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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

L’OLANDESE DI FERRO

[FRANKLIN D. ROOSEVELT]

Beniamino de Ritis – Corriere della Sera, 10 novembre 1932

IL VOTO DI IERI VIENE INTERPRETATO come una protesta contro i tre anni di paralisi economica, di fallimenti bancari, di liquidazioni agrarie e di disoccupazione, e come un atto di fiducia nel futuro e di desiderio di ciò che Franklin Delano Roosevelt riassume nell’espressione New Deal, nuovo sistema. Il ciclone, che ha avuto per epicentro il West, si è propagato nell’intero continente, risparmiando solo poche posizioni nelle cittadelle repubblicane del New England e della Pennsylvania. Nessuno di coloro che ieri hanno votato contro Herbert Clark Hoover ne misconosce la vasta intelligenza, la rettitudine, la prodigiosa abilità organizzativa, il patriottismo. Ma Hoover (presidente dal 1929 al 1933, ndr) ha avuto la sfortuna contro, o, più precisamente, la sfortuna è entrata alla Casa Bianca nove mesi dopo la sua elezione e vi si è insediata da padrona. Hoover è stato l’amministratore della sventura. Non è colpa sua. Ma il popolo lo identifica con la crisi, come nel 1928 lo aveva identificato con la prosperità. Franklin D. Roosevelt è nato il 30 gennaio 1882 nel piccolo villaggio di Hyde Park, nella contea di Dutchess, Stato di New York. I suoi antenati, olandesi, si stabilirono in America nel 1648 nelle vicinanze del villaggio di Nieuw Amsterdam che è diventato poi la città di New York. Suo padre, James Roosevelt, era, al momento della morte, avvenuta nel 1900, vicepresidente della Delaware & Hudson Company.
Il nuovo presidente, prima di essere mandato a frequentare le scuole di Groton, aveva avuto una solida educazione in famiglia, senza tuttavia rivelare nessuna vocazione speciale che potesse fare prevedere il futuro brillante avvocato e uomo politico. Licenziatosi da Harvard nel 1904, si iscrisse all’Università di Columbia e fu ammesso nell’albo degli avvocati di New York nel 1907. Fece esperienza nello studio legale Carter Ledyard & Milburn e nel 1910 entrò a far parte, come socio, della ditta legale Marvin, Hooker & Roosevelt, in Wall Street, con la quale è rimasto fino a pochi anni or sono. Cominciò quasi subito a interessarsi di politica, ma la sua prima elezione m quasi casuale. La contea di Dutchess era stata rappresentata al Senato dello Stato di New York per gli ultimi 28 anni da esponenti del Partito repubblicano e la nomina di un altro candidato dello stesso partito sembrava così sicura che nessuno volle accettare la candidatura democratica. Tre giorni prima della convention senatoriale, il sindaco di Poughkeepsie e altri preminenti democratici del distretto offersero al giovane Roosevelt la candidatura, che egli accettò senz’altro. In pochi giorni percorse in automobile tutto il territorio del distretto, avvenimento preelettorale assolutamente inedito allora, facendo discorsi infuocati e chiedendo agli elettori di mettere alla prova un uomo del loro paese. Era giovanissimo allora, di bell’aspetto, aitante (non aveva ancora avuto l’infermità che gli tolse l’uso delle gambe), entusiasta e portava un nome che era un talismano.
Gli avversari non lo presero sul serio, ma gli elettori sì: le urne lo mandarono senatore ad Albany. Non aveva ancora 30 anni. Ebbe subito modo di gettarsi a capofitto in una indimenticabile battaglia politica contro l’allora potente senatore William F. Sheehan, e la vinse. Fin da quel giorno assunse un atteggiamento indipendente dalla Tammany Hall (organizzazione collegata al Partito democratico, con sede a New York e attiva dal 1789 alla fine degli anni Sessanta, che per decenni controllò le politiche della città, venendo spesso accusata di corruzione, ndr), ma si accorse che il gioco politico non valeva granché e decise di ritirarsi nella pratica legale del suo studio, non appena fosse finita la legislatura. Avvenne, però, che certe cricche formatesi nel suo distretto, per demolirlo, lo spinsero nuovamente a entrare nella lotta, da cui uscì ancora vittorioso con una maggioranza travolgente. Ritornò nel Senato di Albany nel 1912. Thomas Woodrow Wilson lo chiamò nel marzo successivo a Washington, al posto di sottosegretario di Stato alla Marina, e ancora oggi gli alti ufficiali della flotta americana ricordano Roosevelt come il più solido sostegno dell’organizzazione durante la guerra. Terminata l’epoca wilsoniana, nel 1921 Roosevelt aveva aperta dinanzi a sé una sicura carriera politica. Un giorno purtroppo, in seguito a un bagno nelle acque fredde della baia di Fundy, fu colpito da poliomielite, che gli tolse per vari anni l’uso delle gambe (alcuni studiosi sostengono che si trattò della sindrome di Guillain-Barré, una malattia autoimmune, ndr). Di temperamento gioviale e di carattere fortissimo, la sua serenità non gli venne mai meno e sopportò l’infermità, che avrebbe demolito qualsiasi altro uomo, con vero stoicismo. Avendo scoperto le qualità curative delle sorgenti di Hot Springs, in Georgia, vi fece erigere uno stabilimento, dove si reca ogni anno per la sua cura. Per quanto molto migliorato, è ancora costretto a camminare appoggiandosi a due bastoni. Dopo un’assenza di alcuni anni, quantunque ancora immobilizzato, riprese la pratica legale a New York.
CAMMINAVA CON LE STAMPELLE quando nel 1928 pronunziò alla convention democratica un memorabile discorso che valse ad Alfred Emanuel "Al" Smith la candidatura alla presidenza. Nell’anno stesso venne quasi a forza persuaso ad accettare la candidatura al governatorato dello Stato di New York, nel quale ufficio dimostrò grande energia e molta abilità. La sua posizione in quello Stato era difficilissima, data la preponderante influenza della Tammany, con la quale venne a patti per diverso tempo; ma quando si accorse che quella voleva imporsi sulla sua volontà, ruppe i ponti. Tutti ricordano il caso del sindaco James John Walker, che malgrado l’appoggio della Tammany ha dovuto rassegnare le dimissioni (fu accusato di corruzione, ndr). Franklin Roosevelt è sesto cugino di Theodore Roosevelt, per otto anni presidente repubblicano degli Stati Uniti, di cui ha sposato una nipote, Eleanor, dalla quale ebbe cinque figli (sei, ma uno morì presto, ndr). Dai suoi nemici è accusato di temperamento debole e incerto; eppure, malgrado la malattia, ha saputo con la volontà riguadagnare tutto il terreno perduto nei lunghi anni di assenza. Certo egli è ancora un enigma per i suoi stessi amici in quanto non si è pronunciato mai su questioni di importanza nazionale e internazionale. Le cariche da lui ricoperte avevano un raggio di azione limitato e locale, e nessuno può dire quale sarà il suo atteggiamento di fronte ai ponderosi problemi che l’attendono. I suoi amici hanno molta fiducia in lui e gli elettori degli Stati Uniti hanno dimostrato, inviandolo alla Casa Bianca, di averne altrettanta. La vita di Roosevelt può considerarsi una successione di casi fortunati, se non è la conseguenza di una volontà che non ha mai cercato di manifestarsi clamorosamente. In un discorso a Los Angeles ha detto agli elettori: «Vi chiedo di giudicarmi dal numero dei miei nemici (che sono molti)».