Jacopo Iacoboni, la Stampa 27/12/2012, 27 dicembre 2012
LA FIRMA DELLA PORTAVOCE SUL TWEET-SLOGAN
Dunque, lo slogan è «saliamo in politica!», saliamo scritto tra virgolette e con un sonante punto esclamativo.
La Stampa è in grado di rivelare con certezza chi ha scritto quel tweet: è stata, materialmente, Betty Olivi, la storica portavoce di Mario Monti. Ma importa anche il come, il quando, il perché; e cosa succederà da oggi in poi, nella comunicazione del presidente del Consiglio ufficialmente passato alla politica, e per di più social, sia pure nella forma del civil servant. «Insieme ...”Saliamo” in politica! #AgendaMonti»: dov’è interessante sottolineare che i tre puntini di sospensione, preceduti da uno spazio, sono sicuro indizio di una mente giovanile, anzi pure giovanilissima, come il punto esclamativo. Si potrà discutere sul risultato e sullo slogan, sul riferimento oppositivo alla «discesa in campo» di Berlusconi, o su come è costruita la frase, ma la strategia è chiara: il premier vuole puntare da oggi in poi su una certa freschezza di messaggio. Curioso tra l’altro che uno dei primi a rivendicare una paternità di quel «salire in politica» sia stato Roberto Saviano («in politica non si scende, si sale»). Ma è anche divertente che «salire in politica» è la metafora ironica del primo Cetto La Qualunque di Antonio Albanese.
Fino a oggi quando si pensava a Monti dal punto di vista della comunicazione veniva in mente abbastanza facilmente l’imitazione di Crozza. L’uso della lingua del presidente del Consiglio contiene in realtà moltissimi livelli di ironia tutt’altro che robotica, taglienti e spesso raffinati, vicini al carattere di una stilettata, di un colpo di fioretto. Solo che twitter funziona di solito in un modo diverso, più simile alla spada che al fioretto, ama appunto lo slogan - meglio se un gioco di parole riuscito, un calembour - predilige l’immediatezza all’interpretazione. Ecco che a Monti viene in soccorso un vero e proprio team, che lo ha infine convinto a «andare su twitter».
Già, perché è stata necessaria una piccola opera di persuasione. La squadra, capitanata appunto da Betty Olivi, è ristretta. Oltre a lei c’è Federico Toniato ma si occupa prevalentemente dei rapporti politici - c’è Silvia Colombo, che cura aspetti materiali dell’organizzazione (per esempio la Colombo è la follower numero uno dell’account montiano), c’è Gianluca Sgueo, il più giovane, quello più avvezzo ai new media, che si occupa del sito e dell’account di Palazzo Chigi. Questo piccolo gruppo di persone ha convinto Monti a esser presente sui social network, che lui all’inizio guardava con un po’ di diffidenza. In questi mesi al Professore non è sfuggito quanto si stia affermando lo strumento-twitter, specialmente in una élite, certo, ma destinata sempre più a condizionare la politica negli anni a venire. Monti ha poi notato il successo del sito e dell’account di Palazzo Chigi. Così, poco prima di Natale, il 23, ha accettato l’accelerazione internettiana. Di qui il manifesto in word (nelle proprietà figurava ancora come autore Pietro Ichino). E poi i tre tweet in fila. Poiché circola anche un account falso, nelle prossime ore il team montiano procederà a rendere verificato l’account @senatoreMonti, e a fare un backlink, un collegamento che entra su un sito istituzionale (come ha fatto Fabrizio Barca), timbro di autenticità.
Attenzione, Monti non userà mai twitter nei modi personali di un Matteo Renzi; ma non si deve neanche pensare a una comunicazione fredda. E qui entrano in gioco testi come il «saliamo in politica!», la loro impoliticità persino ostentata, e un dettaglio che valuteremo nei prossimi giorni: al momento il Professore ha 38350 follower ma non segue nessuno. Nulla di più lontano dallo spirito twitter, ma non andrà avanti così: aspettatevi che già da oggi il Professore cominci a seguire qualcuno; sarà curioso vedere chi.