Daniela Mattalia, Panorama 27/12/2012, 27 dicembre 2012
BASTERÀ UN PRELIEVO PER SAPERE TUTTO DEL NASCITURO
Per ora sono pochi i centri che offrono questa possibilità, domani sarà quasi routine: analizzare l’intero genoma di un bambino prima ancora che nasca, attraverso un semplice prelievo di sangue materno (dal quale si ricava il dna del feto). I primi a ottenere il risultato sono stati, quest’estate, ricercatori dell’Università di Seattle e Hong Kong, su due future madri, alla 8a e alla 18a settimana di gravidanza. Obiettivo: individuare con un esame che non è invasivo (al contrario dell’amniocentesi e dell’esame dei villi coriali) eventuali anomalie genetiche causa di malattie, fra tutte la sindrome di Down e altre trisomie.
«Oggi, lo studio dei cromosomi per identificare nel feto queste patologie si fa già in alcuni centri di Germania, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Svizzera, e in Cina. Da noi lo si sta studiando. E sono test molto attendibili» dice Maurizio Ferrari, a capo dell’Unità di genomica per la diagnosi delle patologie umane al Centro di genomica traslazionale e bioinformatica del San Raffaele (Milano). Nel giro di 2 o 3 anni, con i nuovi metodi di sequenziamento del genoma sarà possibile «vedere» (sempre prelevando il sangue della donna) sia le mutazioni paterne sia quelle materne che il feto ha ereditato.
Negli Stati Uniti, dove il sequenziamento del genoma è assai di moda, c’è chi si spinge a previsioni entusiastiche. Eric Topol, medico e autore del libro The creative destruction of medicine, sostiene che «il prossimo passo verso una vera prevenzione è sequenziare l’intero genoma di un feto il prima possibile». Secondo Topol, si potrebbe scoprire la predisposizione a diverse malattie, per esempio rare patologie metaboliche o la sindrome della morte improvvisa del neonato.
E dopo? Se fosse possibile individuare (e prima o poi lo sarà) in un individuo che sta ancora nella pancia della mamma la possibilità di malattie future, come il diabete, o l’Alzheimer, o il cancro al seno, sarebbe davvero un passo avanti? E in tal caso, cosa fare: continuare la gravidanza, interromperla? Problemi etici non da poco. «Sapere di un eventuale rischio, e sottolineo eventuale, attraverso la lettura del genoma è una cosa già discutibile adesso, negli adulti» commenta Ferrari. «Oggi indicazioni di questo tipo sono utili se rivelano la predisposizione certa a una malattia curabile. Ma sapere che il bambino che nascerà avrà, forse, un rischio un po’ aumentato di diabete o tumore a che serve? Il figlio non sarà malato, ma si finirà per percepirlo come tale. Ansie inutili».
(Daniela Mattalia)