inchiniamo alla memoria di Rita Levi Montalcini, grande donna che ha onorato la ricerca le istituzioni e prima di tutto la Repubblica Italiana".
Per Ignazio Marino, chiurgo e senatore Pd, "la valorizzazione dei giovani e delle donne era il suo obiettivo, insieme alla promozione dei talenti e delle idee più promettenti". Luigi Nicolais, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, ne ricorda l’impegno: "E’ per noi motivo di commosso orgoglio ricordare la sua prolungata collaborazione con il Cnr: dal Centro di Ricerche di neurobiologia, al Laboratorio di Biologia cellulare, fino all’Istituto europeo di ricerca sul Cervello-EBRI".
"Una donna carismatica che ha dato lustro al nostro Paese", è il commento del presidente del Consiglio Mario Monti. "Ha saputo unire l’eccellenza della ricerca con una forte passione civile" dice il ministro della Salute Renato Balduzzi. "Grande donna, ha onorato l’Italia", afferma il leader del Pd Pierluigi Bersani. E anche Silvio Berlusconi, in una nota, "si unisce a tutti gli italiani che in questo momento le rendono omaggio". "Onoriamola fermando la fuga di cervelli dall’Italia", dice invece Nicola Zingaretti, candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio. Per il leader di Sel Nichi Vendola "con lei si spegne una delle voci più nobili e cristalline dell’Italia democratica".
LA MIA MEDIOCRE INTELLIGENZA (REPUBBLICA.IT)
"La mia intelligenza? Più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo" disse nel 2008 accogliendo la laurea honoris causa alla Bicocca. Fragile e sottile, anche, è stata fino a ieri Rita Levi Montalcini, nata a Torino il 22 aprile 1909 e vincitrice del Nobel per la Medicina nel 1986. Con il suo corpo esile e gli occhi mare limpido è riuscita comunque a iscriversi all’università contro il volere del padre, a realizzare prima un laboratorio in casa per sfuggire alle leggi razziste e poi a lavorare negli Stati Uniti per quasi 30 anni, convincendo un mondo scientifico assai scettico dell’importanza di quel Ngf "Nerve growth factor" da lei osservato nell’oculare di un microscopio.
Poteva bastare, come dimostrazione di "impegno e ottimismo". Ma da quando nel 2001 è stata nominata senatrice a vita, a Rita Levi Montalcini è toccato anche ascoltare gli insulti di Storace ("Le porteremo a casa le stampelle") alla vigilia del voto della Finanziaria del 2007 essenziale per la sopravvivenza del governo Prodi. Quelli di Roberto Castelli, che sempre nel 2007 definì "uno spreco e un mercimonio" i finanziamenti all’European Brain Research Institute da lei diretto. Per finire ad agosto del 2011 con l’uscita di Umberto Bossi: "Scilipoti? Meglio lui di quella scienziata".
"Non sto neanche a sentirli" replicava lei senza perdere il sorriso dolce. In un articolo su Science nel 2000, Rita Levi Montalcini descrisse il suo carattere così, con poche splendide pennellate: "L’assenza di complessi psicologici, la tenacia nel seguire la strada che ritenevo giusta, l’abitudine a sottovalutare gli ostacoli - un tratto che ho ereditato da mio padre - mi hanno aiutato enormemente ad affrontare le difficoltà della vita. Ai miei genitori devo anche la tendenza a guardare gli altri con simpatia e senza diffidenza".
Oltre al padre ingegnere e matematico e alla madre pittrice, la sua famiglia era composta da un fratello e due sorelle, di cui una - l’adorata Paola - gemella. Quando l’austero capofamiglia le negò l’università in quanto donna, lei l’affrontò a viso aperto e a vent’anni ottenne di iscriversi a medicina. Quando il regime fascista la espulse dall’ateneo torinese, lei nel 1939 si costruì un laboratorio nella sua casa di corso Re Umberto. Vennero i bombardamenti, e nel 1941 tutti gli strumenti di ricerca furono reinstallati nella nuova residenza sulle colline di Asti. A Firenze poco prima della Liberazione curò i rifugiati scappati dal Nord. Nell’autunno del 1947 dall’università di Washington a Saint Louis il professor Viktor Hamburger la invitò a trascorrere un semestre negli Usa. I risultati sempre più interessanti le impedirono di tornare in Italia alla fine del semestre, e anche negli oltre vent’anni successivi. Nel corso dei quali, a partire dal ’69 fino al ’78 il Consiglio Nazionale delle Ricerche le affidò anche la direzione dell’Istituto di biologia cellulare.
