Giancarlo Perna, il Giornale 24/12/2012, 24 dicembre 2012
Alemanno, l’ex enfant prodige Msi che rischia il prepensionamento - Qualsiasi cosa dica o faccia Gianni Alemanno di questi tempi, va presa con tenera indulgenza
Alemanno, l’ex enfant prodige Msi che rischia il prepensionamento - Qualsiasi cosa dica o faccia Gianni Alemanno di questi tempi, va presa con tenera indulgenza. Il cinquantaquattrenne sindaco Pdl di Roma è in agitazione perché si è cacciato in un vicolo cieco che lo sta portando al pensionamento anticipato. Il prossimo aprile decade da primo cittadino e le chance di essere rieletto sono zero. Ai romani i suoi cinque anni al Campidoglio non sono piaciuti. Gianni lo sa e ha una fifa blu di sottoporsi di nuovo al loro giudizio. E allora? Una soluzione sarebbe rinunciare al bis da sindaco e cercare di farsi candidare per il Parlamento nell’election day del 24 febbraio. Un ripiego ma pur sempre una poltrona ben remunerata e a lui familiare, essendo già stato deputato per quattro legislature (1994-2008). Bisogna però che agisca subito. In primo luogo, deve dimettersi da sindaco entro un paio di settimane poiché la carica è incompatibile con la candidatura. Ma già qui si pone un problema: come farlo senza perdere la faccia? Se abdica a freddo, sarà considerata una fuga e ne va del suo decoro. Servirebbe una trovata. Sono mesi che ci prova. Minacciò di andarsene tempo fa se non fosse stato approvato il bilancio comunale come voleva lui. Fu accontentato e gli è toccato restare. Ha ritentato lunedì scorso con la scusa della legge di stabilità che gli ha suscitato questa bellicosa dichiarazione: «O si riducono i tagli ai Comuni o noi sindaci saremo costretti a dimetterci in massa». Nessuno gli ha dato retta e Gianni è dovuto rientrare mogio in Campidoglio. A ripensarci anche la sua querula insistenza di fare le primarie nel Pdl erano il tentativo per propiziarsi l’uscita dal municipio. Ci fossero state, avrebbe potuto pesare la propria popolarità - per esempio rispetto a Giorgia Meloni, ex An come lui e papabile come sindachessa - e in caso di esito deludente fare il beau geste di un passo indietro. «Per il bene del partito- avrebbe potuto dire, facendo un figurone- rinuncio al ricandidarmi sindaco per lasciare il posto a Giorgia. Mi accontento di essere messo in lista per la Camera». Si sarebbe mostrato magnanimo essendo solo furbo: rinunciava a ciò che non aveva- la possibilità di essere rieletto sindaco- per ottenere senza sudarsela una poltrona destinata ad altri. Purtroppo le primarie non ci sono state e ora l’orizzonte è nero. Da questa inquietudine nascono le ultime uscite alemanniane. Se l’è presa col Cav perché si è ricandidato premier, ha definito «irrazionale» la decisione e auspicato il «ricambio generazionale ». Poi gli ha voltato le spalle e si è iscritto a Italia popolare, tra i pidiellini fan di Monti, reputandolo il gruppo più forte e - visti gli aderenti: Frattini, Sacconi, Cicchitto e altri calibri - più in grado di trovargli un posto in lista per l’ election day . Ma nelle ultime ore è nuovamente sprofondato nell’incertezza. Italia popolare si è infatti già dissolta. C’è chi, come Frattini, pare se ne vada dal Pdl e chi, come Cicchitto, pare resti. Inoltre, il Berlusca ha ripreso a imperversare. Sta a vedere che per avere un posto in lista bisognerà fare i conti con lui. Ahimè povero Gianni in che cul di sacco ti sei infilato! O torni dal Cav e lo implori che ti porti con sé in Parlamento, ma poi come ti presenti davanti a Isabella Rauti, la tua fiera moglie? Oppure, affronti il plotone di esecuzione che ti impallinerà in aprile se chiederai un nuovo mandato in Campidoglio. Cadrai come un tordo, ma sarai stato un uomo e avrai poi modo, trascorrendo ore ai giardinetti, di meditare sul tuo carattere e i tuoi molti errori. Messo di fronte al governo di una città impossibile come Roma, Gianni ha mostrato i propri limiti. La sua più nefanda caratteristica è stata l’irresolutezza. Di umore stizzoso, ma pieno di buona volontà e voglia di fare, ha cambiato idea cento volte, dichiarando una cosa e facendone un’altra, sempre in balia dell’impulso del momento e dell’ultima persona con cui parlava. Si è circondato di camerati, amici della sua gioventù missina, anziché dei migliori. Con la conseguenza che costoro hanno incettato prebende come i cosacchi razziavano le mandrie, facendogli fare una figuraccia con la Parentopoli romana che ha infarcito di congiunti e portaborse le grandi municipalizzate capitoline, dall’Ama all’Atac. Un lucido atto d’accusa dei suoi quattro anni da sindaco lo ha fatto Umberto Croppi, suo vecchio amico e assessore alla Cultura della sua giunta, che un anno fa si dimise per raggiunti limiti di sopportazione. Nel suo recentissimo «Romanzo comunale » (assonanza con «Romanzo criminale», best seller di De Cataldo), Croppi dipinge così la volubilità alemanniana: In lui «tutto è sempre, costantemente revocabile, in dubbio, modificabile, riadattabile. Per Alemanno formulare un progetto e portarlo in fondo nei termini originari, è praticamente impossibile». Di qui, il meritato soprannome che gli dette Dagospia : «Retromanno ». È quasi crudele, ora che Gianni è nudo, ricordare i fiaschi che si è andato caparbiamente a cercare. La rodomontata di promettere la demolizione e ricostruzione del quartiere di Tor Bella Monaca, mai richieste dai suoi abitanti, per renderlo più vivibile, umano, avveniristico. Con grattacieli più alti della cupola di San Pietro (rompendo un antico tabù romano) esempio mondiale di sublime architettura. Tre mesi di chiacchiere e strilli di giornali, finiti nel nulla completo. Non ci è mai più tornato su, nemmeno per chiedere scusa ai bellamonacensi per averne agitati i sonni o ai cronisti per lo spreco di tempo dietro le sue ubbie. E la grottesca proposta di creare all’Eur un circuito di Formula Uno, con la fantasia di un ritorno economico di alcuni miliardi l’anno? Bastava leggere lo statuto della Formula Uno che prevede un solo circuito per Nazione e l’Italia ha già Monza per capire che era una velleità, evitando di sollevare il polverone durato mesi, poi liquidato da Alemanno con un’alzata di spalle (ma l’esborso di dieci milioni per la società che si è occupata del progetto?). Che dire della figura barbina di candidare Roma per i Giochi olimpici 2016, ipotesi bocciata da Monti (il medesimo cui ora occhieggia) per l’assenza di un decente piano economico? E taccio, infine, il caos e la sporcizia cittadina. Bye bye , Alemanno. Lei l’occasione l’ha avuta e l’ha persa. Ma se tira le somme, Gianni può dirsi fortunato. Partito da Bari a dodici anni, giunse a Roma e si mise presto alla testa di un gruppo di giovanotti neofascisti radicali interrompendo gli studi (si è laureato ingegnere ambientale a 46 anni) per fare a botte con i comunisti (tre arresti, sempre assolto). E di qui, è però diventato leader, ministro dell’Agricoltura (2001-2006) e sindaco della Capitale. Non è una biografia comune e potrà riempire le ore vuote a scriverla.