Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 27 Giovedì calendario

COSÌ REAGIRÀ L’ECONOMIA USA SENZA ACCORDO IL 1° GENNAIO


La prima a soffrire sarebbe Wall Street. A ruota, l’onda d’urto investirebbe i due milioni e passa di americani che vivono dei sussidi di disoccupazione e che li perderebbero, insieme ai lavoratori dipendenti che vedrebbero aumentare di due punti percentuali le imposte sui redditi. L’eventuale fallimento del negoziato per evitare il fiscal cliff - un baratro da quasi 600 miliardi di dollari tra aumenti delle tasse e tagli della spesa - investirebbe per gradi l’economia statunitense, fino a portarla in recessione verso la metà del 2013 e fino a spingere la disoccupazione al 9,1% (dal 7,7%) entro la fine dell’anno prossimo, secondo le stime del Congressional budget office.
Ma la prima ad avvertire la scossa sarebbe senz’altro la Borsa. Wall Street è ancora convinta che Democratrici e Repubblicani raggiungeranno un accordo. «I mercati - spiega Julia Coronado, di Bnp Paribas, al New York Times - sono stati incredibilmente compiacenti, ma se non ci sarà un’intesa per il 1° gennaio, la reazione sarà durissima».
Altri effetti, invece, impiegherebbero un po’ di tempo per farsi sentire con tutta la loro forza, come i tagli automatici su una serie di programmi di spesa pubblica, compresi quelli per la difesa. E il Congresso avrebbe ancora settimane, se non mesi, per intervenire. La stessa scomparsa dal 1° gennaio degli sgravi fiscali dell’era Bush potrebbe avere conseguenze ridotte, se il Parlamento riuscisse a trovare un accordo per confermarli (magari, escludendo i contribuenti più ricchi) nelle prime settimane del 2013. Tuttavia, più tempo passerà, più salirà la tensione (e la speculazione) sui mercati. «Questo - spiega Michelle Meyer, di Bank of America Merrill Lynch - innescherà forti vendite a Wall Street e i politici saranno costretti a raggiungere un compromesso in fretta».
Insieme alla tensione sui mercati salirebbe anche l’incertezza dei consumatori, che sarebbero spinti ad aumentare i risparmi e rinunciare o ritardare alcune spese. Questo avrebbe impatto sulla ripresa in atto. Con il calo registrato a novembre, il tasso di disoccupazione è ai minimi da quattro anni e il mercato immobiliare prosegue il recupero in molte aree del Paese. A ottobre, i prezzi medi delle case, misurato dall’indice S&P/Case-Shiller, sono aumentati del 4,3% su base annua, mettendo a segno l’incremento più forte da marzo del 2010. Anche l’attività industriale dà segni di ripresa.
Ma la spesa per consumi ha già cominciato a perdere colpi. Le vendite al dettaglio tra il 28 ottobre e il 24 dicembre sono salite solo dello 0,7%, secondo una società di ricerche di mercato. L’anno scorso, erano cresciute del 2 per cento. Il rallentamento è stato dovuto anche agli effetti dell’uragano Sandy. La fiducia dei consumatori è scesa da 82,7 punti di novembre a 72,9 a dicembre, toccando il minimo da cinque mesi.
«Siamo tutti fermi, aspettando di capire cosa ci succederà, cosa combineranno queste teste di legno al Congresso», dice al Wall Street Journal il direttore finanziario di un’azienda di trasporto-merci di Seattle. L’azienda per cui lavora è una di quelle che dovranno fare i conti con l’inasprimento delle tasse a gennaio, se il negoziato dovesse fallire.
Un compromesso di portata ridotta, come quello indicato dal presidente Barack Obama, con la conferma degli sgravi Bush per tutti tranne per il 2% della popolazione (i super ricchi) e con il mantenimento dei sussidi di disoccupazione per i senza lavoro di lungo periodo, lascerebbe comunque l’economia esposta ai tagli alla spesa e a un aumento indiretto delle imposte sul 2012, attraverso il meccanismo della Alternative minimum tax, che colpirebbe 30 milioni di famiglie. Abbastanza, secondo il Wall Street Journal, per mandare in stagnazione il Paese già nella prima parte del 2013. Senza dimenticare che già a marzo la Casa Bianca dovrà comunque fare i conti con il tetto al debito, che dovrà essere alzato dagli attuali 16.400 miliardi di dollari. Se questa partita non rientrerà nell’accordo sul fiscal cliff, l’Amministrazione dovrà riaprire il dossier nel giro di qualche settimana, con i mercati già stressati. L’ultimo scontro sul tetto al debito, nell’estate del 2011, impantanò la ripresa e fece crollare la fiducia dei consumatori.
G.D.D.