Nel laboratorio di Saint Louis, Rita Levi Montalcini scoprì quel potente "elisir" di crescita che è Ngf. Bastava iniettarne una quantità infinitesima in una provetta con dentro alcune cellule nervose e attendere un giorno. Dalle cellule, in sole 24 ore, iniziava a svilupparsi un alone talmente ricco di filamenti da renderle simile a un Sole pieno di raggi. Il fattore di crescita delle cellule nervose era solo il primo di tanti ingredienti che gli organismi viventi usano per trasmettere informazioni al loro interno. Altre centinaia di molecole simili sarebbero state scoperte in seguito. Ma in quel laboratorio di Saint Louis negli anni ’50 si iniziò a capire come mai un essere vivente nasca da una singola cellula ma riesca a diventare col tempo un’architettura composta da decine di tessuti diversi. Sono i fattori di crescita a indicare la strada a ciascun segmento di un organismo. Bastano poche molecole di Ngf in una zona del corpo per farvi crescere le cellule del sistema nervoso necessarie al suo perfetto funzionamento.
"La scoperta di Ngf - spiegò oltre trent’anni più tardi il comitato Nobel a Stoccolma assegnandole il premio assieme al collega Stanley Cohen - è l’esempio di come un osservatore acuto riesca a elaborare un concetto a partire da un apparente caos". Rita Levi Montalcini è stata una delle 10 donne (contro 189 uomini) a ricevere il premio scientifico più prestigioso. Ma forse l’unica ad accompagnare i suoi articoli scientifici con illustrazioni tanto eleganti quanti i vestiti che amava disegnare per se stessa.
Sull’origine della sua capacità di osservazione, Rita Levi Montalcini ha sempre avuto le idee chiare, attribuendo parte del suo successo al maestro Giuseppe Levi, il professore di istologia di Torino le cui lezioni formarono altri due Nobel per la medicina: Salvador Luria e Renato Dulbecco, anche lui scomparso recentemente. Era lui uno degli amici più cari della scienziata, che in un’intervista a Repubblica nel 2008 rivelò: "Quando avevo tre anni decisi che non mi sarei mai sposata" e in un’altra a Omni nel 1998 spiegò che anche nel matrimonio fra due persone brillanti "una finisce col soffrire perché l’altra ha più successo". Lei, che di complessi non soffriva, non si è mai lamentata degli occhi che non vedevano quasi più e delle protesi acustiche che la mantenevano in contatto con gli altri. E fino all’ultimo ai governi italiani ha continuato a chiedere: "Non cancellate il futuro di tanti giovani ricercatori che coltivano la speranza di lavorare in Italia".
(30 dicembre 2012)
Ai microfoni della rai, in un’intervista del 1981, la ricercatrice italiana spiega la scoperta che la portò alla più ambita onorificenza: "Avvenne casualmente nel mio laboratorio. Una scoperta che ha aperto molti campi di ricerca e ha avuto molti riconoscimenti"
«Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente».
Nata a Torino il 22 aprile 1909, Rita Levi-Montalcini è stata la più grande scienziata italiana. Unica italiana insignita di un premio Nobel «scientifico« (per la medicina e la fisiologia), ottenuto nel 1986, è stata anche la prima donna a essere ammessa all’Accademia pontificia delle scienze. Dal 1° agosto 2001 era senatrice a vita della Repubblica italiana.
Rita Levi MontalciniLa vita in immagini
STUDI - Il padre (Adamo Levi) era un ingegnere, mentre la madre (Adele Montalcini) era una pittrice, e con la gemella Paola (deceduta nel 2000) si divise i talenti dei genitori: a Rita andò l’amore per la scienza del padre, a Paola le qualità di artista della madre. Contrariamente ai voleri del padre, proseguì negli studi e si iscrisse a medicina all’Università di Torino, dove si laureò nel 1936 con 110 e lode. Negli anni Trenta l’università del capoluogo piemontese era una culla di talenti straordinari: uno dei suoi maestri fu Giuseppe Levi (padre della scrittrice Natalia Ginzburg) e tra i suoi compagni di studi figurano altri due futuri premi Nobel: Salvador Luria e Renato Dulbecco.
