Giovanni Stringa Corriere della Sera 30/12/2012, 30 dicembre 2012
Secondo quanto immagina lo scrittore cileno Roberto Ampuero, Pablo Neruda era incerto se fossero le poesie o i figli, «l’inchiostro o il sangue», a potergli dare l’immortalità
Secondo quanto immagina lo scrittore cileno Roberto Ampuero, Pablo Neruda era incerto se fossero le poesie o i figli, «l’inchiostro o il sangue», a potergli dare l’immortalità. Non aveva previsto che l’arrivo di Twitter avrebbe risolto il problema, costruendo un tavolino a tre gambe virtuale grazie al quale i morti continuano a vivere. Certo, non è un fenomeno nuovo, per chi segue la rete, che i grandi del passato ci distribuiscano dall’aldilà pillole di sapere in 140 caratteri. Ma è abbastanza curioso, come ha notato per prima Deutsche Welle, che il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche sia una presenza costante nel panorama giornaliero dei cinguettii. Sono almeno una trentina gli account dai quali l’autore di Così parlò Zarathustra si affaccia nella nostra vita, perché, bene o male, Twitter si è preso una parte cospicua del tempo con il quale tentiamo di venire a patti quotidianamente. Nietzsche batte mostri sacri come Kant e Hegel o predecessori eloquenti come Schopenhauer. Ci bombarda di parole, in varie lingue. È inarrestabile. Qual è la ragione di questa sovraesposizione? Una è molto semplice. Gli aforismi di Nietzsche sembrano fatti apposta per essere twittati. La loro forza e la loro limpidezza non vengono messe in discussione da questo tipo di lettura. «L’uomo di conoscenza deve essere in grado non solo di amare i suoi nemici ma di odiare i suoi amici», ci suggerisce ieri il filosofo dall’account «NietzscheQuotes», seguito da 192.374 persone. È questo sembra essere, a occhio, uno dei più affidabili. Altrimenti si incontra di tutto, e Nietzsche viene tirato da ogni parte, soprattutto per qualsiasi delirio ispirato al nuovo totem del «politicamente scorretto». Questo è l’altro motivo del suo successo. Per fortuna, poche tracce di espliciti accostamenti acrobatici al pensiero autoritario del Novecento. Ci mancherebbe anche questo. Come ha giustamente scritto Claudio Magris «Nietzsche è stato a suo tempo letto e celebrato quale profeta del nazismo, cosa che fraintende radicalmente il suo pensiero». Ma in quello stesso articolo aggiungeva: «È meglio non leggere, piuttosto che leggere male». Paolo Lepri