Federico Fubini, Corriere della Sera 28/12/2012, 28 dicembre 2012
I PROTAGONISTI SUI TITOLI DI STATO? LE BANCHE
Se i piccoli risparmiatori hanno guadagnato bene sui Btp nel 2012, possono ringraziare una categoria che non amano molto: i banchieri. Anche quest’anno gli istituti italiani sono stati protagonisti nel mercato dei titoli di Stato. Non lo sono stati altrettanto nel credito alle famiglie o alle imprese, ma questa in parte è solo l’altra faccia della stessa medaglia. L’ultimo bollettino «Moneta e banche» della Banca d’Italia conferma una tendenza in accelerazione da anni. Le banche italiane sono sempre più investite in titoli del Tesoro. A ottobre di quest’anno (ultimi dati) la loro esposizione in Bot, Cct, Btp e Ctz era a 340 miliardi di euro, un aumento di 132 miliardi — del 63% — rispetto allo stesso mese di un anno fa. Anche negli ultimi mesi la propensione delle banche a comprare obbligazioni pubbliche si è accentuata: da agosto a ottobre la loro esposizione è cresciuta di 24 miliardi. Ormai la salute delle banche e quella dello Stato sono legate a doppio filo, in una condizione di dipendenza reciproca. Nel frattempo, gli istituti hanno ridotto il credito alle imprese e alle famiglie. L’Abi, Associazione bancaria italiana, registra a ottobre 2012 un calo annuo del 3,9% dei prestiti alle aziende; gli impieghi a favore del settore privato sono scesi di circa 42 miliardi in dodici mesi. Insomma le banche offrono sempre più credito allo Stato (facendo salire il valore dei Btp) mentre ne concedono meno alle imprese e alle famiglie (contribuendo alla recessione). I due fenomeni sono legati? Solo in parte, sì. Non perché gli istituti rischino di esaurire le risorse comprando obbligazioni statali, dato che la liquidità per loro da parte della Banca centrale europea resta potenzialmente illimitata. Piuttosto, guadagnando con i Btp, le banche sembrano impegnate a cercar di coprire le perdite sui crediti alle imprese. Secondo l’Abi l’aumento delle sofferenze su crediti ai privati è stato di 17 miliardi in un anno (più 16,6%). Anche per questo nel 2012 gli istituti hanno aumentato l’esposizione in titoli sovrani, cercando di guadagnare sugli alti rendimenti. Ma poiché sono rimasti prudenti e hanno puntato su scadenze in media non molto oltre i tre anni — la stessa durata a cui si sono finanziati in Bce — nel 2012 devono aver avuto in aggregato plusvalenze di due o tre miliardi in più con i nuovi bond messi in bilancio. Se è questa la strada scelta per compensare le sofferenze e far ripartire il credito, servirà ancora un bel po’ di tempo.
Federico Fubini