Antonio Macaluso, Style 12/12/2012 N°12 Dicembre, 12 dicembre 2012
IL RICHELIEU DEL PAPA: «LA POLITICA VA RIPENSATA. SENZA GIUSTIZIA, SOLO LADRONI»
È stato direttore della sala stampa vaticana dal 1984 al 2006, con Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI per un paio di anni, lasciando poi per tornare al suo primo amore, la medicina. Joaquin Navarro-Valls, spagnolo, classe 1936, un passato di successo anche come giornalista, membro dell’Opus Dei, è ora presidente dell’advisory board dell’Università Campus Bio-Medico, a Roma. Due Papi gli hanno dato amicizia, affidato missioni delicate, chiesto consiglio, ben al di là del ruolo ufficiale che ricopriva. Testimone e protagonista di 22 anni di storia della Santa Sede, intreccia ora «con entusiasmo» la medicina con i temi legati all’antropologia. «Viviamo in un’epoca in cui sappiamo tutto o quasi di un essere umano. Ma non sappiamo chi è. E chi vuole rispondere a questa domanda usando solo la scienza, sbaglia. Il pensiero scientifico-sperimentale si è universalizzato e ci ha fatto perdere la domanda sul senso delle cose, fatto molto pericoloso. Credere non è irrazionale. Certo, se lascio che il pensiero quantitativo invada la mia mente e che tutta la mia razionalità diventi sperimentale, questo rinvia la fede al mondo del puro soggettivo, mitico. Questo è uno dei grandi temi di quella piccola parte del mondo che chiamiamo Occidente, dove la Chiesa ha più bisogno di testimoni che di predicatori. È una sfida per tutti noi, che dobbiamo porci di fronte al rischio di una diversificazione dei valori». Il sinodo, che ha riunito di recente 250 vescovi e molti teologi, ha visto come tema forte proprio la necessità di una nuova evangelizzazione della fede. Ciò sembra confermare la crisi vera della Chiesa.
Benedetto XVI ha voluto utilizzare in questi giorni il concetto mutuato da Giovanni Paolo II della nuova evangelizzazione. Perché ce n’è bisogno?
Uno dei motivi è che il grande sviluppo della ragione strumentale, delle scienze positivo-sperimentali, ha cambiato la nostra visione del mondo e quella che abbiamo di noi stessi. Questo ha messo in crisi il concetto stesso della verità: se l’unica che esiste è quella scientifico-sperimentale, che spazio rimane per la fede? Il mito? La soggettività? Benedetto XVI è il Papa giusto al momento giusto perché parla molto della razionalità della fede, ci dice che non è irragionevole averne. Una fede che non si fa cultura, è una fede mal recepita, mal vissuta, mal comunicata. Non puoi tenere la fede al margine del mondo della ricerca scientifica: anzi, c’è una sintonia tra fede e pensiero scientifico perché entrambi aiutano a capire meglio la realtà ma anche ciò che è scomparso dall’orizzonte del senso comune. Noi siamo oggi molto ricchi di strumenti ma poveri di fini: la crisi.
Quanto ha inciso la crisi dell’Occidente su quella della Chiesa? Sono legate o casualmente coincidenti?
iamo troppo modesti quando parliamo di crisi perché le crisi sono almeno tre: economica, politica ed etica. Quella etica sta alla base di quella economica? È ciò che pensano molti noti economisti, come Amartya Sen. È naturale che, vivendo la Chiesa nel mondo, patisca questa crisi. Difficile dire quale delle due crisi venga prima. Piuttosto, bisogna chiedersi quale possa essere il ruolo della Chiesa. Penso sia insostituibile, enorme: la Chiesa deve contribuirà perché il mondo recuperi l’anima. Il cristianesimo ha storicamente frenato il potere politico, lo ha relativizzato con dei limiti etici. Ricordo quanto mi disse una sera Giovanni Paolo II un paio di giorni dopo la caduta del Muro di Berlino, in un momento di grande entusiasmo in Occidente, che plaudiva alla vittoria del capitalismo: «Non dimentichi mai che il capitalismo ha bisogno di una profonda riflessione etica». Era il 1989. E di quella riflessione credo ci sia ancora bisogno.
Ammetterà però che, nonostante i richiami della Chiesa, quel che è accaduto allo lor mostra che, a cominciare dalla propria casa, la Chiesa non ha applicato il rigore che chiedeva agli altri...
