Luca Ricolfi, la Stampa 27/12/2012, 27 dicembre 2012
IL PROFESSORE E LE DUE ANIME DEL CENTRO
Ci vorranno ancora alcuni giorni prima di conoscere le scelte del presidente del Consiglio. Nella conferenza stampa di fine anno, infatti, di fronte alle domande dei giornalisti sulle sue intenzioni politiche, Mario Monti ha risposto in perfetto stile democristiano, una performance da far morire d’invidia il buon De Mita. Nessuno ha capito se resterà neutrale (scenario A), se farà una lista Monti più o meno strettamente collegata con liste affini (scenario B), o se guiderà un listone unico che assorbe tutte le formazioni di centro (scenario C).
A prima vista i tre scenari non differiscono troppo tra loro, se non altro perché in tutti e tre il presidente del Consiglio si terrebbe prudentemente a distanza dai due schieramenti della conservazione, la destra guidata da Berlusconi e la sinistra guidata da Bersani. Ma questa affinità fra i vari scenari non deve trarre in inganno, perché le conseguenze elettorali prevedibili nei tre casi sono molto diverse.
Nello scenario A, con Monti che resta davvero neutrale e non autorizza nessuna lista a usare il suo marchio, le chances elettorali dei centristi à la CasiniFini-Rutelli sono modestissime.
Alla Camera sarebbero irrilevanti perché il premio di maggioranza renderà automaticamente autosufficiente la coalizione vincente, presumibilmente il centro-sinistra di Bersani e Vendola. Al Senato sarebbero irrilevanti perché la soglia minima è l’8%, un’asticella troppo alta per una scialuppa che, verosimilmente, sarà stipata di vecchie glorie della seconda Repubblica.
Personalmente ritengo molto improbabile lo scenario A: chi twitta segnala innanzitutto di voler stare sulla scena, e il presidente Monti – a quanto pare – twitta. Difficile immaginarlo neutrale e defilato.
Vediamo dunque gli altri due scenari, con Monti in campo. Se Monti ci mette la faccia e si fa capire dalla gente, allora le possibilità del centro aumentano drasticamente. Diciamo che, anziché prendere il 7-8%, le liste di centro potrebbero prendere il doppio, se non di più. Ma quanto di più?
Qui le cose si fanno interessanti. Perché i meccanismi che entreranno in azione sono almeno tre.
Primo meccanismo: il prestigio personale di Monti. Monti è un magnete che può attirare pezzi della società civile, assorbire movimenti in formazione, scongelare elettori tentati dal non voto. Da solo, vale almeno 6-7 punti. E siamo già al 15%.
Secondo meccanismo: il voto strategico. Se ne parla poco, ma secondo me è importantissimo. Se il presidente del Consiglio sarà in campo, lo scontro fra Bersani e Berlusconi passerà in secondo piano, e sarà sostituito dalla competizione fra Bersani e Monti. L’elettore di destra, spaventato dalla prospettiva di un governo Bersani-Vendola, sarà tentato di dare il suo voto a Monti, percepito come l’unico vero possibile argine allo strapotere del centro-sinistra nel futuro Parlamento. E simmetricamente l’elettore di sinistra, spaventato dall’eventualità di un governo Bersani-Monti, ci penserà due volte prima di sprecare il suo voto con una formazione di estrema-sinistra, che finirebbe per sottrarre voti a Bersani e aiutare i suoi avversari di centro-destra. Difficile dire quanto l’elettorato italiano sia ancora attratto dal «voto del cuore» (scelgo il partito che mi piace di più), e quanto sia invece già approdato al voto «strategico» (scelgo calcolando le conseguenze politiche del mio voto). Resta il fatto che il voto strategico gioca a favore di Monti.
C’è un terzo meccanismo, infine. Un meccanismo che i politici sottovalutano quasi sempre, e contro il quale vanno inesorabilmente a cozzare. Un meccanismo complesso e sottile, ma che rende radicalmente diversi lo scenario B (diverse liste montiane) e lo scenario C (un unico listone Monti).
Per capire il meccanismo occorre però partire da una premessa. Mentre il ceto politico vede il centro come una realtà sostanzialmente omogenea, in quanto luogo che sta a metà strada fra la destra e la sinistra, l’elettore di centro vede il centro stesso come una realtà bifronte. C’è il centro inteso soprattutto come luogo della moderazione, della prudenza, del gradualismo, del senso delle istituzioni. E c’è il centro inteso soprattutto come luogo del cambiamento, delle riforme radicali, della rottura degli equilibri del passato. Questi due centri sono entrambi rispettabili, ma sono difficili da tenere insieme, perché diffidano l’uno dell’altro. E fanno bene, perché su quasi tutte le cose che contano hanno priorità diverse e difficilmente conciliabili.
Ecco perché lo scenario B e lo scenario C possono sembrare simili ma non lo sono affatto. Nello scenario B (più liste montiane) ogni centro mantiene la sua identità e i voti tendono a sommarsi. Nello scenario C (lista unica a guida Monti) moderati e radicali si fondono e i voti tendono a elidersi: il tutto è di meno della somma delle parti. E’ già successo con socialisti e comunisti, con ex democristiani ed ex comunisti, con socialisti e socialdemocratici, e persino con liberali e repubblicani, nonostante i due partiti fossero diventati due gocce d’acqua. Non c’è ragione di pensare che non succederebbe di nuovo se Monti decidesse di tenere sotto il medesimo tetto anime tanto diverse: la vecchia politica dei moderati Casini e Fini, le scalpitanti truppe della società civile desiderose di cambiamenti radicali.
Che cosa farà Monti?
Non lo sa nessuno, forse nemmeno lui. La mia impressione è che, alla fine, Monti scarterà lo scenario B, quello delle molte liste, e finirà per optare per lo scenario C, quello della lista unica dei centristi. In questo caso dovrà essere molto bravo, perché avrà tre avversari: la sinistra egemonizzata dalla Cgil, la destra ipnotizzata da Berlusconi, la diffidenza reciproca fra le due anime del centro.