Alberto Mantovani, l’Espresso 28/12/2012, 28 dicembre 2012
LI VINCERÀ UN’ARMA NUOVA
[TUMORI]
Il sistema immunitario, ovvero l’insieme delle nostre naturali armi di difesa, è estremamente sofisticato e complesso. Sovraintende all’armonico funzionamento dei componenti che contribuiscono al mantenimento di una vita ordinata dell’organismo, a partire dallo sviluppo embrionale, e ci protegge dalle aggressioni degli agenti esterni. Per anni ci siamo chiesti se fosse in grado di proteggerci anche dal cancro: mentre i microbi, infatti, sono diversi dalle cellule del nostro organismo, le cellule tumorali sono simili. La ricerca, clinica e preclinica, ha fugato ogni dubbio, dimostrando che il sistema immunitario svolge un ruolo essenziale nella lotta contro i tumori.
Elimination, equilibrium, escape, ovvero eliminazione, equilibrio e fuga, sono le tre fasi della guerra fra immunità e cancro. Le nostre difese naturali eliminano le cellule tumorali non appena queste si formano. Se così non fosse avremmo molti più tumori. A questa prima fase (elimination) ne segue una seconda, in cui le due “armate” si fronteggiano con equilibrio e il sistema immunitario riesce ancora a tenere sotto controllo il tumore. A conferma di ciò, recenti studi anche di Humanitas hanno dimostrato come, nel caso del cancro del colon, la presenza di un alto numero di cellule dell’immunità (linfociti T) ai margini del tumore del colon consente di predire un andamento clinico favorevole. La validazione di questo come un parametro che può aiutare la classificazione e guidare la terapia è ora oggetto di un grande sforzo cooperativo internazionale, il progetto ImmunoScore.
Nella terza fase della guerra, invece, i tumori mettono in atto strategie di deviazione delle difese immunitarie. È significativo il fatto che Douglas Hanahan e Robert Weinberg abbiano introdotto fra i “sigilli” del cancro, ovvero le caratteristiche che ne definiscono l’essenza (Cell, 2000 e 2011), la capacità di bloccare e sovvertire le risposte immunitarie e la costruzione di una nicchia ecologica infiammatoria che promuove la crescita tumorale. Alcune cellule dell’immunità, in particolare i linfociti T e i macrofagi presenti in grande quantità nei tumori, non solo non svolgono il proprio ruolo di difesa, ma aiutano lo sviluppo e la diffusione del cancro, come poliziotti corrotti che, anziché arrestare i malviventi, li aiutano coprendone le malefatte. Da queste osservazioni è nata un’attenzione crescente al microambiente infiammatorio che circonda la cellula tumorale, nel quale e grazie al quale essa prolifera e dissemina metastasi a distanza. Ciò ha aperto la strada a strategie alternative di lotta al cancro, mirate a colpire non solo il tumore ma anche il microambiente.
Utilizzare le straordinarie armi del sistema immunitario per combattere il cancro è un sogno lungo 100 anni: risale ai tempi di Paul Ehrlich, microbiologo tedesco premio Nobel per la Medicina, padre della chemioterapia. Personalmente mi considero un privilegiato, perché ho assistito all’inizio dell’avverarsi del sogno di utilizzare le armi immunologiche anche contro i tumori. Abbiamo imparato a usarne molte, che hanno dato - e si spera in futuro daranno sempre più - un contributo fondamentale, affiancando e completando gli approcci terapeutici tradizionali costituiti da chirurgia, chemio e radioterapia.
Gli anticorpi, innanzitutto. In particolare quelli monoclonali hanno rivoluzionato la diagnostica e cambiato la storia naturale dei linfomi e di alcuni tumori solidi, ad esempio colon e mammella. In futuro ci auguriamo migliorino sempre più la vita dei pazienti: tra i nuovi farmaci in sperimentazione, uno su tre è un anticorpo.
La nuova frontiera, poi, è coniugare a un anticorpo specifico contro una cellula tumorale un farmaco citotossico, veicolandolo direttamente contro il cancro e riducendone la tossicità sui tessuti sani. Negli Usa è entrato in uso clinico il primo “coniugato” per la cura di alcuni linfomi, in particolare di Hodgkin. Storicamente leucemie e linfomi hanno sempre fatto da apripista per nuove soluzioni terapeutiche anche contro i tumori solidi. Speriamo che ciò valga anche questa volta: dietro il primo anticorpo coniugato c’è una folta schiera di armi simili già entrate, o che entreranno, in sperimentazione.
