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 2012  dicembre 24 Lunedì calendario

I BOND GRECI INVESTIMENTI DELL’ANNO

[Chi avesse avuto il coraggio di acquistare obbligazioni elleniche a gennaio avrebbe guadagnato l’80% contro il 6,6% dei bund tedeschi e il 6,4 di quelli spagnoli. Anche con oro e argento non c’è confronto] –
Chiaro. Del senno di poi ne sono piene le fosse. Purtroppo l’orologio degli investimenti guarda solo avanti, ma se potesse girarsi all’indietro vedrebbe che i bond greci sarebbero stati un buon partito da sposare e che alla fine nonostante il tormentone dello spread (da molti non compreso fino in fondo) il Btp decennale si è piazzato tra i migliori investimenti del 2012.
Secondo dati Bloomberg, chi avesse avuto il coraggio di acquistare i bond greci nel mese di gennaio avrebbe guadagnato dodici volte in più rispetto a chi ha deciso di rifugiarsi tra le braccia dei bund tedeschi. Secondo le tabelle confermate da Bank of America - Merrill Lynch la plusvalenza per chi ha acquistato i titoli di stato ellenici è stata del 79%, contro il 6,6% dei bund e il 6,4% dei titoli spagnoli. E dire che per alcuni mesi sembrava che i bonos fossero sul punto di collassare. Più o meno la sorte mediatica che è toccata per un certo periodo ai nostri titoli di debito decennali e non solo.
A DUE MESI
Invece nei primi due mesi del 2012 il prezzo delle obbligazioni di Stato italiane è aumentato di oltre il 10%. Chi avesse investito a gennaio 10 mila euro sui Btp a 10 anni dopo 8 settimane si sarebbe ritrovato in tasca 11.060 euro, con una plusvalenza teorica di 1.060 euro. Un apprezzamento superiore pure a quello realizzato nello stesso lasso di tempo dall’oro, il cui prezzo era salito del 10,3 per cento (mentre sull’intero anno ha totalizzato poco meno del 6%). Nel primo bimestre del 2012, l’unico, tra i principali asset class globali, in grado di superare un risultato analogo è stato l’argento (+21,3%), commodity storicamente soggetta a fortissima volatilità. La carta italiana è insomma riuscita a fare meglio non solo di tutti i più scambiati titoli governativi mondiali, ma anche dei più rappresentativi indici azionari, dall’Msci Emerging Equities (+9,1%) all’Msci dei Paesi sviluppati (+5,7%). I motivi sono numerosi. Dall’immissione di liquidità a basso costo per evitare il credit crunch fino alla possibilità di intervento della Bce a sostegno dei bond dell’eurozona. Draghi, numero uno della Bce, ha frenato la speculazione lanciando l’opzione di acquisto illimitato di bond. Un acquisto che però è rimasto solo sulla carta, visto che per essere operativo necessita la richiesta di aiuti da parte di un Paese. E la Spagna non ha fatto richiesta di bailout. Insomma, per questi motivi il panorama che era stato paventato dai guru non si è palesato all’orizzonte. Lo scorso 11 dicembre nell’ultimo giorno di adesione al piano di buyback greco si è accentuata persino la fiducia su Atene. Sul mercato secondario il rendimento del bond decennale ellenico è sceso fino a un minimo al 13,2%. Il livello più basso da aprile 2011. A inizio febbraio il decennale greco aveva superato la soglia del 37%. Non si può, dunque, immaginare che le speculazioni e gli affari non siano tutti, negli ultimi 12 mesi, girati attorno all’Europa.
GOLDMAN SACHS
È chiaro che, utilizzando le parola di Goldman Sachs, «la crisi dell’euro è stato il driver delle condizioni finanziarie degli Stati Uniti a partire dalla metà del 2011». Motivo in più per prendere per le pinze certi allarmi. Non si tratta di banalizzare ma molte volte quando da più lati si sente dire compra, significa che è l’ora di vendere. Un esempio su tutti. Da quando l’oro è stato lasciato libero di fluttuare nei mercati, nel 1971, ha subito un incredibile saliscendi. Il record di oltre 1900 dollari è stato raggiunto nell’agosto 2011, mentre il minimo di 252,90 nel 1999. Il prezzo dell’oro è anche alla base dei futures con cui si specula sul suo ipotizzato valore futuro. Durante la presidenza Bush il prezzo di una oncia è passato da 200 dollari a 540 dollari. Per via però della sua stabilità commerciale sul lungo termine è diventato nei momenti di crisi valutaria l’àncora cui attaccarsi. Ma anche qui la storia insegna che i guru possono toppare. A fine estate del 2011, la gran parte degli analisti faceva a gara per consigliare la corsa all’oro. «Attenzione», dicevano: «se l’euro crolla, almeno i lingotti galleggeranno nel mare della tragedia Europea». Guarda caso da quel momento a oggi l’oro si è svalutato del 20% circa. Dunque a settembre ottobre 2011 era il momento di vendere. Insomma, per concludere, se credete nel bazooka di Draghi vale la pena investire una percentuale del proprio portafoglio nel sud dell’Europa e, in generale, andare un po’ controcorrente. Altrimenti se si arriva tardi, si rischia di fare la fine dei polli: spennati.