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 2012  dicembre 24 Lunedì calendario

L’America fa la morale all’Europa ma scorda la polveriera del debito - «La crisi del debito europeo è una minaccia per gli Stati Uni­ti »

L’America fa la morale all’Europa ma scorda la polveriera del debito - «La crisi del debito europeo è una minaccia per gli Stati Uni­ti ». Con minime variazioni sul tema, questa frase è stata più volte ripetuta in corso d’anno come un disco rotto da Barack Obama, dal suo ministro del Te­soro, Tim Geithner, nonchè dal numero uno della Fed, Ben Ber­nanke. Tutti pronti a tirare per la giacchetta l’Europa spendac­ciona e dai bilanci fuori control­lo. Con ciò compiendo una stra­ordinaria opera di falsificazio­ne e rimozione della realtà. Se c’è un Paese che non può dar le­zioni sul modo di governare i conti pubblici, quello è proprio l’America. Proprio lì dove il mancato accordo sul fiscal cliff tra la Casa Bianca e i Repubbli­cani è il paradigma dei veti poli­tici incrociati che impediscono di affrontare il nodo degli aggiu­stamenti fiscali. Non a caso, è sempre lì che il debito federale complessivo tocca l’astronomi­ca cifra di 162mila miliardi di dollari, pari al 140% del Pil. Ven­ti punti più dell’Italia. A tale livello, insostenibile se non fosse che gli investitori in­ternazionali continuano a fi­nanziare gli Usa ( Cina e Giappo­ne hanno crediti per oltre 2.300 miliardi),il Paese è arrivato sul­l’onda dell’emergenza finan­ziaria scatenata dal virus dei mutui subprime e della conse­guente necessità di evitare il fal­limento delle too big to fail , ov­vero le principali banche, Leh­man Brothers esclusa. Da allo­ra, sono passati poco più di cin­que anni. Un lustro durante il quale il piano Tarp da 700 mi­liardi (la ciambella di salvatag­gio gettata agli istituti di credi­to) e tre manovre di quantitati­ve easing della Fed (peraltro possibile innesco di un’iper in­flazione) hanno contribuito sì a rimettere in piedi Wall Street (e a riproporre la vecchia e immo­rale pratica dei bonus miliona­ri ai top manager), ma al tempo stesso hanno scavato una vora­gine nei conti a stelle e strisce. Agendo anche sulla leva dei tas­si, da tempo azzerati, Bernanke ha finito per diventare lo spon­sor principale delle strategie di deficit spending di Obama, sot­to la cui presidenza il debito fe­derale è cresciuto del 50%. A colpi di un disavanzo an­nuo tra il 7 e l’ 8%del Pil,l’ammi­nistrazione democratica ha dapprima aiutato il Paese a usci­re dalla recessione, evitato quindi il rischio mortale del double dip ( un doppio tuffo nel­la crisi) e puntellato poi la cre­scita. Nonostante tutto, ciò non è ancora abbastanza. L’espan­sione attorno al 2% con cui, pre­sumibilmente, gli Usa archivie­ranno il 2012 non è così forte da sanare la piaga della disoccupa­zione. Ufficialmente, i senza-la­voro sono pari al 7,7%, ma que­sta percentuale non include chi, ormai scoraggiato, ha smes­so di cercare un posto. La disoc­cupazione reale, invece, sfiora il 15 per cento. Insomma, troppa gente è an­cora a spasso. Un danno per i consumi privati, la vera spina dorsale Usa, già da tempo stres­sati dall’impoverimento di un ceto medio i cui debiti ammon­tano al 250% del Pil. L’eventua­le mancato accordo sul precipi­zio fiscale darebbe un’altra mazzata alle famiglie america­ne, sotto forma di nuove tasse per 500 miliardi e tagli alle spese per al­tri 100. Senza conta­re, ovviamente, le conseguenze deri­vanti da una cadu­ta del Pil di quattro punti che condanne­rebbe gli Stati Uniti alla recessione finendo per in­foltire le schiere dei jo­bless . Se la crescita di ol­tre 1.000 punti del Dow Jones da ini­zio anno sembre­rebbe testimonia­re l’eccellente sta­to di salute del Pae­se, la realtà è che l’Ame­rica è seduta sopra a una polveriera. Pronta a saltare in aria.Fitch e Moody’s hanno già minacciato di strapparle le mo­strine della tripla A in assenza di misure di medio-lungo termi­ne per ridurre il debito. E Stan­dard& Poor’s,che già ha declas­sato gli Usa nell’estate 2011, ha in canna un altro downgrade. Obama ha promesso un cock­tail di aumenti di imposte e ta­gli alla spesa per risparmiare 4mila miliardi in 10 anni. Il braccio di ferro con il Gran Old Party sul fiscal cliff dimo­stra che non sarà una passeggia­ta di salute. Anzi, l’aria potreb­be diventare presto tossica. Per­chè i grandi untori del debito so­vrano rischiano di essere pro­prio gli Stati Uniti.