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 2012  dicembre 29 Sabato calendario

IN 3 MILIONI CONTRO IL CUBO

Pensate a un enorme cubo sospeso nel nulla. Immaginate di avvicinare il vostro sguardo e di vedere che in realtà è composto da altri piccoli cubetti. Decine di miliardi di cubetti, per la precisione. L’istinto vi suggerirà di toccarne uno, al che lo vedrete scomparire. Farete lo stesso con quello a fianco, e con quello a fianco ancora, in un susseguirsi di rapidi colpi delle dita sullo schermo del vostro dispositivo mobile. Nei minuti successivi vi ritroverete a compiere quest’azione centinaia, migliaia di volte, in modo ipnotico e compulsivo. E lo farete per una semplice ragione: chi spaccherà l’ultimo cubo scoprirà al suo interno «un segreto che gli cambierà la vita».
Questa è Curiosity — What’s Inside the Cube?, l’ultima sfida lanciata al mondo da Peter Molyneux, il geniale game designer inglese presente sulla scena dal lontano 1987, nonché creatore di alcuni dei titoli più famosi nella storia dei videogiochi (Populous, Syndicate, Black & White e Fable). Lo spunto che ha portato all’ideazione di questa app gratuita per iOS e Android è l’accelerazione tecnologica degli ultimi anni. «Nel mondo sono stati venduti oltre un miliardo di dispositivi mobili tra smartphone e tablet, e centinaia di milioni di persone sono costantemente connesse tramite i social network», afferma Molyneux. «Perché non farle collaborare a un unico, ambizioso progetto?».
L’idea assume connotati affascinanti se si pensa che Curiosity affonda le sue radici nella cosiddetta gamification, un neologismo coniato dal game designer Jesse Scheel nel 2010 che indica il coinvolgimento delle persone in attività ripetitive tramite un approccio ludico. L’applicazione di questo concetto nei videogiochi è un fenomeno frequente, riscontrabile in vari prodotti tra i quali possiamo ricordare il multiplayer di Call of Duty, World of Warcraft o Farmville. La gamification assume però contorni inediti in Curiosity, perché tutto il mondo è coinvolto nel conseguimento di un obiettivo condiviso tramite la reiterazione di una singola azione.
Un’operazione titanica, impossibile per un solo uomo ma che diventa fattibile grazie al lavoro dei tre milioni e mezzo di appassionati che hanno già scaricato l’app del gioco. Impegnati nel tentativo di demolire il cubo più enigmatico di tutti i tempi, si sono registrati picchi di oltre diecimila «curiosi» in contemporanea, intenti a scavare la loro strada verso l’inafferrabile segreto che si nasconde sotto miliardi di blocchi.
Curiosity però è anche un gioco che è diventato un fenomeno sociale. C’è chi infatti si limita a distruggere «bulimicamente» i cubetti, chi invece «scalpella la superficie a formare disegni e frasi. C’è chi ha scritto affermazioni a sfondo politico, chi dichiarazioni d’amore, chi invece ha commemorato persone scomparse».
Delle dinamiche interattive che forse neanche lo stesso Molyneux si aspettava e che hanno portato i giocatori di Curiosity a dividersi in due fazioni. Ci sono «i distruttori, che nella foga eliminano disordinatamente tutto ciò che gli capita a tiro, e i pulitori, che riportano l’ordine cancellando i cubi sparsi per lo schermo».
C’è poi chi gioca a Curiosity per pochi minuti al giorno ma anche chi ha «passato 20 ore di fila a distruggere cubetti. O a creare bellissimi disegni, effimeri come quelli che si creano sulla sabbia, visto che ogni dieci ore circa le facce del cubo vengono distrutte». Uno sviluppo affascinante, se si pensa che l’azione di ogni persona comporta una reazione degli altri partecipanti. Tant’è che, racconta sorridendo lo stesso Molyneux, «c’è gente che si approfitta della libertà concessa da Curiosity per disegnare immagini oscene, subito trasformate da altri in opere d’arte con pochi ritocchi».
Vista la portata dell’impresa, viene da pensare che non tutti partecipino all’esperimento per scoprire il segreto che ci cela all’interno dell’ultimo cubo. Di oltre tre milioni e mezzo di persone, è ben difficile essere presenti online al momento giusto per dare l’ultimo colpo al monolite digitale. «Aspettate che il cubo diventi davvero piccolo, di sapere che manca poco alla sua distruzione, e vedrete come resterete incollati allo schermo per scoprire cosa c’è dentro», replica sornione Peter Molyneux.
Che sia un cubo a farci scoprire chi siamo veramente?
Stefano Silvestri