Enrico Deaglio, il Venerdì 28/12/2012, 28 dicembre 2012
NATE SILVER
[Il mago dei numeri che ha previsto alla virgola il trionfo di Obama] –
La verità? Facebook e Twitter , i due social network considerati soggetti determinanti delle elezioni presidenziali americane, in grado con la loro "democrazia elettronica", così sterminata e veloce, di modellare consenso e indirizzare le scelte in cabina elettorale, non hanno avuto un peso sostanziale. E invece, dal grandioso duello Obama-Romney (un affare da sei miliardi di dollari) è uscito, inaspettatamente, un nuovo protagonista. Nathaniel (Nate) Silver, giovane matematico secchione, abbastanza timido e solitario, giocatore semiprofessionista di poker, non solo ha imbroccato alla perfezione i risultati del 6 novembre anche quando, secondo la rumorosa scienza politica ufficiale, sembravano prendere tutt’altra piega, ma pare abbia anche contribuito a crearli. Nate Silver ha 34 anni, laureato in scienze matematiche e statistiche, gay militante; in famiglia sono tutti un po’ scienziati, la madre è anche un’attivista comunista. Nate è diventato improvvisamente l’uomo del momento negli Usa.
Il suo libro, peraltro non facile e pieno di diagrammi, dopo la vittoria di Obama è diventato bestseller numero uno, la sua candidatura a "uomo dell’anno" di Time prende piede. Il suo blog sul New York Times - 538 - è risultato essere in assoluto il più cliccato negli ultimi due mesi. Quando lo sconforto si era impossessato dei ranghi obamiani dopo la terribile prestazione del presidente nel primo dibattito, e i numeri mostravano l’irresistibile ascesa del capitalista mormone, Nate
Silver è stato il sollievo di milioni di democratici; ogni giorno li ha coccolati con le sue cifre - "Tranquilli, l’Ohio vota Obama; Romney ha al massimo 30 per cento di possibilità di vittoria" - per poi portarli senza ansia ad assistere alla notte dei risultati, in cui tutti i suoi numeri - davvero tutti, Stato per Stato - si sono rivelati esatti.
Aggiungete che il ragazzo era assolutamente solo nelle sue previsioni. Lo stuolo di sondaggisti, soloni da talk show, professori, sociologi, politici, editorialisti, era compatto nell’annunciare un classico filo di lana con una possibile vittoria di Mitt Romney. Gli stessi Facebook e Twitter, che avrebbero dovuto tastare gli umori delle grandi platee, si dimostravano incerti e volatili. Peccato, per i repubblicani, il non averlo ascoltato. Nell’ultimo mese della campagna, i loro strateghi avevano calcolato che la Pennsylvania e il Wisconsin fossero diventati due Stati in bilico ed avevano riversato lì qualcosa come 300 milioni di dollari in propaganda, soprattutto televisiva. Se avessero chiesto a Nate Silver, li avrebbe fatti risparmiare. Sia la Pennsylvania che il Wisconsin erano, infatti, nettamente in mano a Obama e non c’era alcuna possibilità di cambiare il risultato.
Nate Silver non è nuovo ad un uso spettacolare dei numeri. Anni fa, con un algoritmo e un brevetto chiamato Pecota, era riuscito a prevedere i risultati delle partite di baseball. (La storia è alla base del film L’arte di vincere, con Brad Pitt). Poi si era applicato - diventando milionario - al poker on line. L’avvento pubblico in politica data dal 2008, quando previde, al decimale, la vittoria di Obama su MacCain; nel 2010 invece, correttamente previde - ma quella volta furono i democratici a non dargli retta - che Obama avrebbe perso il Congresso. Fondamentalmente, il suo metodo implica la gestione del maggior numero di dati possibili. Se è il baseball (uno sport in cui la statistica è praticamente tutto: gli appassionati passano ore ad analizzare paginate di numeri piccolissimi, in confronto alle quali le nostre tabelline del campionato di calcio sono un insulto alla voglia di conoscenza), Silver immagazzina i risultati delle partite degli ultimi 50 anni, l’età del lanciatore, la velocità della palla, le condizioni meteorologiche e altre decine di variabili.
