Federico Taddia, la Stampa 27/12/2012, 27 dicembre 2012
RIPORTIAMO A CASA L’ULTIMO PINOCCHIO
«Noi italiani siamo dei bischeri: non possiamo farci sottrarre uno dei simboli del nostro cinema, un cimelio che è ancora nei cuori di tutti i bambini di ieri e di oggi». Diretto, sfrontato, scherzoso: è proprio Pinocchio quello che parla, in uno spiccato accento toscano che fa subito simpatia.
Andrea Balestri, il bambino scelto da Luigi Comencini per interpretare il burattino più famoso del mondo, oggi ha 49 anni, vive a Forcoli, in provincia di Pisa, e lavora come impiegato in un’azienda di Pontedera. «Faccio una vita normale – confessa lui – ma Pinocchio sono sempre io, abbiamo lo stesso carattere e lui è perennemente dentro di me: mi manca però il burattino. È come un fratello».
Balestri ha ritrovato l’ultima copia della marionetta originale usata sul set, realizzata dall’artista Oscar Tirelli: un pupazzo con l’anima in legno e la struttura in vetroresina, con 300 metri di ferro per manovrarlo grazie all’abilità e al sincronismo di quattro persone. Un pezzo unico, acquistato da un imprenditore francese per realizzarne copie in serie da vendere ai collezionisti. «Un paio di anni fa sono andato a trovare Tirelli nella sua abitazione di Roma – racconta Balestri – e in un angolo del garage ho visto buttato per terra il burattino, abbandonato e malconcio. Ho convinto il pittore a sistemarlo un po’, perché volevo farlo vedere ai bambini del Parco di Collodi. Lui ha assecondato il mio desiderio e lo ha restaurato. Dopo qualche mese, navigando su Internet, ho scoperto che lo aveva messo in vendita e la quotazione si aggirava sui 30 mila euro. Così è arrivato in Francia: mi sembra davvero scandaloso che non possa essere un nostro patrimonio. Ed è un oltraggio alla memoria di Comencini».
Il sogno di Balestri è riportare il burattino nella sua casa di Pescia, ed esporlo nel Parco dedicato a Pinocchio proprio per far vedere i complicati meccanismi che permettevo di muoverlo e renderlo vivo. Una copia della marionetta statica è invece conservata negli studi milanesi della San Paolo Film, mentre nel Teatro Prati di Roma è possibile vedere una delle tante teste usate sul set: i materiali erano infatti molto fragili e spesso succedeva che si rompessero tra un ciak e l’altro. «Era normale che accadesse – ricorda Balestri – faceva parte del gioco e Comencini era un maestro insuperabile, sapeva gestire benissimo tutti gli imprevisti».
Si emoziona ancora l’ex attore nel parlare del suo regista, e nel ricordare come era stato scelto tra oltre tremila bambini: «Alla fine eravamo rimasti in sette, e all’ultimo provino ci ha chiesto di frantumare un quadro con un martello: qualcuno pensava fosse uno scherzo, altri avevano timore nel farlo oppure ci avevano provato ma timidamente. Io invece non ci ho pensato due volte: d’istinto ho sferrato con colpo violentissimo. Lui mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “Adesso me lo paghi”. E io gli ho risposto: “Non ci penso nemmeno: me lo hai detto tu di romperlo”. E bastato quello per convincerlo che aveva trovato il bambino che stava cercando».
E anche sul perché il suo Pinocchio ancora oggi faccia parte della memoria collettiva di intere generazioni e sappia toccare le corde dell’emozione travalicando gli anni, Balestri ha le idee molto precise: «Dal punto di vista cinematografico è un capolavoro, e i capolavori non passano mai di moda. Credo però che oltre alla bravura degli attori e alla bellezza della storia il segreto sia tutto nell’intimo rapporto tra Geppetto e Pinocchio: una relazione d’amore, di affetto e di sacrificio tra padre e figlio che un po’ si è persa nella nostra società, e che invece la favola la fa riemergere con forza e sentimento».
Tra i progetti di Balestri, che nel tempo libero insieme alla compagna dirige un gruppo teatrale amatoriale, ora c’è quello di trasporre la sceneggiatura di Comencini in musical. «Ho deciso che non sarò io ad interpretare Pinocchio, perché non sarei credibile a 50 anni. Sono sicuro che troverò qualche ragazzo in gamba: magari gli farò rompere un quadro».