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 2012  dicembre 28 Venerdì calendario

L’«INCANDIDABILE» CESA: IO FUORI? LO SAPREI. E CIOCCHETTI: HO PRESO 30MILA PREFERENZE —

L’«INCANDIDABILE» CESA: IO FUORI? LO SAPREI. E CIOCCHETTI: HO PRESO 30MILA PREFERENZE — Mario Monti, liste, la storia dei cosiddetti «incandidabili».
Lorenzo Cesa ha il sospetto d’essere finito dentro a questa storia.
La telefonata non lo sorprende.
«E cosa vuole che le dica? Mi metterò a fare un altro lavoro...».
Non mette giù, non si sottrae, non modifica il tono della voce.
Il segretario dell’Udc — 61 anni, da Arcinazzo Romano — non è tipo da perdere il controllo della scena. Ne ha viste tante, ne ha vissute tante. Democristiano da giovane, portaborse prima di Toni Bisaglia, poi del doroteo bresciano Gianni Prandini, accumula incarichi, s’insinua, il suo temperamento timido e impacciato negli anni della Prima Repubblica era una garanzia assoluta. Per colpa di Prandini resta però incagliato nello scandalo Anas e Wikipedia, la libera enciclopedia del web, per questo, adesso, gli dedica il tremendo capitolo «Procedimenti giudiziari».
Nel 1993 Cesa è infatti accusato di aver incassato tangenti per conto di Prandini, si dà alla macchia per due giorni e due notti, poi si consegna spontaneamente al pubblico ministero, che lo lascia al fresco per una settimana. Il tempo necessario per riflettere e decidere che è meglio collaborare.
Nel 2001 arriva la condanna in primo grado a 3 anni e 3 mesi di reclusione per «corruzione aggravata». L’anno dopo, la condanna è però annullata dalla Corte d’Appello che rileva un vizio di forma; e, pochi mesi più tardi, il reato addirittura evapora per prescrizione (negli anni a seguire, poi, Cesa uscirà indenne anche da una vicenda di finanziamenti europei incassati in modo sospetto da un’azienda di cui era socio).
«Mah... Io dico che comunque sono certi giornali che si divertono a diffondere sospetti...».
In che senso, onorevole Cesa?
«Nel senso che io ho incontrato Monti un sacco di volte e... beh, sì, insomma: credo che una persona corretta come lui, se davvero avesse avuto qualcosa da dirmi, me l’avrebbe detta».
Magari ci sono cose che, per delicatezza, non si riescono a dire in faccia.
«Uhhh... che noia queste chiacchiere... Senta: lo sa quanti amministratori locali ho sulle spalle?».
No.
«Oltre cinquemila».
Capito. Però...
«No no, aspetti... E sa l’ultimo sondaggio, poche ore fa, a quanto dava il mio partito? Al 5,8%... Perciò, dico: con cifre di questo tipo, vogliamo ancora parlare di stupidaggini, o vogliamo ragionare su come concludere la costruzione di un grande centro che noi dell’Udc, per primi, abbiamo coraggiosamente avviato?».
Lei preferirebbe un listone Monti o...
«Non mi interessano, questi dettagli».
Cesa li definisce dettagli ma il suo collega di partito Luciano Ciocchetti detto «Lucianone», ex vicepresidente della Regione Lazio nei tragici mesi in cui imperversava Franco Batman Fiorito, ha invece idee piuttosto chiare.
«Meglio, molto meglio un bel listone composto da persone specchiate, selezionate, indiscutibili».
Dice proprio così: come se niente fosse.
Furbo, veloce, spregiudicato.
Ciocchetti pure nasce democristiano, ma è un democristiano diverso da Cesa: non ha fatto carriera nei corridoi dei ministeri, ma si è girato pazientemente tutti gli oratori di Roma e del Lazio, e anche gli ospedali, e i depositi della nettezza urbana, e i cantieri, e le stazioncine ferroviarie, e ha sempre avuto una parolina buona e una promessa di buona politica per tutti, per i giovani e per gli anziani, per i disoccupati e per gli impiegati, per i preti e per i chierichetti, e ride quando gli dicono che assomiglia al comico Martufello, e se non ride non ti farà mai capire che sta perdendo la pazienza.
Come ora, al telefono (sa bene che, in queste ore, non è una telefonata qualsiasi, su un argomento qualsiasi).
«Scusi, mi perdoni: qual è il problema? No, perché io non ho scheletri nell’armadio, casomai ho...».
Coraggio, Ciocchetti, lo dica...
«Lo sa: ho 30 mila preferenze contate alle Europee del 2009. E sottolineo preferenze: nel senso che 30 mila persone sono andate e hanno scritto "Cio-cche-tti" sulla scheda elettorale».
Quindi?
«Quindi io sono tranquillo... Ma proprio tranquillo... Cioè più tranquillo di così non potrei essere, giuro».
Fabrizio Roncone