Enrico Deaglio, il Venerdì 28/12/2012, 28 dicembre 2012
JAMES BRADNER
[Diventare miliardario con l’antitumorale? Ha preferito regalarlo - in onore di suo papa] –
CON TUTTO QUELLO CHE IL CANCRO DEVE FARE PER CERCARE DI UCCIDERE IL NOSTRO PAZIENTE, COME FA a ricordarsi che lui è davvero un cancro e non una cosa normale?».
A porre questa domanda. Fanno scorso, in una pubblica conferenza a Boston, è stato un giovane oncologo americano che sta diventando molto famoso. Si chiama James (Jay) Bradner, medico e biochimico, laureato a Chicago, oggi assunto come ematologo al Dana- Farber Institule di Boston, scopritore di alcuni meccanismi chiave che possono permettere di far perdere alla cellula- cancro la sua memoria, la sua identità, la sua smania di riprodursi, e farla diventare una personcina normale e innocua. A turbare l’identità del cancro stesso, tino a fargli perdere il controllo di se stesso come un Polifemo ubriacato da Ulisse, è una molecola, che la squadra di Bradner ha costruito, ha lanciato contro di lui e che ha chiamato JQ1. JQ1 prima ha steso il gigante e poi lo ha preparato al colpo finale. Primi risultati, sui topi: funziona maledettamente bene in diversi tumori leucemici e in tumori del midollo spinale. Talmente bene che non si aspetta altro che sperimentarla sugli esseri umani, e vedere le persone alzarsi improvvisamente dal letto.
Fin qui, siamo a una brillante esposizione della sperimentazione medica più promettente del momento, l’epigenetica molecolare applicata alla oncologia. Lo studio è solido, le statistiche sono ottime. Ma la novità che il giovane Bradner ha annunciato, e che poi ha messo realmente in atto, è qualcosa che non era mai successa prima. James Bradner, che è il «proprietario» di JQ1 (l’ha scoperta e l’ha fabbricata lui), l’ha praticamente regalata. Ha raccontato come è nata, ha mostrato la sua forma tridimensionale, ha acconsentito a mandare campioni della stessa a tutti i laboratori che la richiedono e ad avviare collaborazioni con chiunque per tutte le sperimentazioni possibili. Lui è a Boston, ma se voi siete a Napoli e avete un po’ di topi disponibili, riceverete la sua molecola e poi gli farete sapere se funziona.
Che cosa succederà adesso non si sa; certo, James Bradner è un pioniere; forse anche scomodo. La sua molecola è, per adesso, un prototipo. Ma, se come i trials sui topi stanno a dimostrare, la sua azione si dimostrerà davvero un potente anticancro, una medicina potrà essere prodotta su scala industriale. Se Bradner ne avesse sancito la proprietà, con un brevetto, probabilmente avrebbe non solo reso enormemente ricco se stesso, ma anche le prossime generazioni della sua stirpe. E invece non l’ha fatto. Ha dichiarato pubblicamente che non lo trova «giusto», che contesta il modo totalmente commerciale e competitivo di condurre la ricerca sul cancro. Dialoga con tutti su Twitter, risponde alle mail, propone iniziative di ricerca congiunta e la sua conferenza di Boston in cui ha annunciato la scoperta è già stata scaricata da mezzo milione di persone.
Se Bradner sia un precursore, un filantropo, un sognatore o semplicemente un ingenuo, non ci vorrà molto per saperlo. Ma intanto la sua iniziativa permette al mondo di aprire orizzonti di conoscenza che finora erano pochissimo conosciuti.
Il primo riguarda l’epigenetica, la nuova branca della scienza che studia le mutazioni non strutturali della sequenza del Dna (sono una sorta di influenza, di impronta sulla catena del Dna, impreviste ma anche reversibili, e possono essere provocate da un numero indefinito di fattori) e le loro - ormai provate - azioni criminose: queste mutazioni, per esempio, ci provocano il cancro, sono responsabili dell’impazzimento di cellule che fino a un attimo prima si comportavano nel nostro organismo come cittadini obbedienti alla legge. Ma, trattandosi, in fondo, di molecole, con la loro forma riconoscibile, è possibile costruire in laboratorio delle contro-molecole che le bloccano. Fisicamente, si intende: un corpo a corpo tra doppi legami, catene di aminoacidi, anelli di sterolo, code di alcoli. E,poiché ad ora si stimano in 40 mila le mutazioni possibili, il campo di ricerca è estremamente vasto e le potenzialità sono enormi.
Ad ora, la realizzazione di un prototipo di una tale molecola, vale sul mercato dei brevetti diverse decine di milioni di dollari. (Un giovane ricercatore che la scoprisse, probabilmente assumerebbe dei detective e delle guardie del corpo per proteggere la sua creatura). A questo punto, però, bisogna testarla, adattarla e infine produrla; e per farlo c’è bisogno di una vera e propria fabbrica (edifici, laboratorii operai, segretarie, magazzinieri, lobbisti e banchieri) che solo le BigPharma (le grandi multinazionali farmaceutiche) sono in grado di allestire. Compiuto tutto il processo produttivo, la nuova medicina anticancro sarà messa in vendita o la terapia costerà migliaia di dollari al mese. E, non essendo definitiva, la cura renderà i pazienti di cancro dei pazienti cronici. Quanti potranno permettersi questa spesa? Il tema, come si sa, si era già proposto in modo drammatico dopo la scoperta degli inibitori della proteasi, che hanno di fatto sconfitto l’epidemia di Aids negli anni Novanta. Resi disponibili nei Paesi ricchi, inaccessibili nei Paesi poveri.
Non solo. Le possibilità offerte dalla ricerca (oggi dall’epigenetica, domani chissà da che cosa altro) dilateranno le disuguaglianze sociali in misura mai vista fino ad ora? È possibile che il mercato sia l’unico regolatore della ricerca, dei suoi funzionamenti, delle sue prospettive? Più in generale, è possibile che la ricerca sulla salute sia guidata esclusivamente ai benefici della sua commercializzazione?
Se guardate su YouTube i dieci minuti di conferenza del dottor James Bradner che parla di tutto ciò, vedrete un uomo giovane, abbastanza dimesso, che mostra la fotografia del padre morto per un tumore al pancreas - causato da appena tre proteine assassine, pensate! - e che si commuove ricordando il paziente terminale che gli diede il permesso di utilizzare gli scarti dei suoi polmoni ammalati, che si rivelarono essere oro per la sua ricerca. Poi vedrete un ottimista, sicuro che con il suo sistema open source, la ricerca sul cancro, «sottratta alle segrete stanze», farà passi da gigante come un gatto dagli stivali delle sette leghe.
Quindi faremo tutti il tifo per lui, e per quelli come lui. Anche perché ci conviene.