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 2012  dicembre 24 Lunedì calendario

«Sono l’ultimo di un’epoca E torno in scena a 87 anni» - Meglio la polvere del palco­scenico o il sole dei Caraibi? Che domande

«Sono l’ultimo di un’epoca E torno in scena a 87 anni» - Meglio la polvere del palco­scenico o il sole dei Caraibi? Che domande. Raffaele Pisu non avrebbe dubbi: «Nel 1989 decisi che stavo per morire. Co­sì feci le valigie e andai a tirare le cuoia sulle bianche spiagge di Santo Domingo. Sette anni, attesi l’evento fatale. Una bar­ba lunga così. Dopodichè rife­ci le valigie e tornai indietro». Ritorno presumibilmente be­nedetto dagli spettatori di Se devi dire una bugia, dilla anco­ra più grossa ( la farsa di Ray Co­oney, dal 26 al teatro Franco Pa­renti di Milano) in cui l’inossi­dabile attore - classe 1925 - ri­proporrà la sua irresistibile fi­nezza d’altri tempi, e l’inimita­bile comicità vecchia scuola. Ma Pisu: perchè voleva riti­rarsi dalle scene? «Fu dopo il successo in Stri­scia la notizia , accanto a Greg­gio. Ormai sono vecchio, pen­savo, quanto mi rimarrà? Tre, quattro anni al massimo. Vo­glio chiudere gli occhi al sole, su una bella spiaggia calda. So­lo che i Caraibi ti fregano: cli­ma ottimo, mare fantastico ­non dico di no- ma puoi passa­re il tempo a fare le nuotatine? Risultato: io crepavo dalla salu­te, e a morire erano gli al­tri. Sono tornato in tutta fretta». E questo già venticinque anni fa. Nel frattempo, scusi l’indi­screzione, ha preso altre de­cisioni analo­ghe? «Macché. Sto addirittu­ra meglio. Altrimenti non po­trei interpretare questo maitre dell’hotel Plaza, coinvolto in due ore di frenetici andirivieni fra equivoci e “qui pro quo”,se­condo lo stile della farsa ingle­se . Il regista dello spettacolo Gianluca Guidi (il figlio di Do­relli, sa? Quanto somiglia a suo padre!) si stupisce di come reggo il ritmo. E poi li sento, gli altri,che si bisbigliano l’un l’al­tro (pensando che io non sen­ta) “Non affaticatelo troppo”, “Non fategli prendere fred­do”... Carini. Un po’ me­nagrami, se voglia­mo. Ma carini». Radio, tv, cine­ma, show leg­gendari co­me L’amico del giaguaro , accanto a Bra­mieri- Del Fra­te, film-culto co­me L’ombrellone di Risi… Lei è il testimone d’un modo di fare spettacolo che non esiste più. «Gliene racconto una. Carlo Conti mi chiama a I migliori an­ni . I suoi collaboratori chiedo­no: cosa vuol fare? “Beh - ri­spondo - io ero famoso per le mie parodie. Posso farvi quel­la di Maurice Chevalier”. “ Che­valier?- ribattono quelli- : e chi è?”. Non ci sono più andato». Davvero? Conti ci sarà ri­masto male. «Infatti m’hanno richiama­to. E sa cosa m’hanno propo­sto? Provolino; il pupazzo-ven­triloquo che facevo nel 1967, al­la domenica pomeriggio. Allo­ra ho capito: oggi sono i ricor­di, a rendere felice la gente. So­prattutto ora, con la crisi, la mancanza di soldi. Nessuno è così povero da non possedere almeno un ricordo». A proposito di ricordi: quali comici d’oggi posso reggere il ricordo di quelli dei suoi tempi? «Ahio. Qui andiamo maluc­cio. Due, tre al massimo. A par­te Benigni, che è un fuoriclas­se, mi piace Enrico Brignano. Ecco: Brignano non sfigurereb­be accanto a Vianello, Mondai­ni, Panelli, Valori, Agus e Chia­ri. Santo Cielo... ma ho nomi­nato solo dei morti? Oh Dio: l’unico sopravvissuto sono io!». Innumerevoli barzellette, scenette, sketches, e una so­la prova drammatica: Italia­ni brava gente di De Santis. «Forse ho sbagliato qualco­sa. Dopo De Santis solo Paolo Sorrentino m’ha voluto serio, in Le conseguenze dell’amore . Ed è arrivato il Nastro d’Argen­to. O forse sbagliano gli altri. Come quel famoso regista che in un famoso talk show (non mi chieda quale) si chiedeva serafico: “Perché in Italia nes­suno ha mai fatto un film sulla ritirata di Russia?”.Famoso re­gista: sappia che Italiani bra­va gente lo studiano perfino nelle università americane’. Si lamenta che la fanno lavo­rare poco? «Beh, dopo il premio per il film di Sorrentino, pensavo che si sarebbero fatti vivi in tan­ti. Non ho fatto più nulla. Solo Luca Barbareschi s’è ricorda­to di me, e saputo che non ave­vo più una lira m’ha fatto lavo­rare in una sua fiction. Lo rin­grazio. È per persone così che a ottantasette anni si possono ancora fare dei progetti». E oggi i progetti dell’ottanta­settenne Raffaele Pisu, qua­li sono? «Mi richiami fra cinque an­ni. Sarò costretto ad esserci an­cora, per risponderle. Mi rac­comando - eh? - aspetto la sua telefonata».