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 2012  dicembre 27 Giovedì calendario

ENTE MPS, DILUIZIONE PIÙ LONTANA


Gli interessi sui Monti bond? «Meglio pagarli con altri Monti bond». Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Mps, non raccoglie l’indicazione della Banca centrale europea che prima di Natale in un’analisi sul sostegno pubblico italiano a Banca Monte dei Paschi (3,9 miliardi sotto forma di obbligazioni ibride con un tasso del 9%) ha messo nero su bianco di ritenere migliore l’ipotesi di un pagamento degli interessi in azioni dello stesso gruppo senese, anziché aumentare il debito emettendo altri Monti bond. La legge lo consente, limitatamente agli esercizi 2012 e 2013, ma il timore della Bce è che l’esposizione della banca di Rocca Salimbeni cresca ancora di quasi 600 milioni.
«Non abbiamo affrontato l’argomento in Fondazione, ma personalmente penso che sia opportuno aspettare a diluirsi nell’azionariato della banca - puntualizza -. C’è la possibilità di pagare con altre obbligazioni e in questa fase conviene farlo, puntando in prospettiva a un rafforzamento del valore di Borsa della banca, grazie all’attuazione del piano industriale che il management di Rocca Salimbeni sta realizzando con il nostro pieno appoggio, e grazie anche a un miglioramento auspicabile dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi che, come ha detto Fabrizio Viola, amministratore delegato del Monte, se tornasse sotto i 200 punti, trasformerebbe quella di Rocca Salimbeni in una delle banche più patrimonializzate del nostro sistema».
La Fondazione di Siena, che controlla il 34,9% di Montepaschi, è consapevole di dover scendere ancora nell’azionariato, per chiudere la propria esposizione debitoria (350 milioni) e diversificare il portafoglio, ma non vorrebbe farlo con il titolo Montepaschi intorno a 20 centesimi. Mancini guarda al futuro con una certa dose di ottimismo, nonostante tutto. Prima del 25 gennaio, quando si terrà l’assemblea straordinaria di Banca Mps per dare la delega al consiglio d’amministrazione a varare entro cinque anni due aumenti di capitale puramente teorici, uno da 4,5 e uno da 2 miliardi, importi che coprono interamente il debito che Siena contrae con i Monti bond e gli interessi dal 2014 in avanti, la Fondazione si riunirà per decidere come votare. Ma difficilmente potranno esserci sorprese.
Il percorso è stretto e già tracciato. Ma la banca presieduta da Alessandro Profumo chiude l’anno con due risultati importanti: l’ok al rafforzamento patrimoniale attraverso gli strumenti finanziari sottoscritti dallo Stato e l’accordo sul piano industriale e l’esternalizzazione delle attività di back office, a cui ha aderito la maggioranza delle sigle sindacali. Se il primo punto servirà a mettersi in regola con le richieste dell’Autorità bancaria europea (Core Tier 1 al 9%), il secondo è un passo decisivo nell’attuazione di quel piano industriale a cui Profumo e Viola si sono affidati per tirare fuori dai guai la terza banca del Paese. L’obiettivo è ritrovare redditività operativa, con il traguardo fissato al 7% del patrimonio netto nel 2015.
Il taglio dei costi, con la riduzione del personale di 4.600 unità e la chiusura di 400 agenzie, è il risultato irrinunciabile più volte indicato dai vertici del gruppo e condiviso dall’azionista di maggioranza relativa: «Il piano industriale va realizzato e l’intesa sindacale raggiunta è un passo in avanti importante», commenta Mancini. Sulla scorta di questo accordo, nella prima metà del 2013 saranno esternalizzate le attività di back office con 1.110 dipendenti, operazione che darà vita a un nuovo polo nazionale nel settore con base in Toscana. Altre mille persone saranno accompagnate alla pensione. Mentre 700 lavoratori usciranno dal gruppo per effetto della cessione del 60% di Biverbanca alla Cassa di Risparmio di Asti (per una cifra di circa 200 milioni), vendita annunciata nei mesi scorsi, il cui closing è previsto domani. Neppure il tempo di finire l’ultimo panforte e Siena torna a occuparsi del futuro di Rocca Salimbeni.