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 2012  dicembre 27 Giovedì calendario

E I FIDANZATI CATTOLICI SORPRENDONO LA CHIESA UNA COPPIA SU TRE CONVIVE PRIMA DELLE NOZZE


AL GIORNO d’oggi il termine “fidanzati” è caduto un po’ in disuso. Adesso, per le coppie non ancora sposate, si usa dire comunemente “compagni” per indicare due persone che “stanno insieme”. Ma la novità è che anche all’interno del mondo cattolico aumentano i “conviventi”, prima e fuori del matrimonio, con buona pace dei precetti morali della Chiesa che si ostina a considerare irregolari i rapporti prematrimoniali. E ciò mentre nelle regioni settentrionali le nozze civili superano ormai quelle religiose.
La tendenza risulta da un’indagine del Centro internazionale studi sulla famiglia, sotto l’egida della Conferenza episcopale italiana, realizzata fra i giovani che frequentano i corsi di preparazione al matrimonio. Sull’universo del
campione, da cui sono stati raccolti 5.437 questionari su un totale di 20.000 in 35 diocesi di tutt’Italia, il 27% dei fidanzati dichiara di essere già convivente. Ma lo stesso responsabile della ricerca, Pietro Boffi, avverte nella relazione che il dato può risultare sottostimato, proprio per la posizione ufficiale della Chiesa su questo delicato argomento: in effetti, oltre un terzo delle coppie di fedeli praticanti convive prima del matrimonio.
Anche qui influisce, però, il contesto sociale e territoriale. Al Nord la convivenza tra i fidanzati tocca il 48%, al Centro arriva al 38% e al Sud invece scende drasticamente al 9%. È lo specchio di una realtà variegata in cui si riflettono differenze profonde di cultura, di tradizione e di costume. Una mentalità collettiva ancora diffusa nelle regioni meridionali che, in modo particolare nelle fasce più popolari, relega la donna a un ruolo subalterno di “sposa illibata”, subordinando in pratica la sua emancipazione al rito del matrimonio.
Non a caso le percentuali minime di convivenza si riscontrano in Abruzzo
(6,8%), in Campania (7,4) e in Molise (7,8). Mentre quella di gran lunga più alta viene registrata in Emilia Romagna (74%). Seguono a distanza il Veneto, la Sardegna e la Liguria con il 50%.
Naturalmente, la convivenza prematrimoniale tende ad aumentare con l’età dei fidanzati: oltre i 40 anni, sale fino al 38%. Ma è particolarmente interessante l’incrocio fra questi dati con il titolo di studio, la condizione professionale
e la pratica religiosa. Se fino a qualche tempo fa il fenomeno era maggiormente diffuso fra i ceti più istruiti, oggi il livello di scolarizzazione non è più una discriminante: anzi, la percentuale più alta (28,6%) si riscontra tra i fidanzati con licenza di scuola media inferiore, anche rispetto a quelli laureati.
In parallelo, si poteva ritenere che i conviventi prima del matrimonio fossero soprattutto giovani senza la sicurezza
di un lavoro e di un reddito, disoccupati o precari costretti a fare quasi una scelta di necessità o, per così dire, di mutua assistenza. La ricerca dimostra invece che chi ha un lavoro stabile e duraturo (29,2%) già convive, ancor prima di sposarsi, più di chi ha un’occupazione a tempo determinato (25,4) e dei non occupati (18,8).
Ma quanto influisce la pratica religiosa su questo trend? È ovvio che la convivenza
pre-matrimoniale risulti più diffusa tra i fidanzati non praticanti (41,6%) che pure frequentano i corsi diocesani di preparazione al matrimonio con un grado di generale soddisfazione. Ma la sorpresa è che, sommando i “praticanti regolari” e i “praticanti attivi e impegnati” che già convivono, si arriva quasi al 33%: ormai una coppia su tre che si dichiara più vicina alla fede religiosa è formata insomma da conviventi. E deve far riflettere che il 13% sia rappresentato proprio dai fedeli più ferventi.
Dall’indagine del Cisf, emerge poi che i fidanzati iniziano la loro convivenza in media a 29 anni e si presentano ai corsi di formazione dopo aver già convissuto più di due anni. E circa la metà di loro ha fatto questa scelta entro i primi tre anni di relazione. Un ulteriore elemento, considerato indicativo dai curatori della ricerca, è che in genere tra i “praticanti
attivi e impegnati” la durata della convivenza è inferiore ai due anni, più breve quindi rispetto alle altre categorie.
Quanto alla futura abitazione, quasi il 77% dei fidanzati dichiara che — una volta sposati — andranno a vivere in una casa di proprietà e il 18% in affitto. Solo una piccola minoranza resterà con i genitori. Ma in ogni caso il 36% usufruirà di un aiuto economico, fornito per la maggior parte dalla famiglia d’origine (96,2%).
Fidanzati, cattolici e anche conviventi. Non sbagliava, dunque, quel sant’uomo di monsignor Martini quando nelle sue “Conversazioni notturne a Gerusalemme” predicava una maggiore comprensione e tolleranza da parte della Chiesa nei confronti dei rapporti prematrimoniali fra le giovani coppie. Il suo era soprattutto un richiamo alla realtà, fondato sulla consapevolezza del tempo in cui viviamo e sull’esercizio della responsabilità individuale. E forse non aveva torto neppure quando avvertiva che «la Chiesa cattolica è indietro di duecento anni».