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 2012  dicembre 27 Giovedì calendario

SCRITTE ULTRÀ IN SALA PARTO “TI PORTERÒ IN CURVA SUD”


«A riel devi uscì per forza!!!». Sui muri delle sale d’attesa di Ostetricia e Ginecologia, policlinico Umberto I di Roma, i parenti fanno allegramente il tifo per i nascituri, ma perché tutti si ricordino del lieto evento si portano dietro un bel pennarello indelebile. E scrivono. O disegnano: cuoricini, coniglietti, civette, ritratti più o meno stilizzati. Tutti con la data della nascita, tutti firmati mamma, papà, zio, zia, la nonna no, ché per motivi generazionali non è ancora caduta preda della grafomania compulsiva.

Le pareti sono ricoperte fino al soffitto, come se l’ansia per la nascita di un figlio dovesse sfogarsi a tutti i costi. Le date dicono che il fenomeno è relativamente nuovo, perché le più vecchie risalgono al 2010. L’anima popolare e un po’ burina affiora nel romanesco ostentato di quasi tutti i messaggi: «Tizià sbrigate!!». Poi il pupo dev’essere arrivato, prontamente registrato con un sospiro di sollievo dallo stesso pennarello: «Tiziano ce l’hai fatta, m’hai fatto tribolà zio».

Oscenità e graffiti, così come gli insopportabili messaggi di ragazzi innamorati, fioriscono su abitazioni e monumenti da molti anni, ma gli interni degli ospedali finora sembravano immuni, fino a quando un padre deve aver pensato che potesse importare a qualcuno che «Oggi alle ore 12 è nata ARIANNA».

A un altro genitore è venuto in mente che era una cosa carina, e se c’era spazio per Arianna vuoi non ce ne fosse per la sua? E così «E’ nata Martina 2,900 kg». Da allora un fiume d’inchiostro in piena: «E’ nato Matteo», «E’ nata Sara», «E’ nata Gaia». La grafica, da essenziale che era, si è raffinata, ispirandosi a quella degli striscioni delle curve dell’Olimpico, che a loro volta copiano quella del Ventennio, prestandosi a piccoli componimenti come questo: «Benvenuto Cristian, m’hai fatto patì ma più bello de così nun potevi scì». Alla fine l’ignoto parente non ha resistito e si è lasciato andare a un post scriptum: «Fra quarche anno te porto in curva Sud con me!». La preoccupazione di un padre si può capire, il fatto è che anche il resto del parentado non vedeva l’ora di lasciare la sua traccia: «Amore de zia stiamo in ansia per te, sbrigati ti vogliamo tra noi. Zia Ombretta». E quando finalmente il bambino viene alla luce, l’apprensione si scioglie in un bel pennarello rosso: «Asia, finalmente sei arrivata, amore di mamma e papà». L’incolpevole Nikole, scritto così, con la k, da sola occupa mezza parete. Ginevra invece suscita moti d’impazienza che ovviamente finiscono sul muro: «Qnt (abbreviazione di quanto, ndr) te ce vò!!!». Ci fosse un nome normale: Ruben, Daniel, Melania, Ginevra, Gaia, Jason, Melissa, Ariel, come un detersivo, o come il protagonista di un programma trash del pomeriggio.

La direzione dell’ospedale ci ha provato a mettere qualche cartello in cui, un po’ timidamente, invita a non imbrattare pareti che appartengono a tutti. Risultato: la gente scrive e disegna come le pare, mentre accanto ai teneri ricordini affiorano slogan calcistici e qualche organo sessuale maschile, che non manca mai fin dai tempi delle scuole elementari. Sono ancora rari, ma dategli tempo e vedrete. Per il momento trionfano ancora i «Bello de zio je l’hai fatta. Bacione zio Bobby».

C’è chi ha lasciato la cronologia della giornata, aggiornandola di mezz’ora in mezz’ora, dall’ecografia delle 18,30 a uno sconsolato «ancora niente» delle 22,30, con appuntamento al giorno dopo, quando «sono le 19,30 e ancora aspettiamo». Forse un giorno a qualche padre verrà in mente di portarsi dietro una bomboletta spray.