LEGGI RAZZIALI - A causa delle leggi razziali di Mussolini, andò a Bruxelles. Ritornò a Torino poco prima dell’invasione nazista del Belgio. Non potendo più frequentare l’università in quanto ebrea, riuscì ad allestire un piccolo laboratorio di ricerca nella sua camera da letto. Dopo i bombardamenti alleati si rifugiò in campagna, ma in seguito all’8 settembre 1943, per evitare i rastrellamenti, andò a Firenze nascondendosi per non essere arrestata e deportata in Germania. Dopo la liberazione, nel 1947 le venne offerta una cattedra alla Washington University di St.Louis dove, all’inizio degli anni Cinquanta, fece la sua scoperta più importante: la proteina del fattore di crescita del sistema nervoso (Ngf), studio che trent’anni dopo venne premiato con il Nobel, una ricerca fondamentale per la comprensione dei tumori e con ricadute importanti nella cura di malattie come Alzheimer e Sla.
IL RITORNO IN ITALIA – Una volta in pensione, nel 1977 ritornò in Italia, con la quale non aveva mai interrotto i rapporti – negli anni Sessanta e Settanta collaborò in numerose occasioni con il Cnr e non lasciò mai la nazionalità italiana per diventare cittadina statunitense. Nel 1987 ricevette dal presidente Ronald Reagan la Medal of Science, il più alto riconoscimento scientifico americano. Sebbene dichiaratamente atea, donò una parte del premio in denaro del Nobel per la costruzione di una sinagoga a Roma.
RICONOSCIMENTI - Innumerevoli i suoi riconoscimenti nazionali e internazionali, ai quali vanno sommate oltre venti lauree honoris causa. Membro delle più prestigiose accademie scientifiche mondiali, tra le quali la Royal Society britannica e la National Academy of Sciences americana. Dal 2001 era senatrice a vita. La sua autobiografia, Elogio dell’imperfezione, venne pubblicata nel 1987, ampliata poi con Cantico di una vita (2000), che contiene alcune delle numerose lettere che scambiò negli anni con la sua famiglia e in particolare con l’amata gemella Paola. Anche molto anziana continuò la sua opera instancabile a favore della ricerca («Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente», disse in un’intervista a Wired in occasione dei suoi 100 anni), per le pari opportunità e per la diffusione della cultura intesa come base per costruire una società migliore.
BLOG DI SARA GANDOLFI (con bella foto)
Rita, la Mente superiore
che amava “Cime tempestose”
di Sara Gandolfi
«Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di “mostrare” niente, se non la loro intelligenza».
Rita Levi-Montalcini.
Rita Levi-Montalcini non amava i salamelecchi. A chi abbondava in lodi e formalismi regalava il suo sorriso da Gran Signora, che ne ha viste e superate tante, e un’occhiata fredda. In Senato, si dice, di quegli sguardi gentili e alteri ne ha dovuti spargere parecchi. Non ci perderemo allora in elogi semplici, seppur meritati, né in un lungo elenco dei suoi successi di scienziata. Nessun “coccodrillo”. Tutto questo lo troverete altrove.
Parliamo, piuttosto, del suo spirito indomito. Quello che tre anni e mezzo fa, quando varcò la soglia dei 100 anni, perfino Nature le riconobbe con un inchino: “Tiny though she is, Rita Levi-Montalcini tends to command attention”.
Benchè così minuta, tende a dominare l’attenzione, scrisse la prestigiosa rivista scientifica ricordando come, nel 2006, la senatrice a vita avesse tenuto in scacco il governo italiano, con quel suo fisico fragile e antico, e avesse costretto alla resa il Professore, che in quegli anni era Prodi: l’allora premier voleva far passare un bilancio con pesanti tagli alla ricerca scientifica, dovette ripensarci. “L’Italia – e probabilmente il mondo intero – non hanno mai avuto una scienziata come lei”, concludeva Nature.