Critica accettabile, i fatti sono fatti. Ma nelle giuste proporzioni perché quella storia è di una modestia infinita. In questi anni si è parlato parecchio del problema pedofilia, che molto male ha fatto alla Chiesa e sul quale sono state prese misure radicali. Il Papa non ha avuto esitazioni a intervenire. Ma non dobbiamo essere ipocriti: di fronte a statistiche terribili sulla violenza nei confronti di adolescenti, cosa si sta facendo nel mondo? Che iniziative hanno adottato governi e istituzioni mondiali? Non vedo nessuno che abbia preso decisioni radicali come la Chiesa di Benedetto XVI: ha cambiato il diritto canonico, ha fatto pulizia. Ciò non serve a giustificare quanto accaduto nella Chiesa, ma a dire che si interviene. Come è stato per lo lor.
In questa crisi della Chiesa il Papa è sembrato, a tratti, solo. Può un Papa sentirsi solo?
Si può filosofare sul fatto che chiunque venga investito di un’autorità si senta solo, sono stati scritti molti libri. Benedetto XVI non è mai stato solo, non ha mai dubitato, ha preso decisioni radicali, senza esitazioni. A cominciare dalla vicenda del Corvo che, pur nella sua modestia, ha fatto un danno alla Chiesa. E non ha escluso nessuno dalla ricerca della verità, dai cardinali fino al suo segretario: si è trattato, in fondo, di una persona che non è stata all’altezza della fiducia che gli è stata data. Non l’ho mai visto solo, non ha agito con la psicologia dell’uomo solo, che dubita, ritarda le decisioni. Averlo come Papa è un dono per l’umanità: sta facendo una pastorale dell’intelligenza con una densità e una ricchezza di pensiero straordinarie. E non mi stupisce, quando viaggio, la grande attenzione che trovo nelle università sul suo pensiero. È una voce che attira l’interesse di chi pensa.
È il ritratto di un Papa niente affatto solo, intellettuale ma anche decisionista: non meno del suo predecessore, pur così diverso...
Così come si potrebbe definire, e qualcuno l’ha fatto, Giovanni Paolo II un mistico realista, si potrebbe dire di Benedetto XVI un grandissimo intellettuale realista. E non dimentichiamoci di un dato, di cui sono stato testimone diretto, e cioè che il cardinal Joseph Ratzinger è stato il primissimo collaboratore di Giovanni Paolo II. Ho visto moltissime volte l’allora Papa, quando scriveva testi importanti, chiedere che fosse fatto leggere a Ratzinger. In alcuni casi accettava delle modifiche, in altri no, ma c’era una enorme sintonia di pensiero e di decisione.
Il Papa continua a essere difensore fermo dei principi basilari della Chiesa. Da questo punto di vista non sono cambiati i rapporti con la politica.
Il cristianesimo ha sempre messo un limite etico alla politica. Ci sono bellissimi testi del cardinal Ratzinger prima e di Benedetto XVI, dopo, sul rapporto religione-politica. Un Papa non può evitare di dare indirizzi al mondo della politica, ma i suoi suggerimenti sono nel massimo rispetto della razionalità della politica. Non senza segnalare, però, che non si può escludere del tutto l’elemento aperto alla trascendenza. Lui è molto sensibile al richiamo che il mondo islamico fa all’Occidente di paganesimo e i suoi testi tendono da sempre a dare un contributo etico alla dimensione della politica. Diverse volte cita la frase di Sant’Agostino che dice: «Se manca il senso della giustizia, che cosa è la politica se non una grande banda di ladroni»? Questa frase vale per tutti, non solo in Italia, l’ha detta anche quando ha parlato al Parlamento tedesco.
E di fronte a tutto quel che accade nella cronaca politica, agli scandali, come si pone?
Non transige, ritiene che la politica abbia perso il proprio orientamento e che vada ripensata.
Quindi, il fatto di vedere l’impegno dei cattolici in politica è nel senso di ridare eticità alla politica?
Esatto. E su questo, il Papa è molto aperto, nel senso che il linguaggio che adopera è rivolto ai cattolici ma non solo a loro.
Lei è anche un esponente importante dell’Opus Dei, su cui ci sono sempre sospetti...
In verità noto una grande diminuzione degli attacchi: si è conosciuto e accettato di più il profilo di un’istituzione formata da laici, ognuno dei quali si colloca diversamente, in totale libertà, nella vita della società. Penso che davvero stiano cadendo alcuni tabù. E che molte di queste critiche abbiano la consistenza di un sufflè. Del resto non ci può essere sempre unanimità, anche quando si tratta dei temi della fede e su come questa fede si esprime, quindi critiche e sospetti ci stanno, vanno accettati. C’è una frase che Don Chisciotte dice a Sancio Panza che teme un gruppo di cani che abbaiano: «Abbaiano? Vuoi dire che stiamo cavalcando».