Isidoro Trovato, Style 12/12/2012 N°12 Dicembre, 12 dicembre 2012
CARA GOLDENBERG
La scena si svolge a Plims, località sciistica delle Alpi svizzere, è inverno, fa molto freddo. Allo stesso tavolo sono seduti Sergio Marchionne e Cara Goldenberg, 25 enne gestore del fondo Brahman. Al contrario di quanto si possa immaginare, a parlare è il manager Fiat, che cerca di convincere la giovanissima investitrice ad avere fiducia nella Fiat. Siamo nel 2005 e il colosso torinese sembra sull’orlo del baratro. In pochi al mondo gli danno qualche chance di sopravvivere a un fallimento o a una sanguinosa cessione. Alla fine della discussione Cara non ha esitazioni: investirà un miliardo di dollari, circa 800 milioni di euro, sulla Fiat.
«Decisi molto rapidamente» ricorda la Goldenberg. «Era l’epoca della put option (strumento derivato che da il diritto di vendere un titolo a un dato prezzo, ndr) tra General Motors e Fiat e pensai che, se Marchione era stato talmente bravo da farsi pagare due miliardi di euro per cancellare un accordo, si trattava di un genio. Col tempo i fatti mi hanno dato ragione». Cara Goldenberg non arrivò a quell’appuntamento digiuna di cultura italiana: già all’età di 21 anni era stata selezionata da Morgan Stanley col ruolo di gestore per l’Europa, e da subito si era innamorata del nostro Paese. «Da voi si possono fare molti affari, perché siete sottovalutati nel mondo» sorride Cara, «per vari motivi, non tutti si fidano del talento degli italiani e quindi si possono scovare dei veri gioielli con margini di crescita enormi. La stessa valutazione della Fiat nasce da qui: sette anni fa era già chiaro che i margini fossero enormi, specie in settori come i veicoli agricoli o quelli commerciali. Sin da subito ho consigliato di puntare sulle vostre eccellenze».
Consigli rigorosamente ascoltati da banche d’affari e colossi di private equity. Resta da capire perché una 20 enne laureata in Chimica a Yale abbia scelto una carriera nella finanza. «Negli Usa si sceglie un’università per approfondire i propri studi, magari puntando all’ateneo più prestigioso che ti offre una borsa di studio» osserva Goldenberg. «Così ho fatto io, senza avere alcuna vocazione per la chimica. La scelta della finanza, invece, ha avuto la più tradizionale delle motivazioni: all’epoca avevo un fidanzato che lavorava in quell’ambito e che mi consigliò di mandare un curriculum a Morgan Stanley. Lo feci, quasi per gioco, e mi presero. Passai due mesi durissimi di addestramento. Non sapevo nulla di quel mondo e dovevo imparare nel modo più rapido possibile. Iniziai a vivere in ufficio, letteralmente: mi portavo il cuscino e una copertina e dormivo sotto la scrivania. Negli uffici di sopra c’erano anche delle docce, andai avanti così per due mesi, che in Morgan Stanley valgono due anni. Ero pronta per il mio primo incarico». Quasi subito la business woman individua l’Italia tra i suoi obiettivi sensibili: il 60 per cento dei suoi investimenti vengono destinati ad aziende tricolori. Niente male per un Paese accusato di non attrarre gli stranieri. «Non ho mai perso un soldo. Ho sempre selezionato società di prima fascia come Amplifon, Interpump, Salini, scovando anche manager di cui sentiremo parlare presto a livello internazionale come Carlo Ramella di Elettronica Industriale, una realtà eccellente destinata a diventare un player mondiale».
Non sarà un giudizio un po’ troppo benevolo sul nostro Paese? «Ma no!» esplode Cara con il suo italiano pittoresco ma efficace. «Il vero limite del vostro sistema economico sono le famiglie. Siete troppo legati a parentele- e relazioni amicali, e questo vi frena. Siamo in una fase storica di estrema fluidità, è il momento di osare. Invece le famiglie preferiscono stare ferme, senza rischiare: un errore clamoroso. Non a caso, quando parlai con Marchionne, cercai di capire quanta mano libera avesse da parte degli Agnelli. E quando parlai anche con John Elkann, ogni dubbio fu fugato. Solo con una sinergia tra proprietà e management si raggiungono obiettivi impensabili. Chi avrebbe anche soltanto immaginato che un italiano sarebbe venuto negli Usa per comprare e salvare Chrysier?». A maggior ragione, nessuno avrebbe potuto immaginare Marchionne al fianco di Barack Obama durante gli spot della campagna elettorale. «Incredibile. È il segno dei tempi e il frutto della meritocrazia. Io sono tornata a New York proprio per votare Obama. Sapevo che era inutile andare, perché la vittoria del presidente non era certo in bilico, ma sentivo di volerlo fare per tutto ciò che lui ha rappresentato e per quel che può ancora dare».
Secondo molti la sfida più difficile che attende Obama sarà quella di mantenere la leadership mondiale in mano agli Usa, conservando un ruolo centrale anche per l’Europa in modo da arginare la crescita sfrenata della Cina. «Sarà una sfida durissima» ammette Goldenberg, «soprattutto per quanto riguarda l’Europa. Sono convinta che la strada intrapresa di salvare la Grecia sia sbagliata e molto rischiosa. L’Europa deve salvaguardare le sue eccellenze, e non sfiancarsi nel tentativo di salvare chi è già tecnicamente fallito. La stessa cosa succederà, prestissimo, anche con il Giappone, ma vedrete che la Cina non muoverà un dito per salvarlo. E di questo beneficeranno anche i miei amici della Fiat». Uno scenario in cui gli investitori lungimiranti potranno andare a caccia di prede eccellenti. Ne sa qualcosa questa bionda 32 enne che da un paio d’anni ha un hedge fund tutto suo, Permian, con cui amministra una cifra vicina al mezzo miliardo di euro e grazie al quale si è guadagnata la fama di enfant prodige di Wall Street. «Lo devo alla mia voglia di mettermi alla prova e sbagliare in proprio. Tutti mi sconsigliavano di farlo, dicevano fosse prematuro. Ma io credo nell’assunto che dice: quando nessuno è d’accordo con te, è la prova che hai ragione». Persino contro il parere dei genitori? «Loro non hanno mai ben capito cosa io faccia di mestiere» sorride, «e non hanno mai fatto il passaporto. Però prima o poi riuscirò a portarli a Milano». Magari nella casa di corso Magenta, che da 11 anni è il quartier generale italiano di Cara. «Adoro questa città» dice guardandosi intorno, «non sono una mondana ma qui ho il triplo degli amici di New York. Milano è indubbiamente la città più americana d’Italia: per- mette di conciliare perfettamente lavoro e passioni». Ma la ragazza prodigio di Wall Street avrà anche il tempo per coltivare degli hobby? «Sono un’accanita giocatrice di scacchi, papi è stato il mio maestro. Adoro giocare e guardare il tennis, impazzisco per Roger Federer peccato solo che sia già sposato... Anche se Marchionne mi ha consigliato di sposare una rockstar. Forse ci è rimasto male quando gli ho detto che mi piace il rock e detesto la classica e la lirica». Meno male. Nessuno è perfetto.