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 2012  dicembre 30 Domenica calendario

ROMA —

Via dei Prefetti, angolo via Metastasio. Un ristorante specializzato in succulenti menù a base di mozzarella. Una tavolata di politici che, un tempo, furono di strettissima osservanza berlusconiana.
C’è Isabella Bertolini, una forzista della prim’ora, all’epoca davvero una dura e pura, e poi ci sono Gaetano Pecorella e Roberto Tortoli, Alfredo Mantovano e Giorgio Stracquadanio (se si esclude Mantovano, sono tutti componenti di «Italia libera»: il movimento che dieci ex pidiellini hanno costituito nel gruppo misto alla Camera).
Si stanno scambiando gli auguri per il nuovo anno?
No.
Stracquadanio fa un po’ il vago. «Ci sarebbe ancora un po’ di burrata?».
Ma poi le facce e il tono della voce basso (siamo a due passi da Montecitorio, e non puoi mai sapere chi è seduto nel tavolo dietro al tuo) sono piuttosto eloquenti.
«Okay, va bene: stiamo ragionando, riflettendo, ipotizzando su cosa sia più opportuno fare nei prossimi giorni», ammette alla fine Stracquadanio (che mollò Berlusconi già a luglio, esausto e deluso, lui che pure l’aveva difeso sempre, persino nei giorni cupi dei bunga bunga).
Può essere più preciso?
«Allora: noi siamo usciti dal Pdl sperando in una rifondazione del centrodestra e, a questo punto, siamo tutti con Monti e con la sua Agenda. L’abbiamo spiegato in un comunicato e scritto nel blog che abbiamo sull’Huffington Post. Ora però c’è il problema delle liste».
Prosegua.
«Monti stesso sostiene che per lui la lista unica anche alla Camera sarebbe la soluzione più efficace. Solo che Casini vuole andare per conto suo, e al massimo, come sappiamo, può accorparsi con Fini... poi c’è la lista di Montezemolo...».
Insomma voi rischiate di restare fuori dai giochi.
«No, guardi: che noi si resti tagliati fuori è escluso. Primo: perché dopo le elezioni il Pdl tirerà le cuoia definitivamente, e quindi uno spazio politico da ricostruire non solo c’è, ma ci sarà anche dopo a maggior ragione. Secondo, perché magari possiamo dar vita noi stessi a una lista di sostegno a Monti...».
Non fosse che suona male, si potrebbe titolare dicendo che stanno stringendo «il patto della mozzarella» (o della burrata). Il gruppetto spiega che il loro pontiere tra i montiani è Mario Mauro, e che ai dieci di «Italia libera» è opportuno aggiungere oltre a Mantovano, che è già qui attovagliato (cit. Dagospia), anche altri ex pidiellini, a cominciare da Frattini e Cazzola, «con i quali ci teniamo in contatto strettissimo».
La Bertolini ci mette un filo di polemica.
«No, ecco... vorrei solo dire che non siamo dei poveri profughi, come qualche giornale della famiglia Berlusconi tende a definirci... siamo invece gente che fa politica sul territorio da vent’anni e non ci spaventa il rischio di non essere rieletti: perché a noi interessa ricostruire il centrodestra e aiutare Monti. E per questo siamo pronti a metterci la faccia. Sia con una lista nostra, sia in un listone unico alla Camera, che sarebbe la soluzione più strategica».
Quest’idea di un listone alla Camera continua a piacere proprio tanto tra quelli che, vedendo arrivare la carrozza di Monti, e non in familiarità con i tre cocchieri (Casini, Montezemolo e Fini) temono di non riuscire a salir su.
Piace, per dire, anche a quattro che, pur di farsi trovare pronti al passaggio della carrozza, non hanno esitato a lasciare il Pd. Sono: Lucio D’Ubaldo, Benedetto Adragna, Giampaolo Fogliardi e Flavio Pertoldi (avrebbero persino registrato un logo: «Popolari democratici»).
D’Ubaldo (viene dalla Margherita) ha quel modo pratico di ragionare che lascia nella melassa dialettica molti suoi colleghi.
«Sa cosa farei io se fossi Monti?».
Cosa farebbe?
«Io conterei le liste che, intorno a lui, si stanno formando. Allora: ci siamo noi, perché è chiaro che noi una lista siamo pronti a farla. Poi c’è quella di Casini, quindi c’è quella di Fini, posto che Fini non pensi di accorparsi con Casini... poi ancora c’è Montezemolo... A quante liste siamo?».
A quattro: ma ha dimenticato la lista che sono pronti a varare pure gli ex pdl, come Bertolini e Stracquadanio.
«Eh... Insomma: se Monti si mette a contare, io credo che finirà anche con il ragionare sul rischio pratico, concreto, che una eccessiva frammentazione può comportare».
Quindi lei pensa che...
«Guardi, io e Adragna l’abbiamo spiegato con chiarezza in un articolo pubblicato dal Foglio: Monti cita De Gasperi, no? Ebbene, al pari di De Gasperi egli ha la responsabilità di chiamare a raccolta uomini e donne di questo Paese che intendono concorrere alla ricostruzione di un’Italia civile e moderna...».
Le parole sono queste, in un miscuglio diffuso (tra ex pdl ed ex pd) di ansia, speranza e timore. I bacilli che alimentano il terribile virus dell’incertezza.
Nelle ultime ore, il virus si sarebbe diffuso anche nel corpo molle (ed elettoralmente debole) di Fli.
C’è infatti questa voce che Fini, volentieri, andrebbe in lista con l’Udc (chiedendo di portarsi solo quattro, cinque dei suoi).
Italo Bocchino, lei è sicuro di esserci? Teme che...
«Io non temo proprio niente!».
Fabrizio Roncone