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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

LE SCELTE DI ANGELA

Saranno altri quattro anni di Angela Merkel? Probabile, ma non sicuro. La domanda più importante a questo punto, diventa: se sì, con quale alleanza? La Germania che il prossimo settembre sceglierà per la settima volta il proprio parlamento dalla riunificazione è un paese che, stando ai sondaggi, stenta a definire un partito in grado di catalizzare su di sé la maggioranza assoluta dei consensi. Secondo un ultimo sondaggio pubblicato dal settimanale Stern, il partito della cancelliera, ovvero la Cdu, assieme alla sua versione bavarese, Csu, raggiungerebbe oggi giomo il 39%. Troppo pochi per guidare da soli il paese. Il partito socialista, la Spd, si ferma al 26%, complice anche la popolarità in calo (dal 59% al 50% in un mese) del suo, candidato leader Peer Steinbrùck: dopo i tanti apprezzamenti ricevuti al momento dell’investitura ufficiale, paga lo scotto della controversia sui tanti guadagni ricevuti come oratore a conferenze di vario tipo (circa 1,2 milioni di euro in tre anni). Tutti dichiarati e legali, ma la cifra è alta e basta a erodere l’immagine di chi, in passato, è riuscito a guadagnarsi il soprannome di «nemico del segreto bancario». Per il resto i Verdi sono dati al 14%, la Linke all’8%, mentre i liberali dell’Fdp solo al 4%, così come i Piraten, in ridimensionamento dopo l’exploit delle elezioni regionali dei mesi scorsi.
Fosse per la cancelliera si dovrebbe continuare a fianco dell’attuale partner di governo, l’Fdp: «II consiglio che do a noi stessi» dice «è di puntare su quanto di buono si è consolidato: e questo è la coalizione cristianoliberale» ha dichiarato durante il recente congresso della Cdu a Lipsia. Ma l’Fdp rischia di non superare lo sbarramento del 5 per cento necessario a sedersi in Parlamento. Il governo Cdu-Fdp non ha portato la svolta liberale che i suoi elettori si aspettavano. «Il leader dei liberali, Guido Westerwelle, si è rivelato un ministro degli Esteri incapace di rappresentare la grandezza della Germania fuori dai confini» afferma Ugo Perone, docente di Filosofia delle religioni all’università Humboldt di Berlino ed ex direttore dell’istituto italiano di cultura. «I suoi insuccessi si sono riversati anche sul partito e così la Merkel ha finito per dovere assumere sottotraccia anche le sue funzioni». Con uno scenario del genere, l’ipotesi più plausibile sarebbe una nuova grande coalizione Cdu/Spd. Se non fosse che Peer Steinbrùck ha già messo le mani avanti: «Se non dovessi vincere, non mi alleerei con la Merkel». Il veto sembra categorico. Ma, come afferma Perone: «Non è detto che in caso di sconfitta la Spd non finisca per stringere un accordo con la Cdu, escludendo il proprio candidato dal gioco delle poltrone. Steinbrùck ha poche possibilità di vittoria, non riesce a rappresentare il cambiamento. Del resto è stato ministro delle Finanze del primo governo Merkel. Tra due volti simili, l’elettore tedesco preferirà affidarsi all’usato sicuro della Merkel».
Un secondo scenario di governo possibile è una coalizione Cdu-Verdi. Il partito ambientalista tedesco, fin dalla sua fondazione, ha una storia ben diversa da quella dei suoi omologhi italiani. Il romanticismo tedesco, quello della conservazione del territorio e dell’importanza della terra, è un valore che trova parecchi punti di contatto con i cristiano-democratici: «Se la Merkel garantisse loro il successo di alcune iniziative di politica ambientale è immaginabile un’alleanza che scavalchi l’Spd» sostiene Perone. Anche se il leader dei Verdi Cem Ozdemir ha sentenziato: «Non vogliamo l’Unione (Cdu-Csu), vogliamo i voti dell’Unione».
Qualcuno dovrà rimangiarsi la parola. Vista dall’Italia, un’affermazione dell’Spd, anche come secondo partito di governo, significherebbe una Merkel più disposta al dialogo in politica economica europea, a partire da quegli Eurobond che lo scorso giugno vennero liquidati con un perentorio: «Mai finché vivo». Steinbrùck ha più volte sottolineato come la Germania abbia finora beneficiato dell’integrazione economica e sociale europea più di quanto abbia dato in cambio. Purtroppo, come ha messo in luce uno studio dello Spiegel, il tema Ue è uno di quelli più ostici da affrontare: i tedeschi finora giudicano «ineccepibile» la politica seguita dalla Merkel. I prossimi mesi definiranno meglio le intenzioni di voto di un paese che, come ha ammesso Mario Draghi: «Finora è stato al riparo dalle difficoltà che hanno investito altre aree dell’eurozona, ma che, dagli ultimi dati economici emersi, stanno iniziando a interessare anche l’economia tedesca». La Merkel ha anticipato che ci vorranno almeno altri cinque anni prima di uscire dalla crisi. I tedeschi continueranno ad apprezzare il suo pessimistico realismo o i preoccupanti recenti dati su pii e disoccupazione di ottobre (con stime disattese in peggio in entrambi i casi) li spingeranno repentinamente a puntare altrove? •