Decca Aitkenhead, Panorama 27/12/2012, 27 dicembre 2012
IL SIGNOR V
La dedizione di Valentino alla bellezza è leggendaria: in fondo è un uomo che si avvale dei servizi di un calligrafo professionista ogni volta che organizza una festa e sia necessario modificare la disposizione dei posti all’ultimo minuto. La mitologia dei suoi eccessi è talmente fantastica che mi aspetto quasi di scoprire che si tratta solo di un sofisticato scherzo. Poi però una pesante porta si apre e lui fa il suo ingresso.
Valentino ha un aspetto del tutto diverso da qualsiasi persona comune io abbia mai visto e non dà neppure la minima impressione di volersi considerare tale. La carriera dell’ultimo esponente della generazione dell’alta moda ha abbracciato quasi 50 anni, durante i quali ha vestito praticamente tutte le donne più belle del mondo, prima del ritiro avvenuto nel 2008. Ora alcuni suoi modelli sono in mostra alla Somerset House di Londra: un’esposizione, come lui stesso ha precisato, «semplicemente sensazionale. Bellissima, davvero magnifica. Ho scelto 140 vestiti, alcuni dei quali assolutamente inediti». Provengono infatti dalla sua collezione privata.
Al solo pensiero sembra perdersi in una piccola estasi di piacere, che provvedo innocentemente a interrompere: Sono gli abiti rimasti invenduti? «No, no, no, noooooo! No, no, no...». Mi scruta con attenzione, rendendosi pienamente conto della mia presenza per la prima volta, indeciso se punirmi per la mia impertinenza o compatirmi per la mia ignoranza. Penso che opti per quest’ultima possibilità, perché comincia a sogghignare. «No, no, no, no». Ed è praticamente l’ultima domanda che sembra sentire per la successiva mezz’ora.
Per esempio: «Mia cara, devo ammettere di sentirmi proprio soddisfatto per essermi fermato all’ultimo momento. Perché pensavo di avere ormai raggiunto ogni obiettivo. Dopo 45 anni avevo fatto di tutto, avevo realizzato tutte le collezioni che avevo in mente e alla fine (o fortunatamente, ndr), quando mi sono ritirato, la situazione mondiale non era granché buona. Le case di moda vendono meno, non va bene».
Valentino va a ruota libera, non c’è correlazione tra le mie domande e le sue risposte. La mia domanda infatti era stata: perché tanti stilisti creano abiti che conferiscono alle donne un aspetto stravagante, anziché renderle belle? Valentino sembra avere poca familiarità con le dinamiche dell’intervista. La considera più come un’udienza, in cui le domande gli servono da spunto per approfondire la sua eccezionalità, compito che svolge con entusiasmo e una spigliata millanteria rara in soggetti di età superiore ai 4 anni. E la cosa divertente è che il suo narcisismo è affascinante quanto quello di un bambino che muove i primi passi, contagioso, tenero e assolutamente fuori dal mondo.
Nell’universo di Valentino la bellezza non può mai essere problematica, tanto meno politica, e la perfezione estetica è l’unico assoluto morale. Nell’accorgersi che il suo divano è occupato da un’eretica trasandata, con una visione del mondo diversa dalla sua, sembra in un primo momento educatamente sconcertato, quindi curioso. Infine, con nostra reciproca sorpresa, una domanda attira il suo interesse.
Che cosa pensa della campagna per escludere dalle sfilate le modelle pericolosamente sottopeso?
Beh, se ne è sempre parlato, poi la stampa ha insistito perché non si vedessero più quelle ragazze, che non pesano nulla e sono, a modo loro, senza sostanza. Abbiamo cercato, non io, ma qualcuno ha cercato di far sfilare modelle più in carne». Si interrompe con un’espressione di raggelante disgusto, come un bambino obbligato a mangiare i broccoli. E continua: «Non può funzionare. Sa perché? Perché quando mostri un modello per la prima volta e con la tua creazione, con la tua mente, vuoi realizzare abiti, non devi sentirti obbligato a procedere in un determinato modo. Se lo fai per un corpo più pieno, non puoi esprimerti come desideri. Se vuoi aggiungere qualcosa su un lato o cambiare un particolare sull’altro e il corpo non è… (e con le mani delinea un palo invisibile, ndr) niente, non si può fare. Questo è il motivo. Quando mostri una creazione per la prima volta, la ragazza deve essere come un sogno. Puoi permetterti di tutto: fiocchi, increspature, volant, di tutto. Di tutto! È così. Sì, le ragazze amano vedere le sfilate perché possono ammirare un sogno sulla passerella: un abito è come un sogno. Ed è questo che ho creato per tutta la vita. Questo è ciò che ho assorbito da sempre. Ed è così che sono diventato un gran perfezionista. Per il mio lavoro, per le case, per tutto, non vuoi vedere altro che bellezza, bellezza, bellezza, bellezza, bellezza. Sono fatto così.
