Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, la Repubblica 28/12/2012, 28 dicembre 2012
QUARANT’ANNI CONTRO LA MAFIA NEL FUTURO GIUSTIZIA O INTERNI “FINIRÒ IL LAVORO DI FALCONE”
Negli ultimi giorni, Piero Grasso l’ha ripetuto spesso agli amici più cari: «Devo completare il lavoro che Giovanni aveva iniziato a Roma e mettere mano alla legislazione antimafia, una volta e per tutte. Sarà il primo passo per una riforma organica della giustizia ». C’era anche Grasso con Giovanni Falcone al ministero della Giustizia in quella primavera del ‘92, ma il tritolo di Cosa nostra arrivò prima di qualsiasi progetto di riforma antimafia. Vent’anni dopo, il procuratore nazionale Piero Grasso ha deciso che per lui è venuto il momento di riaprire l’agenda Falcone dall’interno del Palazzo. Quell’agenda contiene ancora tante idee di grande attualità per migliorare il sistema giustizia: «Non sono iscritto ad alcun partito — ha confidato a un amico — ma adesso ho deciso di fare un percorso con chi mi garantisce che certi temi saranno all’ordine del giorno e che le riforme vere si faranno».
Qualche settimana fa, Pierluigi Bersani e Piero Grasso hanno parlato a lungo di giustizia: il procuratore era reduce da uno dei suoi viaggi in giro per il mondo, per conto dell’Onu aveva illustrato il modello antimafia italiano a magistrati e governanti del Sud America. «Ma noi sappiamo che si può fare di più», ha detto Grasso a Bersani. E così è iniziato un lungo scambio di idee fra il procuratore nazionale e il segretario del Pd. Fino alla svolta dei giorni scorsi, quando Grasso ha accettato la proposta di candidarsi come capolista al Senato per il Partito democratico. Dopo le elezioni, il magistrato siciliano potrebbe diventare ministro della Giustizia o dell’Interno. Al momento, sono partite due richieste al Csm: Grasso ha presentato non solo un’istanza di aspettativa elettorale, ma anche una domanda di pensionamento anticipato, a partire dalla fine di febbraio. «Dimissioni irrevocabili», precisano ambienti molto vicini al procuratore, che avrebbe potuto restare in servizio fino al gennaio 2020.
Sono stati giorni parecchio travagliati, se non sofferti, per il magistrato che da sette anni guida la procura antimafia, dopo aver diretto la procura di Palermo. Il primo gennaio compirà 68 anni, dei quali 43 passati in magistratura. A un amico ha raccontato che la stessa trepidazione provò nei giorni in cui gli offrirono di fare il giudice a latere del primo maxiprocesso a Cosa nostra. Tanti altri si erano tirati indietro. Neanche dieci anni dopo, Riina voleva far saltare in aria anche lui, dopo Falcone. «Mi ritengo un uomo fortunato», continua a scherzare Grasso ogni volta che rievoca i racconti dei pentiti che avevano già iniziato a pedinarlo. «Ironia della sorte, in questo momento mi sento come uno di quei mafiosi che tante volte ho convinto a parlare — ha detto sorridendo a un amico — dentro sento un vero e proprio maceramento, perché c’è da passare da un mondo all’altro. Alla fine, come sempre, metterò la mia faccia su tutte le mie scelte». L’ultimo pentito che Grasso ha convinto a saltare il fosso è stato Gaspare Spatuzza, che sta riscrivendo la verità sulle stragi del ‘92.
Dunque, Grasso sarà capolista al Senato per il Pd. Probabilmente, in Lombardia. Sembra esclusa la Sicilia. Questa condizione avrebbe posto il magistrato: «Ho diretto la Procura di Palermo, non posso trasformare i miei amministrati in antagonisti politici ». Il procuratore avrebbe avanzato anche un’altra condizione: «Conoscere i nomi che saranno in corsa alle primarie».
Lui che è considerato un socialista vecchio stampo per tradizione familiare e mai craxiano è stato anche consulente di un presidente della commissione antimafia del Pci, Gerardo Chiaromonte. Grasso si è sempre definito un «tecnico», e soprattutto «un magistrato libero di parlare da tecnico». Qualche mese fa, rimase parecchio amareggiato per le polemiche sorte dopo una sua intervista: ai microfoni della “Zanzara” di Radio 24 aveva detto che durante il governo Berlusconi erano aumentati i sequestri di beni mafiosi, per via di alcuni interventi legislativi. «Per questo darei un premio a Berlusconi», aveva dichiarato Grasso. Finendo sotto un fuoco di fila di critiche. «Ma il governo Berlusconi l’ho bocciato senza appello su altri fronti — spiegò in quei giorni ad amici e colleghi — basta ascoltare il seguito dell’intervista: avevo chiesto norme anticorruzione e antiriciclaggio, stiamo ancora aspettando ». In quell’intervista, Grasso parlò anche di Ingroia: «Fa politica, utilizzando la sua funzione, è sbagliato. Come ha sbagliato ad andare a parlare dal palco di un congresso di partito. Deve scegliere. E per me è tagliatissimo per fare politica». Ma prima è arrivato Grasso, con la sua domanda di dimissioni dalla magistratura.