Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 30/12/2012, 30 dicembre 2012
ROMA —
«Prima non c’era e ora c’è» dice — come facesse pubblicità a un prodigioso ritrovato — di Monti e della sua ascesa in campo, che l’ha politicamente folgorato. Mario Adinolfi, 41 anni, blogger e parlamentare uscente del Pd, non solo passa con l’ex premier, sulla scia di Ichino, ma invita i renziani a mollare Bersani e seguirlo nel nuovo raggruppamento. «Mi pare più ragionevole». Senza rimpianti: «Non ho l’istinto controriformista, piuttosto che sposare le politiche economiche di Fassina, prendo e vado con chi mi convince di più. Mi costa, metto tutto a rischio, con il Pd avevo un posto garantito».
Da campione di poker Texas Hold’em («Con due tavoli finali Wpt, a Venezia 2009 e Vienna 2011 ho messo in cascina 250 mila dollari») avrà valutato i rischi prima di fare il suo all in pro Monti. «Del resto ho sempre votato tutti i suoi provvedimenti e con convinzione, non con il mal di pancia, come altri».
Primi passi nella Dc, presidente dei Giovani popolari, nell’esecutivo del Ppi, migrato nella Margherita, candidato premier alle primarie del Pd nel 2007, deputato, Adinolfi non si sente né incostante né traditore: «Non credo nel partito-chiesa. Nessuno se l’è presa con me, su Twitter Gentiloni ha detto che capisce le mie ragioni». La stima per il Professore pare sia ricambiata. «Sì, è vero». Si candida? «Mi è stata chiesta la disponibilità e l’ho data, per ora siamo nel frullatore». Lui così poco montiano nel look: zazzera, occhialini, barba, jeans e felpa xxl, scarpacce, altro che loden. «Spero di rappresentare un tocco sbarazzino, credo alla politica fatta con il sorriso».
Del suo nuovo leader apprezza soprattutto tre cose. «La riforma delle pensioni, la più grande vittoria di questo governo, mentre al Pd già pensano di fare marcia indietro. L’attenzione per i giovani, quelli nati dopo il 1970: Monti è l’unico che parla di equità generazionale. E la serietà personale, lui ha un profilo di cinque spanne più alto, superiore a chiunque». Ritrovarsi con Casini o Montezemolo, così diversi da lui, non lo smonta: «Di là c’è Vendola e mi pare peggio».
E se anche il suo status di montiano dovesse richiedere un minimo di restyling «non c’è problema. Non sarò un professore della Bocconi ma un paio di volte in vita mia la cravatta l’ho messa. Una alla Camera, dovevo parlare di Europa. Certo, sembravo un invitato a un matrimonio». Prestata? «No, mia». Chi ha fatto il nodo? «Silvia, la mia compagna. Non ama troppo la mia verve in fatto di abbigliamento, ora sarà contenta».
Giovanna Cavalli