Un altro componente del sistema immunitario che abbiamo imparato a utilizzare contro il cancro sono le citochine: le “parole” dell’immunità, ovvero segnali di comunicazione che consentono al sistema immunitario di funzionare e ne regolano la risposta. Alcune di queste “parole” sono entrate nell’uso clinico: i fattori di crescita emopoietici, che aiutano a contrastare gli effetti nocivi della chemioterapia, gli interferoni e l’interleuchina-2, usati per curare alcuni tipi di tumori come il melanoma.
Anche le cellule dell’immunità sono entrate a far parte dell’arsenale terapeutico contro i tumori. Le cosiddette terapie cellulari stanno muovendo i primi passi in clinica con risultati incoraggianti, ad esempio ancora una volta nei tumori del sistema emopoietico: oggi siamo infatti capaci di prelevare le cellule del sistema immunitario, farle crescere, educarle a un determinato scopo e poi reinfonderle nei pazienti. Alcune di queste cellule hanno la naturale capacità di uccidere: sono le Nk (Natural Killer), potenzialmente in grado di sopprimere il cancro ma disarmate dai tumori. La funzione di queste cellule è stata svelata grazie al contributo di ricercatori italiani, in particolare Lorenzo e Alessandro Moretta a Genova e Angela Santoni a Roma. In questo momento nel nostro Paese, grazie ad Airc, sono stati attivati protocolli innovativi di terapia cellulare delle leucemie basati sull’attivazione delle cellule Natural Killer, che vengono selezionate, prelevate e rieducate con l’obiettivo di aggredire le cellule tumorali. Reinfonderle nei pazienti significa dotarli di una vera e propria pattuglia armata contro il cancro.
Anche le terapie cellulari basate sui linfociti T, cellule dell’immunità che coordinano le nostre difese, stanno dando i primi risultati nei tumori ematologici. Alcuni protocolli di rieducazione dei linfociti T prevedono la loro ingegnerizzazione, ovvero la creazione in laboratorio di varianti in grado di riconoscere meglio la cellula tumorale.
Ancora, dalla consapevolezza che il sistema immunitario non aggredisce il cancro come dovrebbe stanno derivando nuovi approcci terapeutici, mirati a togliere alle nostre difese i freni che il tumore attiva. Attualmente queste terapie sono in fase di sperimentazione clinica ad esempio contro melanoma, cancro del pancreas, della vescica e dell’ovaio. Un anticorpo (anti-Ctla4) approvato negli Usa contro il melanoma funziona proprio bloccando Ctla4, uno dei freni molecolari che il tumore attiva per bloccare il sistema immunitario. E fanno ben sperare anche i risultati della prima sperimentazione clinica di anticorpi che tolgono altri freni al sistema immunitario (Pd1 e Pdl1) in tumori diversi, dal melanoma al cancro della prostata e del polmone.
Infine, contro il cancro abbiamo imparato a utilizzare i vaccini, forse l’arma immunologica per eccellenza. Sono già in uso clinico quello contro l’epatite B, efficace per prevenire questa malattia e i cancri del fegato causati dal virus che ne è responsabile, e quello contro il Papilloma virus (Hpv) che provoca il tumore della cervice uterina ed è probabilmente coinvolto anche in alcune neoplasie della gola. In particolare, il vaccino contro l’Hpv costituisce un grande passo avanti per la salute delle donne. Questo virus infatti causa ogni anno circa 250 mila morti nel mondo e 400 mila nuovi casi di cancro alla cervice dell’utero, il secondo tipo di tumore femminile più diffuso dopo quello della mammella. Il Papilloma Virus è un flagello per i Paesi ricchi, dove colpisce le fasce meno abbienti che ricorrono meno agli strumenti di diagnosi precoce come il Paptest, ma ancor di più per i Paesi poveri come America Latina e Africa. Indispensabile, quindi, sia condividere il vaccino anti-Hpv a livello globale, sia sensibilizzare le giovani donne sull’importanza del vaccino.
E se alcuni vaccini preventivi contro il cancro sono ormai realtà, la sfida ora è rappresentata da quelli terapeutici. Vaccini basati sull’identificazione e il riconoscimento, da parte del sistema immunitario, di strutture presenti sulla cellula tumorale, e sull’utilizzo di cellule sentinella (cellule dendritiche) capaci di riattivare la risposta immunitaria. Per ora è una speranza su cui si lavora in tutto il mondo: prove cliniche iniziali, nel cancro della prostata, suggeriscono che è una via percorribile, ma solo se capiremo meglio il funzionamento del sistema immunitario.
Direttore Scientifico Istituto Clinico Humanitas - Irccs e docente Università degli Studi di Milano