Se attribuisce tutta questa importanza ai bei vestiti, la offende vedere persone trasandate come me?
Lo ammetto, mi disturba molto ciò che vedo quando vado a teatro a New York o a Londra, meno in Francia o in Italia. L’altra sera a New York sono andato a vedere non ricordo quale concerto o pièce teatrale, ma ho cominciato a guardarmi intorno e improvvisamente ho notato una persona davanti a me. Giuro, indossava una T-shirt non molto…
Ben tagliata?
Ben tagliata... (rabbrividisce). No, non molto pulita. E bermuda corti, con infradito ai piedi! (rimane raggelato in una sorta di orrore teatrale).
Come si è sentito?
Mi ha disturbato parecchio. E mi disturba di più qui in Gran Bretagna, per esempio, perché amo moltissimo questo paese. E amo la tradizione. Vorrei rivedere Downton Abbey, lo desidero tanto. Ma quando si pensa agli inglesi e alle loro case di campagna... Lei è inglese, deve sapere che moltissime persone trascorrono il sabato sera in smoking e abito elegante. Lo sa o no?
Le confesso di non conoscere nessuno che indossi lo smoking ogni sabato sera.
Oh no, conosco moltissime persone che lo fanno. Hanno case bellissime. Questo paese è pieno di case bellissime. Fantastiche (Valentino sembra costernato).
L’uomo in infradito potrebbe sostenere che l’importante è godersi il teatro, non l’abbigliamento che si ha indosso...
(Forse Valentino resterebbe meno turbato dalla visione di serpenti che mi schizzano dalle orecchie, che non da questa pazza seduta sul suo divano. Sembra abbattuto, poi parla con magnanimità) È possibile indossare un paio di blue jeans e un maglione nero, va bene? Sì, per una donna è molto più facile. Ma un uomo non può presentarsi in braghe corte e infradito. Ma per piacere, no, no... (Non sono certa di cosa gli risulti più sgradevole: dover considerare l’uomo in infradito o essere invitato a cercare di condividerne il modo di pensare. Immagino sia quest’ultima opzione a metterlo maggiormente in difficoltà, a giudicare dalla gioia scherzosa che dimostra quando la conversazione verte nuovamente sul suo senso dell’abbigliamento). Decido sempre cosa mettere la sera prima.
Quando è stata l’ultima volta che ha indossato un capo acquistato in un’importante catena di negozi?
Ah, sì, sì. Sempre, sì.
Seriamente?
No, forse ha ragione lei. E scoppiamo a ridere. È come se la sua identità di maestro dell’alta moda fosse un raro germoglio esotico cui dedicare le nostre amorevoli cure: la cosa divertente è scoprire di volerlo fare davvero. «Quando sono in città mi vesto così. Per strada mi accorgo che i passanti mi osservano con attenzione e pensano: dove va quest’uomo, così ben vestito? Le masse non possono giudicare, ma, mi creda, anche se non hanno begli abiti o grandi stilisti, adorano ammirarli».
Davanti all’utilizzo casuale del termine masse, anche l’abitudine dell’attrice Liz Hurley di definire «civili» le non celebrità sembra un’espressione positivamente egalitaria. «Ma, devo ammetterlo, quando vedo le masse uscire dalla metropolitana, tutti vestiti di nero, grigio, nero e grigio, mi si blocca il respiro». E finge di boccheggiare.
Povera me, commento, abbassando lo sguardo. Sono proprio vestita di nero e grigio. Valentino studia i miei abiti per un momento, quindi alza gli occhi benevolo. «Devo proprio dirlo. Per tutta la vita, e non solo perché sono uno stilista, ma per carattere, anche se non so cosa mi abbia reso così, non ho mai prestato molta attenzione a ciò che non mi piace».
Quindi, se qualcuno è vestito male, si limita a ignorarlo?
Sì, lo ignoro. Sono fatto così.
Confesso di trovare il linguaggio della moda assolutamente impenetrabile e gli chiedo aiuto, leggo una citazione dal sito web di Valentino, che descrive la collezione per la nuova stagione: «Gli abiti sono sublimazione di forze e figure ancestrali». Sa cosa significhi?
(Sembra perplesso). No.
E cosa può dirmi della frase «L’occhio in globetrotting, alla ricerca delle radici. La riscoperta del fascino locale che si traduce in sintesi globale»?
(Scrolla le spalle, sorpreso). Non ne ho idea. Qualcuno ha scritto queste cose. Non capisco neanche me stesso... (ridacchiamo entrambi) non capisco, mi dispiace.
Una porta si apre ed entra, leggiadro, un assistente, che sono quasi sicura sia rimasto dietro la porta ad ascoltare l’intera intervista: è infatti sorpreso, quanto noi, dell’atmosfera di agio totale. L’udienza è terminata. Con un ultimo gesto di galanteria, Valentino mi saluta con il complimento più alto che possa esprimere: «Lei è piuttosto chic, a modo suo».