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 2012  dicembre 28 Venerdì calendario

FINE DI “REVOLUCIÓN”

[La malattia di Chávez apre nuovi scenari. E un cambio di stagione, da Cuba alla Bolivia] –
La data chiave è il 10 di gennaio, giorno nel quale Hugo Chávez dovrebbe giurare come presidente del Venezuela per altri sei anni, dopo aver trionfato alle elezioni dello scorso ottobre. Ma al momento tutto lascia pensare che quella cerimonia non si terrà, lasciando il Venezuela in una situazione assai incerta. La fine del “chavismo”, così come l’abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni, rischia di provocare un effetto a catena che cambierebbe il volto della regione. Almeno altri tre Paesi ne sarebbero direttamente coinvolti: per Cuba, Bolivia e Nicaragua, solidi alleati nel mito del socialismo bolivariano, o del XXI secolo – e molto dipendenti dai petrodollari di Chávez – il 2013 potrebbe diventare un anno drammatico. Ma gli effetti della fine di un’epoca si estenderebbero a tutti i Paesi vicini.
Vediamo quali sono gli scenari più probabili, al momento. Chávez è ancora ricoverato a Cuba, ha subìto la quarta operazione da quando gli è stato diagnosticato un grave tumore, un sarcoma, e l’intervento ha avuto serie complicazioni: emorragie, problemi renali, un’infezione respiratoria. Dalla reticenza ufficiale è filtrato qualcosa: l’operazione non sarebbe servita a estirpare il tumore, ormai in fase molto avanzata, ma soltanto a rimettere in piedi l’ex colonnello dei parà, per consentirgli di assumere la presidenza il giorno 10. Prima di partire per Cuba, Chávez ha comunque designato sul campo un successore, il vicepresidente Nicolas Maduro, per spegnere sul nascere una guerra di potere. Ha chiesto esplicitamente ai suoi di votare Maduro, in caso di nuove elezioni. La Costituzione del Venezuela prevede difatti che gli elettori vengano riconvocati alle urne nel giro di un mese se un presidente eletto non può assumere la carica, oppure se comincia il mandato ma viene a mancare nei primi quattro anni.
A questo punto, il problema non è più quanto Chávez potrà ancora resistere alla malattia, ma se la Revolución abbia speranze di restare in piedi dopo la sua uscita di scena. Nelle elezioni regionali del 16 dicembre, i candidati del governo hanno stravinto su quelli dell’opposizione; lo scorso ottobre il vantaggio di Chávez sul rivale Henrique Capriles era stato pure netto. Il sistema, insomma, pare ancora in salute. Ma gli analisti sostengono che la componente emotiva, legata alla malattia del Comandante-Presidente, ha giocato in entrambi i casi un fattore decisivo. Nessun altro candidato socialista, dopo di lui, si avvicina minimamente al suo carisma e gode in partenza di una popolarità paragonabile.
Per sfruttare l’ondata, l’obiettivo di Chávez potrebbe essere quello di accelerare i tempi di nuove elezioni e contribuire alla vittoria del suo pupillo mentre è ancora in vita. Maduro, molto legato a Cuba, sarebbe la continuità migliore per il regime castrista, che oggi più che mai ha bisogno degli aiuti venezuelani, mentre l’economia centralizzata si sta sgretolando e le timide riforme di mercato faticano a dare risultati. Oggi si stima che Cuba dipenda da Chávez addirittura più di quanto, fino al 1989, fosse dipendente dall’Unione Sovietica. Bastano due voci: il petrolio ceduto a prezzi di favore, e i medici cubani che lavorano in Venezuela, strapagati dal governo di Caracas a quello dell’Avana. Il greggio socialista aiuta anche in maniera considerevole i bilanci pubblici di Bolivia e Nicaragua, ma la mano generosa del chavismo si è estesa negli ultimi anni anche a piccole repubbliche caraibiche. Si tratta di solidarietà socialista che assai difficilmente potrà continuare in questi termini, dopo la scomparsa di Chávez. All’interno del Venezuela, un Paese ancora flagellato dalla povertà, certe voci di bilancio sono complicate da spiegare alla gente.