Poi - e lì sta il suo segreto - calibra e corregge i dati, li mischia, li frulla e prevede il risultato. Oppure, consiglia all’allenatore che strategia seguire. Per la politica, ha fatto la stessa cosa: la storia elettorale di una contea, i suoi cambiamenti demografici, tutti i possibili sondaggi telefonici (anche quelli più piccoli e primitivi), il tasso di disoccupazione, l’andamento del mercato immobiliare, le previsioni del tempo. Tutto ciò, "trattato" dalla statistica, gli fornisce il quadro in movimento del futuro risultato elettorale. Nel suo libro-bestseller (The signal and the noise - Il segnale e il rumore - Penguin Press), Silver però ci dice molto di più. E il suo ragionamento aggiunge molta materia alla discussione sul Sapere introdotto dalle nuove tecnologie. Lui parte da Giulio Cesare. L’uomo voleva veramente conoscere il suo futuro? Presagi e maledizioni lo accompagnavano, ma lui preferì non tenerne conto, persino quando erano dettagliate (l’ultima era addirittura un verdetto: "Temi le idi di marzo").
L’aumento della conoscenza è un bene, produce pace? Non sempre, e comunque non subito. Dopo l’invenzione di Gutenberg, si moltiplicarono le pubblicazioni della Bibbia e con quelle, le guerre di religione in Europa, in quanto un sempre maggiore numero di persone si sentì proprietario di una propria verità religiosa e quindi in grado di farlo valere su quello degli altri. Venendo a tempi nostri: fu solo un pregiudizio (si pensava che l’unica mossa giapponese possibile fosse il sabotaggio alle Hawaii) a impedire la previsione di attacco dell’aviazione giapponese a Pearl Harbor, nel 1941. A volerli leggere, c’erano parecchi segnali indicativi. Idem per le Due Torri nel 2001. (Le statistiche del vertiginoso aumento degli attacchi suicidi erano molto significative). Ancora: certo è stato grottesco un processo penale agli scienziati italiani, però - curioso che Silver lo abbia annotato tra i suoi esempi - il terremoto dell’Aquila era stato effettivamente preceduto da molteplici segnali premonitori, e persino un dilettante scienziato lo aveva annunciato.
Così come il grande crollo finanziario del 2008 era praticamente impossibile da non vedere, dal momento che esistevano 45.000 indicatori economici e 4 milioni di dati statistici, che peraltro regolano il cosmico mercato dei futures. Così come è innegabile, da mille segnali, che il clima stia cambiando e solo la malafede può opporsi ad urgenti misure di tutela. È Karl Marx (il primo a mischiare numeri ed esseri umani, che apparentemente non c’entravano niente), il vate di Nate Silver? O, semplicemente, Nate Silver è il miglior uomo della squadra di Barack Obama? Niente di tutto ciò: il giovane matematico è semplicemente uno studioso che, quando gli chiedono della sua adolescenza, non sa se era più sfottuto perché secchione o perché gay. Vota Obama, naturalmente. Crede nella libertà e nel progresso.
Ma ci tiene a far sapere che il suo maestro è il reverendo inglese Thomas Bayes, vissuto in Inghilterra nella prima metà del Settecento, il primo che introdusse, in polemica con Isaac Newton, il dubbio della probabilità contro il suo determinismo, all’interno, ovviamente, del grande dubbio sulla predestinazione e il libero arbitrio. Alcune pagine del libro di Silver sono esaltanti: la nostra sempre più grande capacità di acquisire i big data si confronta con la nostra mancanza di immaginazione, il nostro protocollo mentale burocratico ci rende incapaci di vedere la verità sotto la statistica, o di sentire l’odore delle cifre. I segni, gli indizi, sono tutti intorno a noi, ma noi, come il vecchio Giulio Cesare, non vogliamo dar loro retta e ci avviamo, assurdamente sicuri, verso un mucchio di pugnali. Filosofico, il giovane Nate Silver. Lui che prevede tutto, ha previsto anche il suo proprio futuro? Avremo una "Nate Silver" quotata a Wall Street? Non si sa. Per adesso, però, ha sbancato il miliardario mercato dei sondaggi, con un semplice blog. E un algoritmo. Così va il mondo, oggi. Ti fai il tuo algoritmo, ti fai il tuo blog, vinci le elezioni... E diventi l’effimero imperatore del mondo a 34 anni.