Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 28/12/2012, 28 dicembre 2012
IL “MATTONCINO” DELLA RIPRESA DIVENTARE RICCHI CON IL LEGO
[Quando un gioco si trasforma in business: i pezzi quotati come in Borsa] –
L GIORNO che vi suggerirà di «investire nel mattoncino» non pensate che quello strano sia il vostro consulente finanziario. A perdere la brocca non è lui: è il mondo. Oggi il blog Brickpicker (brick=mattoncino) è strutturato come qualsiasi sito di investimenti finanziari.
E vi dà “in tempo reale” il valore della confezione di montaggio della locomotiva del mitico Emerald Night Train o quella di astronavi di Guerre Stellari modello Imperial Star Destroyer. Stiamo parlando del Lego, locomotive finte; e di una Borsa, soldi veri. Il Lego oggi è infatti protagonista di un mercato, bizzarro e inappuntabile, fatto di quotazioni, fixing, orsi, tori.
Quando, verso la metà del Novecento, pensatori come Johan Huizinga e Roger Caillois hanno incominciato a delineare una teoria del gioco uno scoglio era il divario fra la nozione disinteressata, gratuita e apparentemente “pura” di gioco e quella lucrativa e degenere rappresentata dal gioco con il denaro. Distinguerli, ma come? Oggi la domanda sarebbe: perché?
Prendiamo proprio il Lego. È da decenni che sembra combattere una battaglia impari contro le nuove abitudini dei bambini. Si è “contaminato” con l’elettronica, ha adottato ogni possibile strategia di marketing e finalmente pare aver azzeccato quella giusta. Consiste nel rinnovare il catalogo, togliendo dal mercato dopo pochi anni scatole o addirittura singoli pezzi di foggia particolare. Quando la gente non gioca più, incomincia a collezionare. La collezione è subito mercato. Il mercato è subito follia. L’Emerald Night Train che l’anno scorso costava 99 dollari ora si rivende a 203. Chi ne ha fatto incetta allora, oggi ride dei commenti sul Natale triste. Altro che fondi di investimento, valute cinesi, immobili in metropoli.
Cosa ne direbbe il protagonista del Cosmopolis di De-Lillo? Quali logiche conseguenze se ne potrebbero trarre a proposito della finanza contemporanea? Magari risponderà qualche “tecnico” oramai di ritorno alla professione. Ma certo nessuna ingiustificata altezzosità da economista può cancellare il sospetto che qualcosa di puerile, di nostalgico, di immateriale stia scuotendo le fondamenta del mondo e che Wall Street sia la versione diurna del pinocchiesco Campo dei Miracoli e della borgesiana lotteria di Babilonia.
I giochi sono entrati nella realtà, la realtà è entrata in gioco. E un redivivo Belushi forse oggi decreterebbe che «quando il duro si fa gioco, i giochi incominciano a durare ».