Questa era Rita Levi-Montalcini, la Lady of the cells, come la chiamano in Usa. Diceva che il suo cervello di centenaria, grazie allo studio e all’esperienza, era meglio di quando ne aveva 20. E di cervelli sapeva molto, la fondatrice dello European Brain Research Institute (Ebri). Eppure il suo cervello non doveva essere affatto male anche quando era una giovane ebrea in un’epoca in cui essere ebrei era una condanna a non vivere, se non a morire. Con un padre in casa, che non credeva necessaria l’educazione superiore per le donne (meglio mogli e madri a tempo pieno, secondo lui e il sentire dell’epoca), e con un Mussolini a Roma, che con le leggi razziali buttò fuori lei e tutti gli ebrei dall’università, costringendola a studiare come una clandestina. La sua camera da letto diventò il suo laboratorio. Lei andò avanti. Anche quando il mondo accademico e scientifico rifiutò a lungo di credere nella sua scoperta – il fattore di accrescimento della fibra nervosa o NGF –, scoperta che ha spiegato finalmente come le cellule “si parlano” l’una con l’altra.
Il premio Nobel non poteva non arrivare. Tutto questo si sa. Quello che forse si conosce meno è che Rita Levi-Montalcini, oltre a studiare le cellule e i cervelli, credeva in un mondo dove le donne, tutte le donne, avessero una chance. O se la prendessero. E dove tutte le donne fossero libere di scegliere, come lo era sempre stata lei, nonostante tutto. Nella prima metà degli anni Settanta partecipò alle attività del Movimento di Liberazione Femminile, prendendo posizione su temi caldi come il divorzio e l’aborto. Nel 1992 istituì la Fondazione Levi-Montalcini Onlus, con il motto “Il futuro ai giovani”: il suo primo obiettivo fu varare una serie di borse di studio destinate all’educazione delle donne africane, «per incrementare le loro opportunità di diventare scienziate». E lungo tutta la sua lunga vita ha combattuto per favorire l’ingresso femminile nel campo della ricerca. Fedele ad una certezza, supportata dai suoi studi neurologici: «Le nostre capacità mentali – uomo e donna – sono le stesse: abbiamo uguali possibilità e differente approccio». Le donne, aggiungeva spesso in privato, hanno molto più intuito.
Rita Levi-Montalcini, la donna di classe, elegante, determinata, la sera, sul comodino, spesso teneva un romanzo d’amore. Il suo preferito, confessò a un giornalista americano, era un classico, Cime Tempestose di Emily Bronte. Perché pure la scienza fa rima a volte con passione. Anche se poco o nulla si sa dei suoi amori, a parte un breve fidanzamento durante gli studi di medicina.
A noi piace ricordarla così. Genio fragile e passionale con una tempra d’acciaio. E stasera guarderemo in alto, verso il cielo, e non sarà un gesto di fede. Lassù c’è un asteroide che porta il suo nome, il 9722 Levi-Montalcini, scoperto nel 1981. Ragazze, alzate gli occhi e prendete esempio.
Montalcini o Montessori sulle mille lire? L’errore di tanti
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PROLUNGAMENTO VITA UMANA ESPERIMENTI CHE SI POSSONO MA NON SI DEBBONI FARE. PROLUNGARE KLA VITA DI UN VECCHIO AL DI LA DEL GIUSTO E IMMORALE PER LUI E PER L’ENORME SACRIFICIO ECONOMICO CHE RICHIEDE ALLA SOCIETA. INVESTIRE ENERGIE CHE NON SONO MOLTE SIA DAL LATO ECONOMICO È A DANNO A SVANTAGGIO DELLE POSSIB DI MIGLIORARE LA VITA DEGLI UOMINI IN GENERE CHE SI TROVANO NELLA MASX POTENZ IO MI TROVO NELLE CONDIZIONI MA NON DESIDEREREI MAI CHE LA MIA VITA FOSSE PROLUNGATA E QUESTO RICHIEDESSE UN SACRIFICIO ECONOMICO PER CHI DOVEREBBE ASSISTERMI MOLTO MEGLIO CHE LA VITA CESSI QUANDO NON HA PIU LA MASSIMA CAPACITA DI PRESTAZIONI INTELLETTUALI E PSICHICHE